“Quando sono uscito per la prima volta, dopo la quarantena, sono rimasto impressionato dai luoghi svuotati di gente, negozi chiusi, la Città vecchia praticamente deserta. Mi ha colpito molto sentire dai confratelli che sono a Tabgha o a Cafarnao, che non c’è più nessuno, da chi sta al Tabor dire che i tassisti sono tutti in quarantena e che al santuario non sale più nessuno”.
Padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa racconta così, al Sir, la Terra Santa al tempo del Coronavirus. Fino a poche settimane fa gruppi di pellegrini animavano Gerusalemme, Betlemme e i principali santuari della storia della Salvezza. Oggi lo scenario è completamente mutato. Secondo il Franciscan Pilgrims’ Office di Gerusalemme, “dal 12 marzo e fino a data da destinarsi tutte le messe prenotate dai gruppi di pellegrini in tutti i santuari della Terra Santa sono state cancellate. A marzo il loro numero è sceso a zero”.
Cifre del contagio. Le cifre del contagio, al 20 marzo, parlano di 705 israeliani positivi al Covid-19, 15 i ricoverati, di questi 10 versano in condizioni critiche, decine di migliaia sono quelli in quarantena, di questi ben 6mila appartengono alle Forze armate. Nei Territori palestinesi si registrano 48 casi positivi, 37 dei quali solo a Betlemme, 3900 i palestinesi in quarantena. “Un bilancio destinato a crescere in base al numero dei tamponi che viene quotidianamente fatto” spiega padre Patton che non esita a parlare di “Israele e Palestina come di due paesi in Quarantena”. “Le misure restrittive adottate per contenere il contagio sono, infatti, pressoché le stesse; tutte obbligano a restare chiusi in casa e si può uscire solo per reali necessità (lavoro, spesa, medicine). L’obiettivo primario è non portare al collasso gli ospedali e le terapie intensive”. Così come in Italia. Anche il Patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia hanno condiviso delle linee guida precauzionali per contenere la diffusione del coronavirus.
Pellegrinaggi di preghiera. Finito, per ora, il tempo dei pellegrinaggi, questo è il momento di fare
“un pellegrinaggio della preghiera incessante perché il virus venga debellato”
“una preghiera per i malati, per gli operatori sanitari costretti a turni massacranti, per chi assiste anziani e vulnerabili, per i preti e per chiunque offra la propria vita per aiutare”. È la “pastorale in tempo di epidemia” che si nutre, dice il Custode, di quel passo evangelico, “tutto quaresimale” che recita: “quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
“Un aspetto che dobbiamo riscoprire – aggiunge il francescano – è quello della comunione dei santi. Insisto molto su questo punto. C’è una reale unione tra noi operata, non da una distanza più o meno ravvicinata e né tanto meno da Internet, ma dallo Spirito Santo. Ed è una comunione nella gioia e nella sofferenza”.
Piccole luci. “Il quadro è drammatico – ammette – ma ci sono anche delle piccole luci che emergono. Sono, per esempio, le riflessioni di tanti confratelli che stanno riscoprendo, in questo periodo di pausa forzata, momenti di vita fraterna, di preghiera comunitaria. C’è tanto smarrimento per il vuoto lasciato dai pellegrini ma anche la consapevolezza di recuperare temi di vita religiosa su cui si struttura la nostra missione. Nelle mie due settimane di quarantena ho sperimentato proprio questo: la meditazione personale, la preghiera e lo studio”. Così nei santuari e nei Luoghi santi la vita va avanti. “La comunità francescana di Betlemme rivela padre Patton – è risultata negativa al tampone. Vuol dire che la decisione di chiudere le frontiere presa dall’Autorità nazionale Palestinese, in accordo con la Sicurezza israeliana, si sta rivelando efficace nel contenere il virus nei Territori. Chiuse anche chiese, moschee e sinagoghe”.
Ha colpito molto la chiusura della Natività, uno dei luoghi santi più amati dai pellegrini di tutto il mondo…
A Betlemme è chiusa la Natività ma è aperta la vicina chiesa di santa Caterina. Ieri ho celebrato la festa di san Giuseppe a Nazaret. C’erano solo 10 persone ma la solennità della festa è stata rispettata. La lode a Dio fa parte della nostra missione così come la preghiera di intercessione. Facciamo tutto con solennità per trasmettere ai fedeli questo spirito che non deve venire mai meno, soprattutto adesso.
Si va verso Pasqua: esiste il rischio di chiudere anche il Santo Sepolcro?
Le restrizioni adottate prevedono che i luoghi di culto, moschee, chiese e sinagoghe, non abbiano al loro interno gruppi di non più di 10 persone contemporaneamente. È evidente che ne dovremo tenere conto. Ma sappiamo anche che ci sono dei luoghi grandi e ventilati, dove sono ammessi anche più gruppi contemporaneamente. Ciò che cerchiamo di fare è continuare a pregare, tenere aperte le chiese per le visite private e le preghiere individuali.
Il virus sta mettendo a dura prova l’economia israeliana e quella già debole palestinese. Alla preghiera deve aggiungersi anche una solidarietà concreta. Cosa state facendo a riguardo per fronteggiare questa emergenza?
Nelle parrocchie cerchiamo di offrire tutto l’aiuto materiale possibile a chi è in difficoltà. Se il virus si farà sentire ancora a lungo, il problema sarà aiutare coloro che rimarranno senza lavoro, coloro che vivono nelle zone più colpite e in quelle che dipendono maggiormente dai turisti e dai pellegrini. Intravedo per le prossime settimane, e forse anche mesi, un bisogno di solidarietà maggiore da parte della comunità cristiana di tutto il mondo. I fedeli locali lavorano in gran parte nel settore turistico religioso. Ciò richiederà un sacrificio maggiore perché il virus sta provocando gravissime conseguenze economiche anche in tanti altri Paesi, in Europa e nel mondo. Riusciremo a fronteggiare la situazione per qualche mese, ma poi sarà veramente dura…
La tradizionale Colletta del Venerdì Santo per la Terra Santa, il prossimo 10 aprile, è un valido aiuto…
Certamente, ma bisognerà vedere quando sarà possibile farla. È pensabile che, in base alle situazioni nei singoli Paesi, si prenda la decisione di spostarla ad altra data.
Può sembrare venale parlare di Colletta in questo momento di pandemia ma bisogna dire che questa Raccolta ha a che fare anche con la vita di altre persone, con la sopravvivenza di questa piccola comunità cristiana.
Poco fa diceva che Israele e Palestina sono due Paesi in quarantena. Il coronavirus ha, forse, in qualche modo, avvicinato israeliani e palestinesi?
I due popoli sono uniti dalla lotta allo stesso nemico. In questa situazione di emergenza stanno collaborando. Il virus li ha spinti a mettere da parte i contrasti aprendo allo scambio di ulteriori informazioni e di misure precauzionali.
Ieri sera l’Italia si è raccolta in preghiera per la recita del Rosario, una iniziativa della Cei che ha visto anche la partecipazione di Papa Francesco e di tante altre Chiese nel mondo…
Tutto il Medio Oriente prega per l’Italia. Nessuno qui dimentica l’amicizia, la vicinanza, la generosità e l’amicizia degli italiani. Ai fedeli italiani e di tutto il mondo voglio dire che noi stiamo continuando a pregare. A Nazaret, a Betlemme, a Gerusalemme, al Sepolcro si prega sempre, i greci, i latini, gli armeni, con tutte le attenzioni dovute alla situazione. Preghiamo in quel luogo dove Gesù ha dato la vita per la salvezza del mondo e dove ha sconfitto la morte per sempre. Chiediamo a Dio che nessuno si senta solo in questo momento, i malati, le famiglie, i sanitari, i governanti e gli amministratori che sono chiamati a scelte talvolta impopolari e dolorose, i vescovi, i parroci… La nostra preghiera sostenga la speranza di tutti.