“Esortiamo le autorità israeliane a rispettare i loro obblighi legali e garantire che vaccini di qualità siano forniti ai palestinesi che vivono sotto il controllo e l’occupazione israeliana anche in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”. È l’appello lanciato poco prima di Natale da 10 organizzazioni umanitarie internazionali, israeliane e palestinesi, tra cui Amnesty International Israel, B’Tselem, Adalah (The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel) e Physicians for Human Rights Israel. Appello tornato attuale adesso che Israele, dopo aver avviato, il 23 dicembre scorso, la propria campagna di vaccinazione, risulta il Paese con la maggiore percentuale di popolazione vaccinata, circa il 20%. Obiettivo delle autorità israeliane è di vaccinare la maggior parte della popolazione entro il prossimo mese di marzo.
L’Olp: apartheid medico. In una nota diffusa l’11 gennaio, l’Olp, l’Organizzazione per la liberazione per la Palestina, denuncia “il silenzio che copre le responsabilità di Israele come potenza occupante nei confronti dei territori palestinesi occupati” parlando chiaramente di apartheid medico”. Israele, lamenta l’Olp, fornisce i vaccini ai “coloni che occupano illegalmente la terra palestinese” ma non ai palestinesi dei Territori occupati come prevede il diritto internazionale umanitario. A riguardo l’Olp cita “il Regolamento dell’Aia del 1907, articolo 43, la Quarta Convenzione di Ginevra, articoli 55 e 56”. Quest’ultimo sancisce che la Potenza occupante ha il dovere, tra le altre cose, “di assicurare forniture mediche necessarie, come medicinali, vaccini e sieri, quando le risorse del territorio occupato sono inadeguate”. Sempre l’articolo 56, richiamato dall’Olp, “specifica inoltre l’obbligo della Potenza occupante di cooperare con le autorità nazionali e locali in caso di diffusione di malattie contagiose e di adottare e applicare procedure di prevenzione necessarie per combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemie”. Dal canto suo Israele sostiene che l’Autorità Palestinese non ha chiesto nessun aiuto dopo aver bloccato lo scorso anno la collaborazione sulla sicurezza per mesi rifiutando di cooperare con Israele durante la fase di organizzazione della campagna di vaccinazione. Questo, tuttavia, non ha impedito a Israele di donare all’Autorità palestinese test per diagnosticare il Coronavirus e di promuovere corsi di formazione per medici e tecnici di laboratorio. Lo stesso ministro della Salute israeliano, Yuli Edelstein, ha ribadito in diverse occasioni la necessità di cooperare per evitare un’ondata di nuovi casi di Covid-19 nei territori palestinesi.
Quale vaccino per i palestinesi? Al 9 gennaio scorso, secondo l’Olp, “c’erano oltre 165.000 casi attivi nello Stato di Palestina, inclusa Gerusalemme Est. 1735 i palestinesi che hanno perso la vita”. L’Autorità palestinese, così come Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, sta cercando di assicurarsi i vaccini da diverse aziende farmaceutiche (AstraZeneca, Johnson and Johnson e Moderna), ma soprattutto da Covax, il progetto globale di assegnazione di vaccini contro il Covid-19 co-guidato dall’Oms e dalla Russia che ha sviluppato il vaccino Sputnik V.
Ma, avverte l’Olp, “questa ricerca non esenta Israele dalle sue responsabilità nei confronti dei palestinesi. Potrebbero volerci mesi prima che il Ministero della Salute palestinese avvii le procedure di immunizzazione. Israele, pertanto, deve garantire che i vaccini siano rapidamente distribuiti alla popolazione palestinese sotto occupazione senza discriminazione e rimuovere ogni blocco verso la Striscia di Gaza”.
Detenuti e rifugiati palestinesi. Nel suo documento l’Olp denuncia gravi criticità legate non solo ai palestinesi delle zone occupate ma anche a quelli detenuti nelle carceri israeliane, ai rifugiati, ai residenti di Gaza e di Gerusalemme Est. Attualmente, nelle carceri israeliane ci sono “4.400 palestinesi, tenuti in celle umide, sovraffollate, in condizioni di scarsa igiene, prive di aria fresca. Condizioni che – afferma l’Olp – rendono impossibile il rispetto dei protocolli di salute e sicurezza stabiliti dall’Oms per il Covid-19, quindi il distanziamento sociale, lavaggio delle mani e l’uso di maschere e attrezzature per sanificare gli ambienti”. Dallo scoppio della pandemia, “189 detenuti palestinesi sono risultati positivi e trattati con cure inadeguate, antidolorifici e isolamento”. Come Paese occupante, denuncia l’Olp,
“Israele, deve garantire la salute dei prigionieri palestinesi durante la pandemia
e garantire loro la vaccinazione da effettuarsi con personale medico qualificato, in un ambiente sicuro e sotto gli occhi di osservatori internazionali”. Analoga richiesta è avanzata per tutti i palestinesi dei campi profughi sovraffollati, la cui vita è messa alla prova anche dalla decisione degli Usa di tagliare i fondi all’Agenzia Onu per i rifugiati. “Tutti i rifugiati palestinesi di tutti i campi profughi devono ricevere i vaccini. Un obbligo della potenza occupante ma anche responsabilità della comunità internazionale”. Quest’ultima è chiamata, secondo l’Olp, a fare pressione su Israele perché “revochi il blocco su Gaza, il cui sistema sanitario di Gaza è compromesso. Gaza ha urgente bisogno, tra le varie cose, di personale medico formato, attrezzature sanitarie, medicine, elettricità e acqua pulita per combattere questa pandemia”. Critica, infine, la situazione a Gerusalemme Est, “isolata dal resto del territorio palestinese a causa della politica di insediamento portata avanti da Israele. Gli ospedali palestinesi della città soffrono la mancanza di aiuti e di strumenti mentre la popolazione palestinese della parte Est subisce demolizioni di case da parte di Israele – “145 quelle distrutte nel 2020 e 21 quelle in questi primi giorni del 2021”- con conseguente numero di sfollati. Questo accade, conclude l’Olp, mentre l’Oms “suggerisce di restare a casa come misura anti Covid”. Le difficoltà dell’Autorità palestinese a trovare vaccini in breve tempo potrebbero influire, a loro volta, sull’obiettivo israeliano di immunizzare la maggioranza della sua popolazione. Sono decine di migliaia, infatti, i palestinesi che lavorano in Israele e negli insediamenti. Senza vaccino questi potrebbero influire sulla immunità di gregge tenendo alta la percentuale di contagio nello Stato ebraico.