(Tokyo) – L’avvio delle vaccinazioni sembra ormai prossimo anche in Giappone ma permangono incertezze sia sul programma di fornitura sia sul piano di somministrazione. Il 2 febbraio, nel corso della conferenza stampa che annunciava la proroga di un mese, fino al 7 marzo, dello stato di emergenza per 10 delle 11 prefetture in cui era già in vigore, il primo ministro Suga comunicava anche l’anticipo dell’inizio delle vaccinazioni a metà anziché a fine febbraio.
Il ministro per le Riforme amministrative Taro Kono, nominato responsabile per il coordinamento delle vaccinazioni, definendo “una sfida inimmaginabile” l’inoculazione per 120 milioni di persone, ha elaborato una road map che dovrebbe quindi partire dal 15 febbraio con gli operatori sanitari, circa 3,7 milioni, per poi proseguire ad aprile con circa 36 milioni di anziani dai 65 anni in su e successivamente con le persone affette da malattie croniche, circa 8,2 milioni. A fine maggio o agli inizi di giugno infine toccherà al resto della popolazione di età superiore ai 16 anni.
Il condizionale è tuttavia d’obbligo: la proverbiale capacità organizzativa nipponica è messa stavolta a dura prova da molte variabili indipendenti che rendono il percorso programmato un vero e proprio percorso ad ostacoli, a cominciare da quelli rappresentati dagli approvvigionamenti e dalle autorizzazioni.
Riguardo al primo aspetto, il Giappone oltre ad aver aderito al Covax con17,2 miliardi di yen, circa 136 milioni di euro,per l’acquisto di vaccini per il proprio Paese e con circa 13,6 miliardi di Yen, più o meno 108 milioni di euro, per sostenere i Paesi in via di sviluppo, ha stipulato già dallo scorso anno anche accordi bilaterali per un totale di 314 milioni di dosi: 50 milioni da Moderna, 120 milioni da AstraZeneca, di cui 30 milioni entro marzo, e 144 milioni da Pfizer che però nel contratto finale ha posticipato “entro fine anno” la fornitura completa originariamente concordata per fine giugno.
Il programma di fornitura sembrava essere messo a rischio dalle restrizioni poste dall’Ue all’esportazione dei vaccini. Il ministro Kono aveva auspicato un coordinamento tra tutte le Nazioni per evitare l’insorgere del “nazionalismo dei vaccini” sottolineando la disponibilità del Giappone ad inviare, una volta conclusa la somministrazione interna, le dosi in eccesso a paesi terzi,
Per fronteggiare i rischi dell’approvvigionamento e dalla dipendenza dall’estero, il governo giapponese sta comunque cercando di sviluppare la produzione interna. A tal fine le giapponesi Takeda Pharmaceutical Company Ltd e Jcr Pharmaceuticals hanno rispettivamente formalizzato accordi con l’americana Novavax e la britannica AstraZeneca, mentre le startup giapponesi AnGes MG e Shionogi avvieranno la produzione di vaccini “domestici” attualmente in fase di sperimentazione clinica e in un’intervista del 10 febbraio, l’ambasciatore russo in Giappone Garuzin ha espresso l’ intenzione di promuovere una collaborazione con il Giappone per la produzione in loco di vaccini sovietici.
Altro nodo da sciogliere è quello delle autorizzazioni per le quali si registra un notevole ritardo.Hiroyuki Kunishima, docente universitario ed esperto in malattie infettive, lo attribuisce all’assenza di vaccini domestici dovuta a tre ragioni fondamentali: costante calo negli ultimi cinquant’anni di aziende farmaceutiche impegnate in tale produzione; graduale abbandono di investimenti nella ricerca e nello sviluppo in questo settore; storica diffidenza e cautela del Giappone nei confronti della sicurezza ed efficacia dei vaccini.
Quest’ultimo aspetto spiega anche la scelta del governo Suga di non accontentarsi, per la procedura di approvazione dei soli risultati di test effettuati su una popolazione non asiatica, ma di pretendere test aggiuntivi su campioni, se pur limitati, di quella nipponica, assumendosi il rischio del ritardo a favore di una maggiore tutela della salute dei cittadini.
“Stiamo facendo preparativi accurati in modo che tutti i cittadini possano essere vaccinati con tranquillità” la risposta del presidente Suga agli oppositori, assicurando che, per consentire ai Comuni il regolare svolgimento dei preparativi, “tutti i costi relativi saranno a totale carico del governo nazionale”.
Alcuni sondaggi della Kyodo news hanno rilevato che il 63% degli intervistati ha dichiarato di volersi vaccinare, mentre l’82% ha manifestato dubbi e preoccupazioni sulla possibilità che il piano di vaccinazione possa procedere come stabilito dal governo.I risultati del sondaggio interno è in linea con quelli Ipsos condotti per conto del World economic forum su 18 mila adulti di 15 Nazioni che con il 60% collocano il Giappone tra i paesi più scettici nei confronti del vaccino. La diffidenza tra i giapponesi è ancora forte ed è legata alla dolorosa esperienza dei gravi effetti collaterali sui bambini e ai decessi che, tra il 1989 e il 1993, seguirono in particolare alle vaccinazioni per morbillo, parotite e rosolia portando nel 1994 alla riforma della legge sulle vaccinazioni che abolì l’ “obbligo” sostituendolo con una “raccomandazione”.
La Chiesa giapponese non ha espresso una posizione propria in merito alla questione vaccini in assenza di dibattiti pubblici legati ad aspetti ideologici o etici, relegati dalla cultura giapponese nella sfera personale, ma i vescovi nipponici hanno ritenuto opportuno tradurre e pubblicare la “Nota della Congregazione per la dottrina della fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19” del dicembre 2020 per offrire ai fedeli un sostegno ed un orientamento per la scelta che li attende.
Nel suo messaggio del novembre 2020, in occasione del primo anniversario della visita del Papa in Giappone, monsignor Takami, presidente della Conferenza episcopale giapponese, riproponeva il tema della visita papale, “proteggere ogni vita”, come una delle linee guida in questo contesto pieno di incertezze. Il vescovo richiamava inoltre l’enciclica “Fratelli tutti” nella quale, sottolineava mons. Takami, il Papa “ammonisce i popoli del mondo, alla luce della diffusione globale del nuovo coronavirus, a riconoscersi reciprocamente come fratelli e sorelle e a costruire le relazioni quotidiane, sociali, politiche e istituzionali sulla fraternità, sul dialogo e sulla comunione”.
“Come cristiani – l’auspicio conclusivo del vescovo – promuoviamo la pace, la giustizia e la fratellanza nel mondo per proteggere ogni vita. Questa la terapia proposta per sconfiggere nazionalismi vaccinali e i molti virus che infettano le nostre società”.