Jason fino all’8 giugno 2020 lavorava in un riveditore di ricambi e di auto usate in Texas, dove non era previsto l’obbligo di indossare la mascherina per prevenire la diffusione del Covid-19. La sua salute precaria, accompagnata ad asma, allergie e bronchiti croniche lo rendeva un soggetto a rischio e per questo ha diminuito le ore di lavoro, ma insieme alla riduzione dell’orario, Jason ha visto ridursi la possibilità di pagare le bollette e l’affitto e ha cominciato a falciare l’erba dei vicini, vendere quello che aveva in garage e infine, vincendo l’orgoglio paterno, ha dovuto chiedere alla figlia, che lavorava come cameriera, di contribuire alle spese di casa. Jason non vuole rivelare il suo cognome perché sente di “essere un uomo inutile e incapace di provvedere alla sua famiglia”. La legge nazionale che impedisce gli sfratti fino a fine giugno lo ha salvato dalla strada, ma ora i giorni sono contati.
Jason, assieme ad altri 38,1 milioni di americani è entrato nel novero dei poveri e da lavoratore rischia di trasformarsi in senza tetto. Darnell frequenta invece la quarta elementare e vive in un rifugio per senza tetto nel Queens a New York. Sono le 6.30 del mattino e lo scuolabus è già passato. Questo significa 90 minuti di strada a piedi prima di raggiungere la scuola. Darnell appartiene alla statistica degli 11,6 milioni di bambini poveri, in uno dei Paesi più ricchi del mondo.
Negli Stati Uniti un minore su sei vive in povertà e se vive in un nucleo familiare di 4 persone che guadagna meno di 25.701 dollari, la sua famiglia è considerata sotto la soglia di povertà.
Un salario minimo inferiore a 10 dollari l’ora non consente alle famiglie americane di pagare l’affitto che aumenta ogni anno mentre i salari sono fermi; le spese mediche e i farmaci, la scuola. “Se poi si vive lontani dai trasporti pubblici e si è disabili, la povertà è la condizione normale di milioni di persone”, spiega il rapporto sulla povertà della Commissione sullo sviluppo umano della Conferenza episcopale Usa.
Di queste storie Michael D. Tubbs, sindaco di Stockton in California, ne aveva ascoltate a centinaia ed è per questo che aveva deciso, nel febbraio 2019, che i concittadini più in difficoltà meritavano un reddito minimo garantito, una sorta di reddito di cittadinanza. “La ricchezza e la disparità di reddito sono state una piaga ancor prima della pandemia, perché le persone che avevano due o tre lavori non potevano ancora permettersi beni di prima necessità. Il Covid-19 ha solo ulteriormente messo in luce la fragilità economica della maggior parte delle famiglie americane, specialmente quelle di colore”, spiega il sindaco. Tubbs ha pensato allora di lanciare Seed (Seme), un programma che ha garantito a 125 residenti della sua città, al di sotto del reddito medio, di ricevere un salario garantito di 500 dollari per 24 mesi.
L’esperimento è stato finanziato con donazioni private, inclusa una sovvenzione da un milione di dollari dall’Economic Security Project, un’iniziativa che mira a “far funzionare l’economia per tutti gli americani”. I risultati preliminari dei primi dodici mesi sono stati positivi e hanno dimostrato che il reddito garantito ha consentito l’accesso al lavoro a tempo pieno, ha migliorato la salute mentale e ha consentito una gestione migliore del tempo e delle decisioni finanziarie.
I risultati preliminari rilevati tracciando le spese della carta di credito dove era stato depositato il reddito hanno mostrato che il 37% del reddito è stato speso per il cibo, il 22% per la casa e per i vestiti e il 10% per le riparazioni della macchina. Meno dell’1% è stato usato per alcol e sigarette. I destinatari hanno potuto affrontare spese impreviste e assistere persone della loro famiglia estesa, ma anche trascorrere più tempo con i propri figli.
Infine, il programma ha comportato anche un aumento dell’occupazione a tempo pieno. Il 28% dei destinatari aveva un lavoro a tempo pieno all’inizio del progetto, ma dopo un anno la percentuale era salita al 40% perché il reddito garantito aveva concesso tempo da dedicare alla formazione e candidarsi a posizioni lavorative migliori. Come nel caso di un trentenne che ha preso la licenza di agente immobiliare facendo un salto di qualità occupazionale.
Dall’esperienza di Tubbs, che ora non amministra più Stockton, è nata una rete di sindaci, chiamata proprio “Sindaci per il reddito minimo”. Sono in 52 e rappresentano oltre 20 milioni di abitanti. Tra loro il sindaco di San Francisco, quello di Minneapolis, di Milwaukee, Los Angeles, Denver, San Diego ma anche di centri più piccoli.
L’esperimento della città californiana che verrà valutato integralmente nel 2022 ha dimostrato che provvedere ad un reddito minimo non significa scoraggiare al ricerca del lavoro, ma è altrettanto vero che non può essere considerato “un approccio unico per la stabilità della famiglia, ma piuttosto come un’opzione politica da attuare insieme ad altre per sostenere i fallimenti del mercato”, servirebbe infatti considerare l’offerta di alloggi a prezzi accessibili e l’aumento del salario minimo ad almeno 15 dollari l’ora. A proposito di abitazioni, Denver ha deciso di garantire un reddito minimo a persone senzatetto e studiare quale effetto può avere in termini di miglioramento delle condizioni di vita. “Vogliamo essere la prima città negli Stati Uniti a fare questo esperimento”, ha dichiarato il sindaco, anche lui nella coalizione per sconfiggere la povertà dei suoi concittadini.