Anche se non si è trattato di numeri inaspettati, i dati, diffusi qualche settimana fa, del Censimento 2020, effettuato in Messico, hanno comunque avuto l’effetto di una doccia fredda per i cattolici di quel Paese. A livello percentuale, infatti, in dieci anni i cattolici hanno perso 5 punti, rispetto al 2010, passando dall’82,7% al 77,7%. A trarne beneficio non solo (e non tanto) i neo-evangelici e pentecostali (passati dal 7,5 all’11,2%), ma anche (e soprattutto) coloro che dichiarano di essere “senza religione” (dal 4,7% all’8,1%).
In termini assoluti i cattolici sono 97 milioni e 864.218, con un aumento di circa 14 milioni, dovuto al forte incremento della popolazione. “Ma la tendenza alla diminuzione in termini percentuali della popolazione cattolica – spiega al Sir da Città del Messico padre Mario Ángel Flores Ramos, rettore dell’Università Pontificia del Messico (Upm), dal 2011 al 2019 componente della Commissione teologica internazionale – non è una novità, avviene fin dagli anni Settanta, ma in questo caso la tendenza si è rafforzata”.
Tra i giovani crescono i “senza religione”. Sia chiaro: il Messico continua a essere, tra i “grandi Paesi cattolici” (è al secondo posto dopo il Brasile in termini assoluti) uno di quelli che hanno la più alta percentuale di battezzati. E anche quello in cui l’avanzata dei neo-evangelici e pentecostali è più contenuta. Ma l’erosione è evidente, anche perché i numeri sono solo la punta d’iceberg di fenomeni di lunga durata, che chiedono di essere letti con profondità e affrontati con decisione.
“Essere scesi sotto l’80% è allarmante per un Paese che fino a quarant’anni fa era circa al 95% di battezzati”, prosegue il rettore.
Il professor Rodolfo Soriano-Núñez, sociologo della religione e autore del libro “En el nombre de Dios. Religión y democracia en México”, fa notare: “L’adesione alla religione si abbassa assieme all’età. La generazione di papa Francesco è cattolica al 90%, tra i nati negli anni ’80 i senza religione sono l’8,47%, fra i trentenni l’adesione al cattolicesimo è del 75%, i senza religione salgono al 12%. Negli Stati del Sud è più forte l’attrattiva delle Chiese neopentecostali, a nord prevale il processo di secolarizzazione.A mio avviso, nell’allontanamento dalla Chiesa cattolica pesano anche gli scandali sessuali.Lo si è visto in modo molto marcato in Cile. Ricordo che, prima dell’esplosione della pandemia era atteso in Messico mons. Scicluna, il grande esperto di questa materia. Poi il suo viaggio è stato rinviato”. Anche il Messico ha attraversato scandali importanti, pensiamo solo a quello dei Legionari di Cristo, tuttavia, afferma padre Flores, “ritengo che qui in Messico la questione sia stata complessivamente affrontata, e penso che in ogni caso l’influsso non sia tanto sui dati del censimento, quanto sugli uomini di cultura”.
Un problema culturale e pastorale. In ogni caso, anche se con approcci distinti, i nostri due interlocutori convengono sul fatto che i dati del censimento devono interpellare a fondo la Chiesa messicana, e portare a decise conversioni pastorali. Del resto, fu lo stesso papa Francesco, in visita in Messico proprio 5 anni fa, a chiedere “un serio e qualificato progetto pastorale”; in seguito, effettivamente L’Episcopato messicano ha messo a punto un piano a lunga gittata, traguardato al 2031, quando si celebreranno i 500 anni dell’apparizione di Guadalupe. E, dopo il suo arrivo a Città del Messico, il cardinale Carlos Aguiar Retes ha promosso in due anni consecutivi due missioni metropolitane, l’ultima delle quali svoltasi qualche mese fa, seppure con modalità particolari a causa della pandemia.
Secondo il rettore dell’Università Pontificia del Messico,
“serve un nuovo approccio sia a livello di pastorale che di cultura.
Si tratta delle due dimensioni più urgenti. Da un lato, l’aumento dei neo-evangelici, molto attenti al rapporto personale con le persone e alla vita comunitaria, ci chiede di cambiare stile pastorale, come ci mostra papa Francesco. L’aumento di chi non è legato ad alcuna religione ci fa riflettere sull’avanzata della secolarizzazione, soprattutto nei grossi centri. Ma questo fenomeno interpella fortemente la Chiesa messicana, alla quale manca una presenza negli spazi pubblici e anche, mediamente, una qualità culturale. Ecco perché dico che la sfida non è solo pastorale, ma anche, appunto, culturale. Ci viene chiesta una fede più testimoniale e di qualità. Veniamo da una tradizione culturale e politica nella quale, pur permanendo la fede, la Chiesa è stata cancellata dagli spazi pubblici e sociali. L’Università Pontificia, per esempio, una delle più antiche d’America, ha potuto riaprire solamente nel 1992. Resta il fatto che la qualità culturale e intellettuale è mediamente un problema sia per i laici che per i sacerdoti, che oltre a tutto sono pochi”.
Approccio “di superficie”. Resta il fatto che, in ogni caso, resiste una “specificità messicana”: quella cioè che neo-evangelici e pentecostali non “sfondano” come accade in America Centrale (dove in alcuni casi c’è stato il “sorpasso” sui cattolici) o in Brasile.
Secondo Soriano-Núñez anche questo aspetto, però, chiama in causa, paradossalmente, la qualità del cattolicesimo messicano. E spiega: “Perlopiù si tratta di un approccio abitudinario, di superficie, senza chiarezza su cosa significa dirsi cattolico. E il censimento, molto spesso, viene compilato dalla donna di casa, che barra un’unica risposta per tutti. In tal modo, l’adesione al cattolicesimo resta ancora molto alta, ma si tratta di una prospettiva non completamente vera”.
La conferma, secondo il sociologo, arriva da altri indicatori: “La frequenza alla Messa, secondo l’ultima indagine nazionale del 2013, era del 30%. La partecipazione ai sacramenti è ridotta, c’è un tipo di presenza non attivo o partecipativo”. E per il futuro, “va tenuto un nuovo equilibrio tra la dimensione pastorale, per molto tempo assai trascurata, e quella profetica”.
*giornalista de “La vita del popolo”