Stanchezza. Rischio di “rilassamento” sulle misure. Paura della nuova ondata, magari con la circolazione della cosiddetta “variante brasiliana”, probabilmente una delle cause del collasso di Manaus e degli Stati amazzonici. Soprattutto, preoccupazione per la fine del sussidio statale, il cosiddetto “Corona-vaucher”, la cui mancanza rischia di mandare sul lastrico milioni di persone. “Sì, per il Brasile questo 2021, anche a prescindere da ulteriori ondate del contagio, rischia per certi aspetti rischia di essere peggiore del drammatico 2020”. A parlare, con il Sir, è dom Giancarlo Petrini, vescovo di Camaçari (Bahia), città satellite di Salvador, una delle maggiori metropoli del Brasile. Camaçari, circa 300mila abitanti, è soprattutto una città industriale e si avvertono particolarmente le conseguenze della pandemia a livello lavorativo ed economico. “Per esempio, allo stabilimento della Ford lavoravano 12mila persone. Da un giorno all’altro è stato chiuso, come del resto gli altri stabilimenti del Brasile, che pagano un gap tecnologico per quanto riguarda la costruzione di auto ibride”, racconta dom Petrini, marchigiano di Fermo, a Camaçari dal 2010, dopo essere stato vescovo ausiliare di Salvador di Bahia e, prima ancora, missionario fidei donum della diocesi di Fermo a San Paolo e a Salvador.
Siamo nel Nordest del Brasile, all’estremità meridionale del lungo serpentone urbano che costeggia l’Oceano Atlantico. Una zona di cui si è parlato poco, in questi mesi, rispetto al diffondersi della pandemia. Il contagio, del resto, pur significativo, non ha toccato i picchi di San Paolo e Rio de Janeiro, oppure quelli di Manaus e degli Stati dell’Amazonas e del Pará. L’unica eccezione, nel Nordest, è stata ed è tuttora Fortaleza, capitale del Ceará, parecchio più a nord di Salvador. Ma la guardia, naturalmente, non va abbassata, in un Paese che finora ha superato i 9 milioni di contagi, con oltre 220mila morti, secondo i dati ufficiali, e mentre in varie zone del vastissimo Stato è un atto una terribile nuova ondata, da Manaus e altre località amazzoniche a Porto Velho, mentre negli ultimi giorni la situazione è di nuovo peggiorata a San Paolo.
Come si vive, dunque, questa situazione?
Di fatto è un anno che viviamo in situazione di isolamento, anche se qui è stato interpretato un modo meno rigoroso rispetto all’Italia. La gente è comunque stanca, e capita che ci siano persone che fanno gruppo senza mascherine, nei bar o in spiaggia. Però, nello Stato di Bahia, sono state proibite le feste di fine anno, ed è stato annullato il Carnevale, che a Salvador porta con sé un grande indotto, è una vera e propria istituzione. Attualmente in tutto lo Stato di Bahia, che ha circa 15 milioni di abitanti, i decessi quotidiani sono una trentina, ma come dicevo, se ci si rilassa si rischia di pagare un prezzo tremendo. Poi la lunga chiusura ha effetti a livello psicologico, aumentano le depressioni, la convivenza quotidiana a volte è difficile.
I vaccini sono in arrivo?
Al ministero della Salute è stata fatta un po’ di confusione sulle cose da fare. E, come è noto, dalla presidenza della Repubblica arrivano dichiarazioni contraddittorie, dal mondo politico vengono a volte veicolate stupidaggini. Inizialmente era stata rifiutata una prima offerta per l’arrivo del vaccino Oxford-AstraZeneca, che poi invece ha iniziato ad arrivare, mentre lo Stato di San Paolo ha avviato con l’istituto Butantan la produzione del vaccino cinese Sinovac. Ora si è iniziato, ma a ritmi molto lenti, bisognerà aspettare a lungo.
E la situazione economica?
Non è per niente simpatica. È stato annunciato che il Corona-vaucher non è stato rinnovato, il Governo ha spiegato che si rischierebbe di mandare fuori controllo il bilancio dello Stato. Lo scorso anno questo contributo alle famiglie e alle persone ha alleviato la crisi economica e lavorativa, si è trattato di una scelta opportuna. Per questo dico che questo 2021 rischia di essere peggiore del 2020, anche se arrivasse il vaccino. Grandi aziende come la Ford hanno chiuso, i piccoli imprenditori non ce la fanno, molti lavoratori precari e informali sono rimasti senza occupazione.
L’azione della Chiesa, in questo contesto?
Per quanto riguarda le celebrazioni, in questo momento sono aperte a un gruppo di fedeli. Per esempio, nella nostra cattedrale ne entrano 150. Per gli altri, continuano le trasmissioni delle messe attraverso i social network, anche se questa modalità dopo tanti mesi inizia a stancare. Per quanto riguarda l’aiuto alla popolazione, attraverso le parrocchie e i gruppi diamo una mano, sono attive molte raccolte di alimenti, finora la distribuzione ha funzionato abbastanza.
Accennava a dichiarazioni contraddittorie e negazioniste che arrivano a volte anche dal mondo politico. Non c’è il rischio che si spacchino anche le comunità cristiane, su questa base?
A dire il vero questa attitudine negazionista la noto poco a livello di comunità cattoliche, al cui interno non vedo dialettica su questo punto. Nel popolo cattolico ci sono pochi negazionisti. E tutta la Chiesa è impegnata per il rispetto delle regole, c’è un atteggiamento molto collaborativo. Magari, si può dire diversamente di alcuni gruppi pentecostali, che tendono a muoversi a falange, dietro a parole d’ordine, anche nelle preferenze politiche.
*Giornalista de La vita del popolo