“Il titolo ‘Mediterraneo, frontiera di pace’ può essere letto anche rovesciato, ‘Pace senza frontiere’ perché se il Mar Mediterraneo deve essere una frontiera, è meglio che sia una frontiera di pace e non di guerra, di vita e non di morte come è in questo momento”. Il card. Cristóbal López Romero è arcivescovo di Rabat. Parteciperà a Bari all’Incontro promosso dalla Cei, insieme ai vescovi di diciannove Paesi che si affacciano sul grande mare. Porterà la voce di un Paese che si trova sulla rotta di una migrazione che non conosce tregua. Negli ultimi 30 anni, sono almeno 8mila le persone che hanno perso la vita nel disperato tentativo di raggiungere l’Europa attraverso lo Stretto di Gibilterra. Cercano di farlo anche via terra, scavalcando le barriere che separano il Marocco da Ceuta e Melilla, le due enclavi spagnole che si trovano nel Nord del Paese. “Amerei molto che i miei confratelli vescovi europei insistano sul fatto che i cristiani devono avere un cuore aperto”, dice il cardinale appena lo incontriamo a Roma: “Non so come fare e quali legge fare, ma almeno il cuore deve essere aperto”.
A cosa si riferisce?
Non è possibile che un cristiano abbia verso le persone immigrate un atteggiamento di rifiuto. Non è accettabile.
Un giorno quando ci presenteremo davanti a Dio, Lui ci dirà: ‘Vieni alla mia destra perché ero migrante e mi hai accolto’.
Non so poi se le frontiere debbano essere totalmente aperte o meno. Non sto indicando regole o limitazioni. Questo spetta alla politica deciderlo. Ma il cuore deve essere aperto e l’atteggiamento dei cristiani verso i migranti non deve essere sprezzante ma quello che vede in loro dei nostri fratelli.
L’Europa è preoccupata? Si teme un’invasione.
L’Europa è preoccupata perché sulle sue coste arrivano 200/500mila persone? Ma non è niente. In Libano ci sono milioni di profughi. E così in Giordania. In Turchia. In America Latina. In Africa. Il fenomeno delle migrazioni è universale. È dappertutto e durerà per sempre. È un fenomeno che appartiene alla storia e alla vita dell’umanità.
Lei che soluzioni vede?
Dobbiamo fare forza perché il sistema economico cambi. Le migrazioni non sono un problema. Sono la conseguenza di problemi politici, sociali ed economici. Se il sistema economico continua ad essere così com’è, le migrazioni continueranno perché
se le ricchezze non vanno dove sono i poveri, i poveri andranno dove sono le ricchezze.
Lei viene da una terra di migrazione. Conosce bene i ragazzi che cercano di solcare il mare per raggiungere l’Europa. Che effetto le fanno gli slogan populisti e xenofobi di certi politici?
Non hanno diritto di chiudere le porte alle persone che cercano una speranza di vita. Possiamo mettere delle condizioni ma l’attitudine deve essere di accoglienza, protezione, promozione e integrazione secondo i 4 verbi che papa Francesco propone. Vorrei anche dire loro di non utilizzare il nome di Dio. Se vogliono fare questo tipo di politica è nel loro diritto ma non con il rosario nella mano perché è una strumentalizzazione della religione per fini politici. Non hanno diritto di utilizzare il nome di Dio esattamente come non ne hanno diritto i terroristi.
Significa anche adoperarsi per andare a salvare le persone in mare?
Anche. Salvare la vita delle persone è il primo dovere di qualsiasi persona. Le leggi in tutto il mondo prevedono l’obbligo di salvare una vita umana in pericolo. Altro discorso è vigilare le coste perché nessuno esca e metta a repentaglio la vita propria e quella altrui. Ma una volta in mare e in pericolo si deve proteggere la vita umana.
È vero che lei sta proponendo un Sinodo dei vescovi sulle migrazioni?
È un’idea che lancio. Perché il fenomeno delle migrazioni non è solo europeo. Lo vediamo dappertutto. In Africa ci sono milioni di persone che si spostano da un paese all’altro per ragioni politiche e anche economiche. E lo stesso succede in America Latina e in America del Nord, in Asia. È un fenomeno generale e problematico dappertutto. Il Papa è molto sensibile a queste situazioni. Si potrebbe quindi fare una riflessione sul fenomeno migratorio alla luce del Vangelo. Credo che questo aiuterebbe non solo la Chiesa ma tutto il mondo ad affrontare in maniera diversa questo fenomeno, obbligandoci tutti e ciascuno per la propria parte anche a cercare soluzioni nuove, sociali e economiche, che favoriscono sia l’inserimento delle persone nei loro paesi di origine sia lo spostamento in altri Paesi secondo il principio ben formulato dalla Chiesa italiana ‘Liberi di partire, liberi di restare’”.
Papa Francesco e le Chiese locali nel mondo stanno dicendo e facendo molto per i migranti. Perché un Sinodo? Cosa avrebbe da dire di più di quello che non è stato ancora detto?
Penso che un Sinodo possa valorizzare quello che già esiste ed estenderlo a tutti. C’è nella Chiesa, anche tra i sacerdoti e i vescovi, chi non è convinto di questa logica e ci sono tantissimi cristiani che rifiutano questa logica. Penso che un Sinodo possa rafforzare l’illuminazione con il Vangelo del fenomeno migratorio per vedere che non si tratta di una dimensione solo politica. Come vogliamo pensare l’accoglienza con il Vangelo alla mano? Quali misure proporre per rafforzare l’azione della Chiesa nel contesto politico mondiale? Il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia ha avuto una risonanza sul mondo intero. Lo stesso si può pensare per un Sinodo sulle migrazioni.