(da Tokyo) – A sostegno della politica di contenimento dell’avanzata del nuovo coronavirus, intrapresa dal Governo Abe, nelle 16 diocesi giapponesi è stata decisa la sospensione delle celebrazioni liturgiche, degli eventi e di altre attività parrocchiali che comportino assembramenti pericolosi per la trasmissione del contagio. Per alcuni casi si è lasciata la decisione alla discrezione dei parroci che meglio conoscono le specifiche situazioni ed il numero effettivo e spesso esiguo dei parrocchiani.
La comunità cattolica giapponese, distribuita su 777 parrocchie sparse su un territorio di 377.974 km2, è composta da circa 440mila fedeli giapponesi, in gran parte anziani, pari a poco più dello 0,3% dell’intera popolazione nipponica. A questo numero va aggiunto quello non esattamente censito di cattolici stranieri, in maggioranza filippini e vietnamiti, che qualcuno stima tra uno o due milioni.
Originariamente fissato fino al 14 marzo, ieri, 10 marzo il periodo di interruzione delle liturgie è stato prorogato fino a domenica 29, per la preoccupazione dell’espandersi a livello mondiale dell’infezione.
Mons. Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, la diocesi più grande del Paese con i suoi oltre 97.600 fedeli giapponesi, è stato il primo a fissare misure di prevenzione per le 76 parrocchie di cui è Pastore, annunciandole sul sito web diocesano, ed è stato anche il primo a decidere la sospensione della celebrazione Eucaristica.
Nei comunicati del 31 gennaio e del 20 febbraio, quando iniziavano ad essere rese pubbliche in Giappone le prime informazioni sul nuovo coronavirus, mons. Kikuchi indicava 9 “regole d’oro” da adottare nelle parrocchie, alcune delle quali seguite anche dalle altre diocesi. Nel primo comunicato ne segnalava 6: spray disinfettanti messi a disposizione dei fedeli e collocati all’ingresso delle chiese, dispensa dalla partecipazione alla Messa domenicale per i fedeli con sintomi da Covid19, divieto di immergere le mani nelle acquasantiere, autorizzazione per fedeli, lettori e ministranti ad indossare le mascherine durante le Celebrazioni, obbligo di lavarsi con la massima cura le mani prima della Messa per celebranti e ministri straordinari dell’Eucarestia, obbligo di ricevere la Comunione nelle mani per i fedeli con raffreddore e tosse. Nel successivo messaggio del 20 febbraio ne aggiungeva 3: esonero per i fedeli di comunicarsi sotto le due specie e preparazione delle ostie necessarie vicino all’altare, scambio della pace con il solo inchino, apertura e chiusura delle porte a cura di incaricati, all’inizio e alla fine della liturgia, per evitarne il contatto dei fedeli.
Il 26 febbraio, prendendo atto della decisione del ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare di intensificare la lotta al contagio nelle prime due settimane di marzo, considerate cruciali dal National experts meeting, l’arcivescovo di Tokyo informava i fedeli della decisione di sospendere dal 27 febbraio al 14 marzo le celebrazioni domenicali e feriali ed altre attività parrocchiali, tranne che per i piccoli gruppi, segnalando inoltre la possibilità di seguire su internet le Messe domenicali dell’1 e dell’8 marzo. Il 10 marzo arriva lo slittamento di tale scadenza al 29 in attesa di conoscere ulteriori sviluppi della situazione.
Nel comunicato del 26 febbraio l’arcivescovo aveva affermato: “Non è facile per la Chiesa interrompere le celebrazioni eucaristiche” aggiungendo che questa rinuncia “non deve essere considerata una sconfitta ma una opportunità per riscoprire la forza ed il potere della preghiera, con la certezza che il corona virus non può fermare la preghiera dei credenti”.
Nel pomeriggio di mercoledì 11 marzo si sarebbe dovuto tenere proprio nell’arcidiocesi di Tokyo un seminario di studio ed una Messa per le vittime e gli evacuati del terremoto che si verificò l’11 marzo 2011 al largo della costa della regione di Tōhoku e che provocò uno tsunami e un disastro nucleare con più di 15.700 morti e di 4.600 dispersi. Doveva essere, nell’approssimarsi del decimo anno dalla tragedia, anche un’occasione per approfondire la situazione della ricostruzione e i risultati del progetto di solidarietà decennale che le diocesi giapponesi stanno portando avanti per sostenere la diocesi di Sendai nella cui giurisdizione rientrano le aree terremotate.
Il Covid19 ha impedito anche questo momento commemorativo, e proprio di un evento che il popolo giapponese ancora ricorda con sofferenza.