Centrafrica, violenza da far west: domenica urne aperte, ma si teme un colpo di Stato. Ribelli contro Touadéra

Le elezioni presidenziali e legislative sono indette per domenica 27 dicembre, ma il Paese è in preda a una vera e propria guerra interna. Braccio di ferro tra il presidente uscente Touadéra e l'ex Bozize. La missionaria suor Elvira Tutolo denuncia una situazione di violenza e intimidazioni. Dietro esercito e ribelli il conflitto per procura sostenuto da Francia e Russia. Forte preoccupazione dei vescovi

Ribelli armati in Centrafrica, tra loro diversi ragazzi in armi. Sotto, un'immagine della capitale Bangui, il presidente Faustin-Archange Touadéra, il card. Dieudonné Nzapalainga con Papa Francesco (foto ANSA/SIR)

A pochi giorni dal voto per il rinnovo della Camera e l’elezione del nuovo presidente (quello attualmente in carica è Faustin-Archange Touadéra), il Centrafrica vive forti tensioni, scontri armati in strada, attacchi ribelli nei villaggi attorno a Bangui. Lo scorso 19 dicembre le fazioni armate che sostengono la candidatura dell’ex presidente Francois Bozize, hanno occupato con la forza Bambari e altre località sempre più vicine alla capitale. Touadera teme un colpo di Stato nel caso le urne dovessero riconfermarlo alla presidenza.

Elezioni in pericolo. La data fissata per le presidenziali (e legislative) è il 27 dicembre, ma si prevede un’affluenza molto bassa. “Il 70% del territorio è gestito da bande armate che sparano e terrorizzano la gente: come si fa con questo clima ad andare a votare?”, si chiede suor Elvira Tutolo, missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, al telefono da Bangui. “Da diversi mesi viviamo una violenza da far west: i gruppi ribelli rubano macchine, ammazzano le persone, spaventano chi fa campagna elettorale, pur di impedire che le elezioni vadano in un certo modo e che Touadera sia rieletto”. L’insicurezza si ripercuote sugli abitanti della capitale, dove vige il coprifuoco, ma soprattutto su quelli dei piccoli villaggi limitrofi, molto più esposti all’arbitrio. A sparare non solo Seleka e Anti-balaka (le fazioni capofila della ribellione), ma una pletora di piccoli gruppi per un totale di 14 fazioni che rivendicano potere.

“Carriarmati dappertutto”. “In realtà non è una situazione nuova per noi – spiega suor Tutolo –; questi 14 i gruppi armati del Centrafrica non hanno mai deposto le armi dal 2015 ad oggi, ossia da quando si è conclusa la guerra civile. Negli accordi di Kartohum sono stati fatti a mio avviso degli errori: i ribelli avrebbero dovuto, in base al testo, accettare il disarmo e come contropartita partecipare alla formazione del nuovo governo. Ma in realtà non sono mai stati disarmati”. Il presidente in carica Touadéra per proteggere se stesso e il popolo in questi giorni ha chiesto l’intervento di forze armate alleate e la mediazione delle Nazioni Unite. Pertanto, come ci racconta la missionaria, “la città di Bangui è militarizzata. Ci sono carriarmati dappertutto, ci sono i Caschi blu dell’Onu e sono arrivati aerei carichi di armi dai militari ciadiani”. Ma questa sorta di guerra civile ancora non dichiarata, contiene un secondo elemento di allarme: sono i vescovi del Centrafrica a denunciare “una guerra per procura”, i cui protagonisti sono Francia e Russia. Il presidente in carica gode dell’appoggio e delle armi dei russi, mentre l’ex Bozize può contare sulla presenza francese.

L’appello dei vescovi. “Cari fratelli e sorelle, è in corso una ‘guerra per procura’ franco-russa in Centrafrica, già annunciata nel mese di ottobre 2020 dalla ong americana Sentry, che si occupa di crimini di guerra”, scrivono i vescovi. La lunga dichiarazione, che apre con una citazione di Papa Francesco, controfirmata dal cardinal Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, è molto dettagliata e individua precise responsabilità da parte della comunità internazionale. “Mosca ha installato 300 istruttori militari per aiutare il governo che denuncia un tentativo di Colpo di Stato”, si legge. “La città di Bambari a 380 km a nord-est della capitale Bangui è caduta nelle mani dell’Upc (l’Unité pour la paix en Centrafrique), uno dei numerosi gruppi armati che si dividono oltre i due terzi del Centrafrica”. Si fa dunque appello alla responsabilità di ognuno – governo, gruppi armati, Minusca (le Nazioni Unite), i giovani del Paese e le donne (“richiamate i vostri figli alla ragione”) – affinché contribuiscano a “contenere” la tensione. Infine una preghiera alla Vergine Maria perché “ci protegga e ci conduca su un sentiero di pace”.

(*) redazione di “Popoli e Missione”

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