Fedeli di Roma sui sentieri del cammino di Santiago di Compostela: “Così vogliamo alimentare la spiritualità”

Giovani e adulti hanno percorso gli ultimi sei chilometri, dal Monte della Gioia alla porta santa, nella cattedrale, in cui è custodita la tomba dell'apostolo Giacomo. L'iniziativa nell'ambito del pellegrinaggio della diocesi

Foto Sir

(da Santiago di Compostela) Dal Monte do Gozo, il Monte della Gioia, alla cattedrale di Santiago di Compostela. Solo sei chilometri, il tratto finale del cammino, sulle orme dell’apostolo Giacomo, ma un tratto ricco di sensazioni e di emozioni per i pellegrini della diocesi di Roma. Un tratto dove ciascuna storia personale ha incrociato una tradizione e una spiritualità. La meta, desiderata da loro, come da coloro che si avviano sui quei sentieri, è la porta santa della basilica, segnata dalla conchiglia, ultimo simbolo per coloro che giungono a destinazione.
Giovani e adulti, le differenze d’età non contano tra i pellegrini, tutti accomunati dal desiderio di riaccendere la loro spiritualità. Tanta l’emozione per loro e anche per le persone che hanno chiesto di portare ai piedi della tomba di san Giacomo pensieri e preghiere, come conferma Eloisa, poco più di trent’anni e una grande vivacità. Per un’altra pellegrina, Rita, “il desiderio di camminare verso Gesù e di sperimentare la vita del pellegrino è il motore che l’ha mossa sui sentieri di Santiago”. “Era da tanto tempo che desideravo percorrerli, ne avevo sentito parlare. Mi sono sentita chiamata a questo incontro e con gioia l’ho accolta”. C’è poi chi già compie un percorso di altruismo che qui può trovare “un perfezionamento”: è il caso di Maria Cristina, che ha dato vita a una fondazione, nel solco dell’impegno del marito oncologo, scomparso prematuramente, a sostegno della ricerca e dell’assistenza medica. “Attraverso questo viaggio ho voluto cercare la radice del mio cammino continuo. Il mio cammino personale è impostato sul dare aiuti agli altri perché farlo significa raggiungere la felicità. Qui posso trovare un perfezionamento, perché si trova sempre difficoltà nell’incontro. E crescendo nella fede e nell’amore degli altri si spera di poter fare ancora meglio”.

Antonietta, psicoterapeuta, racconta “la gioia di aver trovato la capacità di concentrarmi su una ricerca di senso che in questo momento è il mio interesse principale”. “Una ricerca di senso della vita, della spiritualità e del mio essere cristiano. Il pellegrinaggio si inserisce in questa ricerca. Questa esperienza l’ho voluta fare per capire quanto riuscissi a integrarmi con cose semplici, profonde ed essenziali. Ho fatto questo cammino in silenzio con me stessa. Mi sono passati per la mente mille pensieri: quello che sentivo era una calma profonda, un senso di calma”.
Il cammino di Patrizia nasce da un desiderio condiviso con il marito. “Volevo percorrerlo con lui. Non c’è stata la possibilità di farlo assieme – dice -. Lui è morto alla fine dello scorso anno. Ma su questi sentieri era con me. Era importante che io venissi e sono felice di questo cammino. A guidare il gruppo, mons. Dario Gervasi, vescovo ausiliare di Roma:

“La nostra gioia è riscoprirsi pellegrini nella vita. Questo piccolo percorso ci ha ricordato che siamo sempre in cammino verso una meta che non perderemo mai se riusciamo a seguire il Signore. E questo ci fa lasciare alle spalle quelle che sono le fatiche della vita”.

Per lui si tratta del primo pellegrinaggio alla guida di un gruppo da vescovo. “Sentire questo dono che ho ricevuto mi fa capire ancora di più che cosa significa essere legati a Cristo. Da parroco portavo con me la mia parrocchia e le persone che chiedevano preghiere. Oggi ancora di più sento da vescovo il respiro della diocesi, tante persone unite nel nome di Cristo che sento vicine a me”.

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