“È stata una meraviglia quello che abbiamo vissuto oggi a Ur. L’immagine di Papa Francesco circondato da tutti i colori della diversità irachena rimarrà per sempre nella storia di questo Paese. Per me, che da anni lavoro nel dialogo interreligioso, è un sogno che si avvera: vedere il papa e i leader delle diverse religioni, fratelli e sorelle, nella terra di Abramo, incontrarsi e pregare insieme per essere strumenti di riconciliazione e di pace”. Da Ur, padre Amir Jaje, domenicano iracheno, consultore per il dialogo con l’islam nel Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, commenta così le tappe appena concluse del pellegrinaggio di Papa Francesco in terra irachena, che lo hanno portato oggi nella città sacra di Najaf dove ha incontrato il Grande Ayatollah Al-Sistami e nella piana di Ur per l’incontro interreligioso.
Che clima si respirava a Ur tra i leader religiosi?
Tanti mi hanno espresso la loro gioia e molti mi hanno anche confidato di essere rimasti toccati dalla personalità di Papa Francesco. Un uomo – mi hanno detto – che fa trasparire una profonda pace interiore dal suo volto. Alcuni mi hanno anche detto di essere rimasti colpiti dal coraggio del Papa che nonostante l’età, le difficoltà, le minacce e gli ostacoli che ci sono stati in questo viaggio, ha voluto venire a tutti i costi ad incontrare il popolo iracheno.
Prima di Ur, il Papa è andato a Najaf per incontrare il Grande Ayatollah Al-Sistami. Come è stato vissuto questo incontro in Iraq?
Questo incontro rappresenta un punto di forza per il dialogo ed uno slancio per tutti coloro che lavorano e soprattutto credono nel dialogo. Più volte il Papa ha detto che il vivere insieme è l’unico cammino che ci conduce alla vita. Non esistono alternative. Anche il Grande Ayatollah ha sempre incoraggiato i musulmani sciiti a progredire su questo cammino, chiedendo al clero musulmano di contribuire alla stabilità di questo paese, di allontanarsi dalla tentazione di esprimere nei discorsi pubblici sentimenti di odio e violenza, esortandoli ad essere sempre strumenti di pace e riconciliazione. Papa Francesco ha fortemente desiderato questo incontro e questa visita perché da tempo si è incamminato sullo stesso cammino di San Francesco di Assisi. Come 800 anni fa, oggi Papa Francesco – dopo aver teso la mano al mondo sunnita di al-Azhar due anni fa – si è fatto pellegrino nel mondo sciita completando così il suo abbraccio alle due anime dell’islam.
Il papa ha utilizzato in questi giorni parole molto forti contro l’utilizzo della religione per giustificare odio e violenza. Come sono state recepite?
Queste parole sono molto, molto importanti perché il problema oggi dell’Iraq è proprio la strumentalizzazione della religione per scopi che nulla hanno di religioso. Oggi l’islam, e la religione in generale, sono presi in ostaggio da fondamentalisti che utilizzano il discorso religioso per sostenere i loro piani di potere. Papa Francesco si è dimostrato davvero coraggioso perché ha saputo dare voce a parole chiare e ferme di condanna, davanti alle autorità civili, della corruzione, e di monito, davanti ai leader religiosi, di ogni forma di strumentalizzazione.
Come sarà l’Iraq dopo questo viaggio del Papa?
Noi iracheni ci aspettiamo molto da questa visita. I cristiani soprattutto. La visita del Papa ha fatto conoscere meglio al popolo iracheno chi sono i loro fratelli e sorelle cristiani. Siamo una piccola minoranza, povera e poco conosciuta. Oggi il Papa ha illuminato questa presenza in Iraq. Ma anche gli iracheni si aspettano molto dalla sua visita: sperano che la presenza del Papa possa contribuire a migliorare la loro situazione incoraggiando, da una parte i responsabili politici e dall’altra i leader religiosi, a contribuire e servire, ciascuno secondo le proprie competenze, il bene comune, mettendosi a servizio dell’uomo e della vita.