“Domenica 4 luglio, mentre ascoltavo il discorso dell’appena eletta presidente della Costituente, una donna indigena mapuche, mi sono emozionata, e mi sono sentita orgogliosa per il Cile e per questa opportunità di includere in questo processo tutte le popolazioni che vivono nel Paese”. Patricia Araya è una giovane avvocata, fa parte del direttivo dell’ong Fima, impegnata in campagne in difesa dell’ambiente. E dà voce a un sentimento comune, alle speranze che nel Paese sudamericano sta suscitando l’avvio dell’Assemblea Costituente, lo strumento scelto, dopo le proteste di piazza scoppiate alla fine del 2019, per voltare pagina in modo concorde e scrivere una nuova Carta, al posto di quella che risale ancora ai tempi del generale Augusto Pinochet.
Una nuova stagione che ha un timbro decisamente “femminile”, a partire dalla composizione paritaria a livello di genere dell’Assemblea, dove prevalgono gli indipendenti dai partiti, oltre che esponenti dell’attuale opposizione di sinistra. E un’attenzione particolare alla tutela del creato e delle minoranze etniche. Insomma, un Cile contemporaneamente “rosa”, “verde” e “multicolore”.
Un’attivista indigena a capo della Costituente. Lo si è visto, appunto, domenica 5 luglio, quando l’insegnante e docente universitaria Elisa Loncón, storica attivista della popolazione nativa, è stata eletta presidente della Costituente, e subito dopo ha salutato sventolando la bandiera del popolo mapuche. “Questo sogno è un sogno dei nostri antenati. Questo sogno diventa realtà. È possibile rifondare il Cile, stabilire una nuova relazione”, ha detto, promettendo una “una direzione collettiva a rotazione” durante i lavori della Costituente e manifestando il suo impegno per un Cile “plurinazionale e interculturale”, attento alle donne, ai minori e alle minoranze. È possibile “stabilire un nuovo rapporto tra tutte le nazioni che compongono questo Paese”, ha concluso, preannunciando che la nuova Carta tutelerà “la madre terra e l’acqua”, oggi considerata bene privato.
Come detto, grande fermento e speranza emergono dalla società civile, dal mondo ambientalista, ma anche dagli organismi ecclesiali, come emerge anche dalle persone che il Sir ha intervistato.
Dagli organismi ecclesiali e interreligiosi contributo alla partecipazione. Afferma Rosario Letelier, incaricata delle attività istituzionali di Caritas Cile: “Fin dal plebiscito sulla scelta di promuovere la Costituente – spiega – abbiamo cercato di promuovere la partecipazione dei cittadini, anche attraverso assemblee per forza di cose virtuali. Abbiamo, poi, collaborato con altri organismi ecclesiali, come la Commissione Giustizia e Pace, la Commissione per il Lavoro, la Pastorale rurale. In generale, la Chiesa sta cercando di mettere a disposizione l’apporto della Dottrina sociale. Contiamo sull’apertura di un ampio dibattito nel Paese, già c’è dialogo con i costituenti cattolici”. Una stagione di partecipazione, “per dare voce ai vulnerabili, invertire il modello ‘neo-liberale puro’, che ha mostrato tutti i suoi limiti, pensare a un altro modello di sviluppo”. Centrale, perciò, il dibattito sull’ambiente, “come è noto – prosegue Letelier – il Cile è l’unico Paese in cui l’acqua è un bene privato, da dieci anni vaste zone del Paese vivono in continua siccità, molte comunità vedono l’acqua solo quando arriva con i camion. Ma ci sono anche altri temi connessi a questo, per esempio le miniere imperniate su un modello economico ‘estrattivista’. Significativo il fatto che la Costituente cilena sia la prima al mondo a essere composta con un criterio di parità di genere, l’apporto femminile sarà molto importante”. A dire il vero, la parità nella composizione, stabilita a priori, ha finito paradossalmente per favorire la componente maschile, complessivamente meno votata. Anche questo, un caso unico al mondo. E del resto, fa notare Patricia Araya, “le donne sono la maggioranza anche nelle organizzazioni civiche e ambientaliste”.
Non è solo la Chiesa cattolica a impegnarsi in questo dibattito e processo partecipativo. Sono circa 50 organizzazioni che fanno riferimento all’Alleanza interreligiosa e spirituale per il clima, presieduta dalla teologa riformata Arianne van Andel. “La nostra realtà si era costituita nell’imminenza della Cop25, la Conferenza mondiale sul clima che avrebbe dovuto svolgersi a Santiago, prima di essere spostata per le proteste del 2019. Ma abbiamo continuato a lavorare insieme, e in rete con altri movimenti ambientalisti della società civile. Nell’ambito di questa azione, è nato per esempio il documento che chiede una Costituzione ecologica, firmato insieme a numerose realtà della società civile. “La dimensione spirituale e le religioni – aggiunge la teologa – possono offrire uno sguardo globale rispetto alla questione ambientale, e un contributo per una società più comunitaria ed ecologica”.
La questione dell’acqua. Venendo al lavoro della Costituente, van Andel è ottimista: “Siamo una sorpresa per tutto il mondo, dopo oltre 40 anni c’è la premessa per una svolta, soprattutto a livello ambientale. Il Cile è un Paese che vive di risorse naturali, e condivido l’opinione di molti. Quello dell’acqua è il tema più urgente e importante”. Ed è questo anche il parere della già citata Patricia Araya: “L’idea che dalla Costituente possa arrivare un completo cambiamento di modello economico mi pare eccessiva, ma credo che quella dell’acqua sia una questione fondamentale. Essa ci fa vedere che il diritto di proprietà non è qualcosa di assoluto, ma è limitato dalla funzione sociale e dalla funzione ecologica”. L’attivista ambientale è convinta che il protagonismo in Costituente dei popoli indigeni, presenti con alcuni seggi riservati, sia un altro fronte fondamentale: “Si tratta di sanare un debito che lo Stato cileno ha, da lungo tempo, nei loro confronti. Mi auguro che si aprano spazi di autonomia, ma nella convivenza. Tra l’altro le due questioni, quella ecologica e quella indigena, sono strettamente legate tra loro”. In Araya l’entusiasmo si mescola a una preoccupazione: “Temo la reazione di chi ha potere, sull’acqua, sulle miniere, me spero che l’Assemblea sia capace di aprire la strada a un nuovo Cile”.
Sfida soprattutto antropologica. Una sfida certamente ardua, che dipende anche da una prospettiva di fondo, secondo il pensiero dell’arcivescovo di Concepción, mons. Fernando Chomali, che in un articolo scritto nei giorni scorsi – e fatto pervenire al Sir dallo stesso presule – auspica che i Costituenti si interroghino sulla visione di “umano” e sulla centralità della persona. “La Costituente – scrive mons. Chomali – sarà lo specchio dell’antropologia che viene assunta”. E tale fondamento avrà ripercussioni sulla convivenza, a partire dall’attenzione ai più deboli e scartati.
*giornalista de “La difesa del popolo”