(da New York) Joe Biden e Vladimir Putin non condividono una storia di amicizia. E questo è risaputo. Da vicepresidente, durante un viaggio in Russia nel 2011, Biden osò dire a Putin di non vedere un’anima in lui e l’altro di rimando rispose: “Ci capiamo”. L’intervista trasmessa dal canale Abc, lo scorso 17 marzo, è un’ulteriore conferma. Alla domanda del giornalista, George Stephanopoulos: “Conosci Vladimir Putin. Credi che sia un killer?”, il presidente americano ha risposto senza troppa incertezza: “Lo credo”. Incalzato poi sul prezzo da pagare per le azioni di spionaggio a scapito degli Usa, Biden ha risposto: “Il prezzo che pagherà lo vedremo a breve”.
Sorpresi da un linguaggio che finora ben poco abbiamo conosciuto sulla bocca di Biden, mentre il suo predecessore ci aveva abituato a toni ben più forti e diretti, abbiamo tralasciato la parte seguente dell’intervista, dove il presidente americano dichiara che “ci sono luoghi in cui è nel nostro reciproco interesse lavorare insieme” e cita il rinnovo del trattato sullo stop alle armi nucleari.
Biden e Putin si conoscono, non si piacciono, ma sanno che dovranno collaborare “nell’interesse dell’umanità” e non più solo di Stati Uniti e Russia, anche se ciascuno dei due è alle prese con spinte nazionaliste, ereditate nel primo caso e costruite nel secondo. Il formale richiamo dell’ambasciatore russo negli Usa a Mosca, in reazione all’intervista, non accadeva da decenni ed era un atto dovuto, come lo è l’irritata reazione di Putin, i suoi ironici commenti sulla salute di Biden e l’affondo che solo un killer riconosce un altro killer.
Si tornerà ad una guerra fredda?
Gli analisti americani lo reputano estremamente improbabile ma certamente i rapporti tra i due Paesi si annunciano tesi e contraddittori e l’ex ambasciatore americano a Mosca, Michael McFaul, è più propenso a parlare di “pace bollente”.
Biden, a poche settimane dall’insediamento, ha riservato a Putin una delle sue prime telefonate per estendere di altri cinque anni l’accordo New Start e limitare, così, le dimensioni degli arsenali nucleari strategici dei due Paesi. Durante la chiamata il presidente americano ha parlato dell’avvelenamento degli attivisti dell’opposizione e dei diritti umani; ha affrontato l’attacco informatico alle reti del governo Usa e di alcune compagnie private e non ha taciuto sulle interferenze elettorali, ribadendo che la Russia avrebbe pagato un prezzo. Non ci sono novità nelle taglienti espressioni anti-russe di Biden, ma ora si è ampliata la platea degli ascoltatori. Con gli americani interessati a vedere nel loro presidente un paladino dei valori liberali e con Putin che continua a mostrarsi il leader del mondo conservatore, cristiano e antioccidentale.
La retorica da ambo le parti non faciliterà le relazioni. Mosca resta ancora un temibile avversario, anche perché ha investito in campi dove Washington non può vantare un’avanguardia come la cybersecurity, l’ammodernamento dell’arsenale nucleare e relazioni di buon vicinato con la Cina, al punto da condividerne il programma spaziale.
La Casa Bianca ha annunciato che passerà ai fatti con sanzioni pesanti già nelle prossime settimane, tuttavia la reale portata delle relazioni tra i due Paesi è stata ben esplicitata dal portavoce Jen Psaki che ai giornalisti, in conferenza stampa, ha ribadito: “Il presidente Biden e il presidente Putin hanno certamente prospettive diverse sui rispettivi Paesi e su come affrontare il loro impegno nel mondo, ma dove sono d’accordo è che dovremmo cercare modi per lavorare insieme”. Michael Kimmage, professore di storia all’Università Cattolica di Washington, ha scritto su Twitter: “In questa fase, l’amministrazione Biden ha fatto un buon lavoro nel distinguersi dalla politica verso la Russia dell’amministrazione Trump e questa casella può essere spuntata”, aggiungendo che “ora è il momento giusto per allineare le dichiarazioni ad una comune visione positiva verso la quale dovrebbe andare questa relazione”.