“La Siria è nel cuore di Papa Francesco e lui stesso me lo ha ripetuto questa mattina. Da parte mia ho detto al Pontefice che vengo dalla terra dei fuochi”:
così il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, racconta al Sir il colloquio avuto questa mattina in Vaticano con Papa Francesco. Udienza nella quale si è fatto il punto sulla situazione siriana e nella regione, con particolare riferimento al Libano, paese strettamente legato alla Siria. Oggi si celebra giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano indetta da Papa Francesco come segno di vicinanza al Paese dei Cedri alle prese con una crisi economica e finanziaria aggravata dalla pandemia da Covid e dall’esplosione nel porto di Beirut di un mese fa.
“Il Papa è sempre molto attento e preoccupato per la situazione in Siria – afferma il nunzio -. Vale la pena ricordare che uno dei primi gesti del suo pontificato, cominciato il 13 marzo 2013, fu quello di indire il 7 settembre dello stesso anno una Giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero. Un evento che colpì molto la comunità internazionale”.
Da allora, Eminenza, la situazione in Siria è peggiorata e oggi si fa fatica ad immaginare una soluzione negoziata del conflitto…
Come prevedibile le guerre che si trascinano a lungo ricevono poi il duro colpo della dimenticanza e dell’oblio. Per di più si è aggiunta anche la tragedia in Libano che ha fatto ancor più dimenticare la Siria. I siriani oggi lo dicono chiaramente: se prima si stava attenti a schivare le bombe, le schegge e i razzi adesso si deve stare attenti a schivare la bomba della povertà che colpisce l’80% della popolazione. Sotto certi aspetti si sta peggio di prima. La povertà, la guerra, la mancanza di sbocchi dal punto di vista politico, tutto impedisce ai siriani di intravedere la luce in fondo al tunnel.
Povertà e oblio: in che modo la Santa Sede sta cercando di favorire una soluzione equa e sostenibile del conflitto in Siria?
Cerchiamo di usare le ‘armi’ a nostra disposizione. La Santa Sede possiede armi morali che il Papa e i suoi collaboratori usano per favorire il dialogo e il negoziato. La Santa Sede è all’opera con il suo prestigio morale per sbloccare la situazione. Stiamo lavorando in questa direzione. Ogni Paese, ogni ente è chiamato a fare la propria parte per quanto di sua competenza.
Come accadde per la Siria nel 2013, Papa Francesco ha indetto per oggi una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano. Stasera lei presiederà una speciale preghiera a Santa Maria in Trastevere promossa dalla Comunità di sant’Egidio. Oggi più che mai i destini di Siria e Libano sono legati l’uno all’altro. ..
Le disgrazie di un Paese sono le disgrazie dell’altro, le sofferenze dell’uno sono le sofferenze dell’altro. Basti dire che nelle esplosioni del 4 agosto scorso nel porto di Beirut hanno perso la vita anche molti rifugiati siriani.
La crisi economica e finanziaria scoppiata in Libano lo scorso ottobre ha avuto conseguenze gravi anche in Siria. I due Paesi sono legati non solo dalla globalizzazione ma anche dal punto di vista geografico.
Risolvere la crisi di uno dei due Paesi potrebbe rappresentare una svolta anche per l’altro?
Senz’altro. Il Libano e la Siria sono due Paesi di enorme peso storico, culturale e politico in Medio Oriente.
Guai se la Siria dovesse frantumarsi, sarebbe un disastro per tutta la regione.
Lo stesso vale per il Libano, un Paese ‘messaggio, un esempio di dialogo e di pluralismo’ per citare san Giovanni Paolo II. Sono due Paesi che devono essere salvati. Diversamente saranno guai per tutta la Regione. Salvare la Siria e il Libano significa anche permettere a milioni di rifugiati siriani di fare ritorno in patria. Essi sono l’anello più debole di questa catena e vanno tutelati.