“Dialogo” come via per risolvere “ogni sfida del presente e del futuro”, necessario “in un mondo spesso infiammato da retorica e ideologie”. È il messaggio-chiave che il Patriarca ecumenico sta portando in tutte le sedi, istituzionali e religiosi, negli Stati Uniti. È cominciato il 23 ottobre e si concluderà il 3 novembre il viaggio di Bartolomeo negli States. Una fitta agenda fin dal suo arrivo di incontri e ricevimenti in suo onore. Ricevuto nello studio ovale della Casa Bianca dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Bartolomeo tocca questioni vitali come la pace nel mondo, la libertà religiosa, la speranza di una maggiore giustizia ambientale in vista della Conferenza Onu sul clima, l’accesso universale ai vaccini anti Covid-19. Affronta anche la delicatissima questione del seminario di Halki, la scuola di teologia del Patriarcato ecumenico, “forzatamente chiuso cinquant’anni fa”, nel 1971, per decisione delle autorità turche, esprimendo a Biden “la speranza per una sua riapertura”. “I nostri sforzi per promuovere l’unità dei cristiani, la comprensione e la cooperazione interreligiose hanno un solo principio: il dialogo”, ha detto alla stampa uscendo dalla Casa Bianca.
“Consideriamo il dialogo come il mezzo più efficace per affrontare qualsiasi sfida del presente o del futuro”.
Biden viene definito dal Patriarca “un uomo di fede e lungimirante, sappiamo – aggiunge – che offrirà a questo meraviglioso Paese e al mondo la migliore guida e direzione”. Subito dopo, nella James Monroe Conference Room del Dipartimento di Stato, il Patriarca ecumenico e il suo staff incontrano il segretario di Stato Antony Blinken. Tra i temi trattati nel corso della conversazione, Bartolomeo “ha espresso particolare preoccupazione per la difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente e Nord Africa, esprimendo la sua speranza per la stabilità e la libertà religiosa nella regione”. Il Patriarca è stato accolto anche dall’ambasciatore di Turchia negli Stati Uniti, Hasan Murat Mercan. Dell’incontro però riferisce solo il sito di informazione ortodossa “Orthodoxtimes”. Il Patriarcato ecumenico – guida spirituale della Chiesa ortodossa d’Oriente che nel suo insieme conta nel mondo 90 milioni di fedeli – ha la sua sede storica al Fanar di Istanbul. Vive pertanto all’interno della Repubblica di Turchia condividendo con quel Paese “una storia di grande complessità e profondità” che “presenta costantemente nuove opportunità e sfide”. Con l’ambasciatore Bartolomeo parla di nuovo di “dialogo e rispetto” definendoli “le fondamenta di ogni vero lavoro diplomatico”, “oggi più che mai necessarie, in un mondo spesso infiammato da retorica e ideologie che portano agli estremismi”. L’augurio è che la Turchia “possa essere, non solo una società inclusiva, ma un ponte tra Oriente e Occidente, svolgendo un ruolo tanto necessario nel mondo di oggi”.
“Oggi il movimento ecumenico è a un bivio”, ha detto rivolgendosi ai membri del Consiglio Nazionale delle Chiese. “Se non mettiamo al centro del nostro impegno il tema dell’unità e della comunione, perderemo l’autenticità delle nostre relazioni e l’obiettivo comune che ci unisce. Abbiamo teologi eccellenti e molto talentuosi che lavorano su vari aspetti della nostra dottrina”. Ma il dialogo oggi “ha bisogno di simboli, azioni e incontri che incarnino il nostro desiderio di unità”. Proprio a questo proposito, Bartolomeo indica come esempio l’appello per la protezione dell’ambiente lanciato “per la prima volta nella storia del cristianesimo” insieme a Papa Francesco e all’arcivescovo di Canterbury.
Il Patriarca insiste e spinge sull’acceleratore: “Abbiamo bisogno di aprire i nostri cuori al linguaggio del dialogo. Questa è la condizione ultima per il ripristino dell’unità tra i cristiani”. E se il XX secolo è stato il momento che ha segnato la ripresa delle relazioni tra le Chiese, “il XXI secolo deve diventare il secolo della restaurazione dell’unità”.
“Il cammino verso l’unità dei cristiani non è stato né pacifico né indolore. L’unità è un compito che resta difficile da realizzare. Ma i vincoli di amicizia tra le Chiese divise e i ponti attraverso i quali possiamo superare le nostre divisioni sono indispensabili, ora più che mai”.