Tutto chiuso in Giordania dove da domenica mattina, 22 marzo, alle 7 è in vigore il coprifuoco militare. A preoccupare le Autorità giordane i numeri della pandemia che nel Regno Hashemita parlano, a oggi 26 marzo, di 173 casi, uno dei quali ricoverato. Ieri i contagi erano stati 19, 26 quelli dell’altro ieri. Una diffusione del Coronavirus metterebbe a rischio il già debole sistema sanitario pubblico giordano, da qui l’adozione di misure altamente restrittive. Il re Abdullah ancora ieri ha riaffermato tutta la sua fiducia nella capacità del suo popolo di rispettare ogni disposizione volta alla salvaguardia della salute pubblica e della sicurezza. Dal Re sono giunte anche rassicurazioni circa la consegna di cibo e altre forniture alla popolazione per il breve e medio termine e comunque per tutta la durata del coprifuoco.
Misure restrittive. All’inizio il Governo aveva stabilito 24 ore su 24, salvo poi, il 25 marzo tornare sui propri passi per un più sostenibile “dalle 10 della sera alle 6 del mattino”. “Il Governo sabato 21 marzo aveva emanato misure drastiche per contenere l’epidemia di Coronavirus. Tutte le attività commerciali, dalle più grandi alle più piccole erano state chiuse” riferiscono alcune fonti locali, al Sir. “Solo militari in strada a tenere posti blocco. Nessuno poteva uscire le poche persone autorizzate, tra queste medici, infermieri, operatori sanitari, farmacisti. Martedì 24 avevano lavorato solo i panettieri per sfornare il pane da consegnare, a cura del Governo, alla popolazione insieme ad altri beni (acqua, gas da cucina e medicine).
In alcune zone di Amman ovest, dove maggiore è la concentrazione delle fasce più povere della popolazione i bus adibiti alla consegna del pane sono stati assaltati dalla folla”. Disordini limitati solo ad alcune zone della capitale e verosimilmente causati dallo scarso preavviso, solo 12 ore, del coprifuoco. Da domenica mattina a ieri, riportano i media giordani, 1657 persone sono finite agli arresti per violazione del coprifuoco e ora rischiano un anno di carcere.
Dietro front. Il dietro front del Governo è arrivato ieri, 25 marzo: niente più coprifuoco 24 ore su 24 ma solo “notturno” per 12 ore, dalle 18 della sera alle 06 del mattino. E saranno le sirene a segnarne l’inizio. Il premier Omar Razzaz ha, infatti, deciso la ri-apertura dei supermarket e dei generi alimentari dalle 10 del mattino alle 18 della sera. Ma con delle restrizioni: si può andare a fare spesa ma da soli e se si ha un’età compresa tra i 16 e i 60 anni. Dunque anziani e bambini restano a casa. All’interno dei negozi i clienti dovranno avere una distanza di 1,5 metri l’uno dall’altro. Per fare in modo che anche chi vive in periferia possa approvvigionarsi lo Stato sta organizzando l’apertura di minimarket. Non saranno tollerati, ha spiegato il premier, affollamenti e violazioni delle regole.
“Il coprifuoco – ha aggiunto Razzaz – è una situazione cui non abbiamo mai assistito prima e che ha gravi ripercussioni psicologiche. Questa fase attuale ci richiede sforzi concertati per affrontare il virus”.
Popolazione favorevole. “Con la messa a punto dell’organizzazione la situazione dovrebbe migliorare anche perché la sensazione è che la maggior parte della popolazione sia favorevole a queste misure draconiane – aggiungono le fonti locali. La paura del virus è enorme anche perché non si sa quanti posti siano disponibili nelle terapie intensive dei vari ospedali del Paese. Va detto – spiegano – che circa la metà della popolazione (gli abitanti giordani sono circa 10,5 milioni, ndr.) qui è analfabeta e vive sotto la soglia di povertà. Ci sono tantissimi lavoratori giornalieri che adesso non hanno più di che vivere visto che le attività sono chiuse. Il programma governativo prevede di fornire cibo, acqua, gas, e tutto il necessario alla popolazione e questo ad Amman è in qualche modo possibile. Anche perché nei centri urbani
dove non arriva lo Stato arriva la solidarietà del vicino di casa.
Resta da vedere come il Governo riuscirà a fornire le derrate alimentari specie ai più vulnerabili, quelli che vivono nelle zone più remote del Paese, difficili da raggiungere e dove sono campi non formali di rifugiati siriani”. Per ciò che concerne questi ultimi, “la maggior parte è registrata presso l’Unhcr e il ministero dello Sviluppo e quindi hanno una qualche certezza di ricevere gli aiuti. La preoccupazione è notevole e bisognerà vedere come la situazione evolverà nel prossimo futuro. È un tema – affermano – che riguarda anche la cooperazione e le Ong attive qui nel Paese. Una decina sono italiane”.