Libano. Padre Abboud (Caritas): “Gesù nascerà anche in mezzo alle macerie che ci circondano”

Il Natale nel Libano in preda ad una grave crisi economico-finanziaria e ferito dalla esplosione del 4 agosto scorso. A raccontarlo al Sir è il presidente della Caritas del Paese dei Cedri. Tanta solidarietà e una lista di doni per il Libano da presentare al "Bambino che nasce tra le macerie libanesi": "Pace, stabilità, la tranquillità, la stabilità, l'accoglienza e la fine della sofferenza perché la gente non riesce più ad andare avanti"

Sarà un Natale particolare per il Libano che versa in una grave crisi politica, economica e finanziaria, toccato dalla pandemia e ferito dalla esplosione del 4 agosto scorso. Un Natale che il presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, non esita a paragonare a quello vissuto da Giuseppe e Maria a Betlemme più di 2000 anni fa. Un Natale in cui dominano “il silenzio, il freddo, il buio e tanta, troppa, sofferenza dalla quale nessuno può dirsi esente”. Il futuro nero che il Paese dei Cedri vede davanti a sé confligge con il messaggio di pace e di speranza insito nella nascita di Gesù.

Cresce la frustrazione sociale. La politica libanese è incapace di produrre un Governo stabile e le profonde riforme strutturali chieste dalla comunità internazionale per ottenere gli aiuti economici necessari per risollevarsi dal default finanziario sembrano un miraggio. Quattro mesi dopo l’esplosione del porto di Beirut, che ha causato oltre 200 morti, 6000 feriti e 300.000 sfollati, il Libano è ancora bloccato. Le manifestazioni popolari contro la corruzione, le frodi e la ‘malapolitica’ non hanno prodotto i risultati sperati. I libanesi adesso devono fare fronte ad una povertà mai vista nel Paese, così chi può prova ad emigrare. E tanti sono giovani. La maggioranza, invece, tira avanti come meglio può. L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha ulteriormente aggravato la situazione e sta mettendo a dura prova il sistema sanitario e scolastico. Pochi hanno accesso alle fornitura di acqua ed elettricità. Sale la frustrazione sociale nella popolazione che ha al suo interno una quota rilevante di rifugiati siriani e iracheni.

Caritas e parrocchie in campo. Nonostante la situazione, dichiara al Sir padre Michel, “non rinunceremo a celebrare degnamente il Natale. Tantissime famiglie hanno rispolverato gli oggetti della tradizione come albero e presepe che avevano in casa senza acquistare nulla di nuovo. Tutto viene svolto con grande sobrietà e nel nome della solidarietà”. Caritas Libano, insieme alle parrocchie, ha messo in campo tutte le proprie forze per venire incontro alle famiglie che hanno più bisogno: “con i nostri volontari stiamo portando, anche nei villaggi più piccoli, dei piccoli doni e dei kit sanitari e alimentari. È un modo per far arrivare segni di speranza a chi speranza non sembra averne più”.

Rivela padre Abboud: “siamo stati contattati da tante famiglie che, pur versando in condizioni economiche difficili, hanno voluto donare qualcosa a chi sta peggio di loro. Un gesto commovente che testimonia come nelle nostre comunità tutti siano disposti a sacrificarsi per donare un po’ di gioia natalizia al prossimo, chiunque esso sia”. “Gesù è nato nel silenzio e nella sofferenza – ricorda ancora il presidente di Caritas Libano – questo tempo ci sta riportando al vero significato della nascita di Cristo, centro della nostra vita”. Uno spirito natalizio fatto proprio da tutte le chiese sparse nella capitale e non solo. “Nel pieno rispetto delle restrizioni anti Covid-19 le chiese si stanno preparando ad accogliere il più alto numero di fedeli. Una chiesa che normalmente può contenere 100 fedeli con il Covid non potrà averne più di 30. Per questo motivo i parroci hanno programmato più celebrazioni”. “Il Natale è anche un tempo nel quale i bambini trovano motivi di gioia e di festa ulteriore per questo – aggiunge padre Michel – stiamo confezionando dei pacchetti per i più piccoli. Tutti i bambini che ne faranno richiesta avranno un dono da scartare sotto l’albero”.

Vita nel porto. Fremono iniziative anche nelle zone  cristiane del porto, quelle colpite dall’esplosione. “Gesù nascerà anche in mezzo alle macerie – è la speranza del religioso – perché da questa culla fatta di muri crollati possa rinascere un Libano nuovo. La guerra e l’esplosione non annienterà la presenza di Gesù che porta pace e speranza. Ci sono tanti giovani che già in questo tempo di Avvento stanno promuovendo iniziative culturali, religiose, musicali per riportare vita in mezzo al porto. Stiamo confezionando circa 10mila regalini da dare alla gente che vive in quella area, 5000 pacchi alimentari e organizzando delle piccole feste per i bambini. Con quel poco che abbiamo cerchiamo di raggiungere più persone possibili facendo attenzione al Covid-19”.

La preghiera per il Libano. Ai piedi del cedro, l’albero simbolo del Libano, padre Abboud sogna tanti doni ma uno in particolare per il suo Paese. E lo ripete più volte: “Pace, pace, pace”. Poi anche “la tranquillità, la stabilità, l’accoglienza, la fine della sofferenza perché la gente non riesce più ad andare avanti. È urgente avere un Governo capace di garantire l’avvio di una nuova fase per il Paese. Dobbiamo uscire il prima possibile dalla crisi. Gesù ci accompagni”. Riecheggiano nel religioso le parole della profezia di Ezechiele, quella del Cedro, “… e diventerà un cedro magnifico. Gli uccelli di ogni specie si rifugeranno sotto di lui; troveranno rifugio all’ombra dei suoi rami”.

 

 

 

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