“Gerusalemme, con l’annoso problema degli sfratti a Sheik Jarrah, gli scontri sulla spianata delle Moschee proprio nel tempo di Ramadan e, come effetto domino, il lancio di razzi da Gaza verso Israele e la risposta dell’esercito israeliano”: è questa, dichiara al Sir Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, la miscela esplosiva che sta infiammando da giorni Israele, Gaza e la Cisgiordania.
Il bilancio delle vittime si aggiorna al suono delle sirene di allarme e del sibilo dei razzi e delle bombe. Nella Striscia di Gaza si contano almeno 82 morti e 500 feriti, 115 dei quali sono bambini e adolescenti. Le autorità israeliane parlando di 6 morti. Quelle che ormai non si contano più sono le aggressioni, i linciaggi, le violenze – molte delle quali diffuse via social – con protagonisti arabi e israeliani, abitanti anche di centri urbani che fino a pochi giorni fa erano luoghi di convivenza.
Una violenza cieca e mai vista. “Una violenza cieca e mai vista prima che sta coinvolgendo tante città con comunità miste come Tel Aviv, Jaffa, Lod, Ramle, Haifa” dichiara al Sir il patriarca che aggiunge:
“siamo sull’orlo della guerra civile”.
“Non ci siamo chiaramente ancora arrivati e speriamo di non arrivarci”. E non si tratta nemmeno di “una terza Intifada perché rispetto a quelle passate, oggi abbiamo a che fare con generazioni che vivono prospettive totalmente diverse e in contesti socio-politici profondamente mutati visti gli sviluppi politici in Israele e nei Territori palestinesi, a Gaza con Hamas. Contesti mutati anche se collegati tra loro”. Per Pizzaballa, 30 anni di vita trascorsi in Terra Santa,
“ciò che stiamo osservando oggi è il risultato di anni di politica di disprezzo e anche di abbandono”.
Per esempio, “uno dei temi caldi all’interno della comunità araba in Israele, è quello della sicurezza contro la criminalità. Un tema in qualche modo trascurato da parte delle istituzioni israeliane preposte. Adesso sta venendo fuori la politica di disprezzo portata avanti dalle formazioni estremiste di destra. Il disprezzo è sempre l’anticamera della violenza”.
Paura tra i cristiani. In questo clima di violenza diffusa a farne le spese sono anche le comunità cristiane: “ci sono stati dei casi di aggressione ad alcune famiglie, non per motivi religiosi ma perché arabe – rivela Pizzaballa -. Ho sentito un po’ tutte le nostre realtà. Mi hanno chiamato dalle parrocchie per chiedere di fare qualcosa, di promuovere incontri con ebrei e musulmani, in modo da calmare la situazione. Nella gente c’è tanta sorpresa e grande preoccupazione per una violenza che è esplosa in maniera molto veloce ed inaspettata, evidente segno di una stanchezza che covava da tempo.
Ciò che si percepisce è una inadeguatezza da parte di tanti israeliani e palestinesi che non riescono a fronteggiare questa situazione: da un lato, sono desiderosi di continuare a vivere insieme nel rispetto reciproco e, dall’altro, si sentono tirati – lacerati – da forze estremiste che un tempo latenti oggi sono emerse con drammatica virulenza”.
Ricucire gli strappi ripartendo dalle scuole. “Ricucire questi strappi non sarà facile – ammette il patriarca – per ricostruire la fiducia ci vorrà molto tempo e soprattutto e richiederà un’azione comune”. Anzitutto da parte della politica:
“non si potrà più permettere che una politica, anche di alto livello, usi il linguaggio del disprezzo e dell’antagonismo come accaduto molte volte da parte di alcuni elementi che siedono anche in Parlamento”.
“È importante, alla stessa maniera, che le comunità e i leader religiosi lavorino in questa direzione. Ricostruire la fiducia è un lavoro lungo e non dobbiamo farci troppe illusioni sperando in risultati veloci. Si tratta di un lavoro che parte da lontano, dalle scuole, in primis, insegnando la convivenza, il rispetto, la tolleranza e il diritto”. Che è quello che si fa da decenni nelle scuole del Patriarcato e della Custodia. “Sono frutti che noi non vedremo – conclude Pizzaballa – ma che vedranno le prossime generazioni. Ma solo se avremo lavorato bene”.