Lettera a chi non può più correre

Giochi olimpici di Tokyo. Chiediamo a don Gionatan De Marco a chi vorrebbe scrivere oggi la sua lettera. Oggi ho deciso di scrivere a tutti quegli uomini e quelle donne a cui guerra, violenza, discriminazione, abuso ancora oggi negano il diritto a far correre la vita. Cosa vuoi scrivere?

(Foto ANSA/SIR)

“Carissimo amico, carissima amica,
per me oggi tu non hai un nome da evocare, ma rappresenti la miriade di persone a cui è stata negata la possibilità di correre quando, come in quel lontano 6 agosto fissato nella memoria di tutti, la follia della guerra, delle armi e della violenza spegne vite e, con esse, i sogni! Follia pura che si arroga il diritto di bruciare via in un solo colpo migliaia di nomi e di volti! E le Olimpiadi di Tokyo attraversano oggi questo triste anniversario, emblema di tutti gli anniversari che ricordano una morte violenta! Ecco, perché oggi voglio scrivere a te, che in quei giorni hai visto interrompere la tua corsa. Non hai un nome, ma li racchiudi tutti! E non rappresenti solo le corse tagliate di un popolo, ma rappresenti tutti quegli uomini e quelle donne a cui guerra, violenza, discriminazione, abuso ancora oggi negano il diritto a far correre la vita!

Oggi, come ieri, occorre ascoltare il grido di coloro a cui viene negato il diritto di correre! Occorre disarmare le menti e far conoscere i veri motivi che sostengono ogni tipo di guerra e di violenza: l’egoismo e l’insaziabilità di profitto e di potere. Occorre disarmare ogni forma di indifferenza, perché la vita di tutti ci deve interessare che stia scritta nel campionato della storia. Occorre chiamare per nome ogni cosa che taglia le corse vitali degli uomini e delle donne di ogni tempo! È questione di fair play!

Oggi, come ieri, occorre prendere posizione in favore di coloro a cui viene negato il diritto di correre! Noi, cornisti contemporanei, dovremmo dar voce a quelle storie cariche di significato perché parlano di riscatto, di sacrificio, di folle ostinazione per il bene. Occorre, oggi più che mai, ridare slancio alle corse rallentate degli oppressi, che non sono solo i popoli di quello che noi chiamiamo sud del mondo, ma sono forse i nostri vicini di casa o compagni di gioco che vedono sempre rimandato il loro turno nella maratona della felicità. È questione di fair play!
Oggi, come ieri, occorre lottare perché venga ridato il diritto di correre a quanti questo diritto è stato negato! Occorre organizzare avamposti in cui, anche attraverso lo sport, vengano riattivate le possibilità per tutti a far parte della classifica dei benedetti! Occorre organizzare avamposti in cui, soprattutto attraverso lo sport, dare a tutti la possibilità di mettere in movimento i talenti, come forma alta di riscatto e inclusione sociale. E non è solo questione di fair play! È questione di scommessa sul futuro! Un futuro che chiede a tutti, nella corsa della vita, di dare il massimo e, soprattutto, di dare il meglio!”.

(*) direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport – cappellano della squadra italiana

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