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Coronavirus. Francesco Sisci (sinologo): “Stiamo molto attenti a dire che la Cina sta mentendo”

Oltre 42mila contagi e mille morti in Cina per Coronavirus. È di due giorni fa, la notizia che dopo Wuhan, un’altra città immensa come Hangzhou, capoluogo della provincia cinese di Zhejiang, è in lock down. Le informazioni che stanno fornendo le autorità cinesi sono reali? Lo abbiamo chiesto a Francesco Sisci: “Dobbiamo stare molto attenti a dire che la Cina stia mentendo. Non dobbiamo certamente dire cose false, ma nemmeno cedere alla tentazione di diffondere il panico. In questo momento, significa peggiorare una situazione che è molto, molto difficile. Stiamo camminando sul filo di un rasoio”

Foto AFP/SIR

“Per la Cina adesso il punto principale non è comunicare a noi che cosa sta succedendo, ma cercare di contenere il contagio. Le informazioni che ci arrivano sono vere, accurate? Non lo so. È possibile che nemmeno le autorità abbiano il polso chiaro della situazione”. Parla Francesco Sisci, uno dei maggiori sinologi italiani, autore e giornalista esperto di Cina. A lui, che ha accesso primario ai siti e alle agenzie di informazione locale, abbiamo chiesto che cosa stia realmente succedendo, se i dati dei contagi e delle morti per Coronavirus che le autorità cinesi stanno fornendo siano reali. Le statistiche sono continuamente aggiornate al rialzo: ad oggi il numero di infezioni confermate in Cina ha raggiunto quota 42.638 a livello nazionale mentre la triste conta delle vittime (sempre a livello nazionale) è di 1.016 morti. Ma “le voci” che giungono dal gigante asiatico parlano di cifre irrisorie, non credibili, e c’è chi ipotizza che siano certamente da aumentare con due zeri. A tutto ciò poi si aggiungano le notizie inquietanti sui crematori di Wuhan che mai come in questo periodo sembra stiano lavorando a ritmi serrati. “Questo è il momento delle voci impazzite”, mette subito in guardia Sisci che preferisce piuttosto ragionare sui dati: “Quanti kit per verifiche della malattia esistono e sono disponibili in Cina? E quanti, in caso, ce ne vorrebbero per individuare l’estensione reale del contagio?”. Con la Sars era più semplice. Bastava la misurazione della febbre. Con il Coronavirus i contorni sono meno chiari e la malattia può anche essere asintomatica.

Quindi, cosa sta succedendo in Cina?

Io partirei dalle evidenze prima facie: noi abbiamo Wuhan, una città di 11 milioni di abitanti, che è in lock down e due giorni fa c’è stata la notizia che anche la città di Hangzhou, capoluogo della provincia cinese di Zhejiang, è in lock down. Si hanno anche notizie che in molte città, tutte le attività sono ristrette e nella stessa Peschino, la gente non esca di casa e non va al lavoro. Quello che vediamo è una grande paura.

Perché ha paura? È possibile che i contagi e le morti siano più di quelli che vengano detti ufficialmente?

Loro parlano di contagi “verificati”. Dobbiamo stare molto attenti a dire che la Cina stia mentendo. Specialmente noi, responsabili di comunicazione, dobbiamo essere attentissimi: non dobbiamo certamente dire cose false ma nemmeno cedere alla tentazione di diffondere il panico. In questo momento, significa peggiorare una situazione che è già molto, molto difficile.

Stiamo camminando sul filo di un rasoio.

Difficile perché?

È difficile intanto perché la Cina è un Paese con un miliardo e mezzo di persone. Non ci sono abbastanza mascherine, si figuri se ci sono kit sufficienti per verificare il contagio, né è realistico pensare che saranno fatti questi esami su tutta la popolazione. D’altro canto, non è possibile bloccare milioni di persone in quarantena. E poi, chi li blocca? In base a cosa? È una situazione senza precedenti di cui onestamente non sono in grado di giudicare l’entità e la gravità. Certo è che se due città così grandi come Wuhan e Hangzhou sono state chiuse e una capitale come Pechino è deserta, è certo che c’è un gradissimo timore.

Di cosa?

C’è sicuramente un timore per la diffusione della malattia e questa è la prima cosa. Ma presto potrebbero esserci emergenze collegate come una crisi alimentare. Chi produce il cibo? Chi va a lavorare? Secondo: l’impatto di una crisi di queste proporzioni sulla Cina, lascerà il resto dei mercati e delle economie mondiali indifferenti? È impossibile. Qui serve una grande solidarietà. La Cina deve essere più trasparente e aperta perché ha bisogno del mondo, ma è anche vero che il mondo non potrà fare a meno della Cina.

Lei che conosce bene questo popolo e vive gran parte del tempo in Cina: come stanno reagendo psicologicamente le persone?

C’è la paura di essere contagiati e quindi la gente si chiude in casa. Si spera nella evoluzione della malattia. Se da una parte è vero che si diffonde rapidamente,dall’altra è anche vero che non è così mortale come altre epidemie precedenti.

Consigli di come trattare la Cina in questo momento?

Cercare di farlo con grande prudenza, anche perché siamo in una situazione oggettivamente molto grave.

Quindi farlo con trasparenza senza nascondere niente ma anche con grande prudenza perché il panico può essere un pericoloso moltiplicatore di difficoltà e problemi.

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