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Santa Sofia moschea. Cenap Aydin (turco): “Atto politico non cambi le nostre agende di dialogo”

Si terrà domani a Istanbul in occasione della preghiera del venerdì la cerimonia di conversione della Basilica Santa Sofia in moschea. Cenap Aydin è turco musulmano e dirige a Roma l’Istituto Tevere: “La religione islamica non incoraggia nessun tipo di conversione di edifici di culto altrui. Ci sono stati molti esempi in questo senso nella storia. Forse il più significativo è quello di Omar, il secondo Califfo del profeta Maometto: quando entrò a Gerusalemme, fu invitato a pregare nella chiesa del santo Sepolcro ma lui rifiutò. Non vedo quindi un motivo religioso dietro la conversione di Santa Sofia in moschea ma un chiaro atto politico”

(Foto ANSA/SIR)

“Santa Sofia è un monumento che appartiene all’umanità. Purtroppo, è stata strumentalizzata per motivi politici interni e regionali. La cosa più importante ora, soprattutto per l’intera regione del Mediterraneo, è che questo atto politico non cambi le nostre agende di dialogo politico, interculturale e interreligioso. Anzi, deve rafforzare la nostra volontà a costruire un mondo di pace attivando processi di riconciliazione non di divisione”. Cenap Aydin è turco, musulmano e a Roma da anni dirige l’Istituto Tevere, un centro di dialogo interreligioso. Contattato dal Sir alla vigilia della cerimonia che domani convertirà la Basilica di Santa Sofia in moschea, Cenap Aydin racconta come il popolo turco sta vivendo questo storico passaggio. “Le indagini sono confuse. Alcuni dicono che il 70% della popolazione è a favore, altri 40%. Ma i sondaggi in Turchia non sono attendibili. Da quello che capisco soprattutto leggendo sui social è che i giovani non sono interessati e forse neanche troppo informati di quello che sta succedendo. Altri trovano questa decisione assolutamente inutile. Quello che non si capisce, è perché: il tempo passa, viviamo in un’altra epoca. Purtroppo, la conversione di Santa Sofia in moschea è il segno che c’è ancora qualcuno che vuole tornare indietro nel tempo minando il processo di riconciliazione che la Turchia ha intrapreso con il suo passato”. Cenap Aydin ricorda, a questo proposito, che oltre ad Hagia Sophia di Istanbul, negli ultimi anni sono state trasformate in moschee anche la Chiesa di Santa Sofia a Trebisonda e la famosissima Chiesa di San Salvatore in Chora a Istanbul che è considerata uno dei più importanti esempi di architettura bizantina sacra ancora esistenti.

Ma le fonti musulmane cosa dicono?

Come hanno sottolineato in questi giorni autorevoli leader musulmani anche in Italia, la religione islamica non incoraggia nessun tipo di conversione di edifici di culto altrui. Ci sono stati molti esempi in questo senso nella storia. Forse il più significativo è quello di Omar, il secondo Califfo del profeta Maometto: quando entrò a Gerusalemme, fu invitato a pregare nella chiesa del santo Sepolcro, il luogo più sacro dei cristiani ma lui rifiutò preferendo pregare in un altro luogo. Non vedo quindi un motivo religioso dietro la conversione di Santa Sofia in moschea basato sulle fonti della religione islamica.

Cosa vede?

Intanto mi colpisce il fatto che questa decisione sia stata presa molto in fretta senza nessun dialogo né con le istituzioni internazionali né con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Mi pare che questo mancato confronto con il Patriarca Bartolomeo sia particolarmente grave perché sebbene sia stata sempre negata, la sede del Patriarcato ecumenico al Fanar è pur sempre una presenza storica del paese da secoli.

Quindi è evidente che si tratta di un atto politico?

Non siamo di fronte ad una decisione presa per necessità religiosa. A due passi da Santa Sofia c’è la prestigiosa Moschea Blu, luogo storico visitato dai Papi e di recente anche da papa Benedetto e papa Francesco. È una moschea talmente grande che non si aveva necessità di un ulteriore spazio spazio per i fedeli. La conversione di Hagia Sophia è un atto politico simbolico preso per due motivi.

Quali?

Il primo è politico interno. Erdogan ha bisogno di rafforzare il proprio potere in un momento in cui il suo partito sta attraversando una situazione molto difficile dopo aver perso alle recenti elezioni due grandi città come Istanbul e Ankara e dopo che i due più stretti collaboratori – gli ex ministri per gli Affari esteri ed ex ministro delle Finanze – hanno deciso di fondare due partiti di opposizione. Il secondo motivo è di politica regionale. Non è un caso che lo stesso Erdogan abbia postato su Twitter un inno composto e dedicato a Santa Sofia cantato nelle diverse lingue della regione ex ottomana.

Una decisione che porta indietro e di molto la Turchia nel suo processo di avvicinamento all’Europa. Non ha paura Erdogan di isolarsi?

Sulla politica di Erdogan influiscono molto i partiti ultranazionalisti della Turchia e da sempre questi movimenti, per lo più laici, rivendicano Santa Sofia come moschea.

Papa Francesco si è detto molto “addolorato” dalla decisione. Il Consiglio mondiale delle Chiese ha scritto una lettera al presidente Erdogan. Sulla questione è sceso in campo anche l’Alto comitato per la fratellanza umana. Cosa possono fare i leader religiosi?

È un momento certamente molto delicato per la gente che crede nel dialogo. I leader spirituali hanno la capacità di arrivare al cuore delle persone ed hanno oggi la responsabilità di non essere strumentalizzati da atti politici che usano luoghi o motivi religiosi per dividere e scatenare tensioni. Emerge in questo senso un grande esempio di leader religioso ed è San Giovanni XXIII: fu delegato apostolico in Turchia e Grecia dal 1935 al 1944. Erano certamente tempi molto diversi ma dette prova di vivere la sua spiritualità promuovendo rapporti interreligiosi e al tempo stesso mantenendo massima prudenza. La sua testimonianza cristiana in terra turca è oggi appello a non cedere al pessimismo, a non perdere mai la speranza – per quanto grandi e complesse siano le sfide – per un futuro migliore.

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