I numeri non tornano. O meglio quanto la Cina sta ufficialmente dicendo in merito ai dati dei morti e dei contagiati, non spiegherebbe le misure drastiche di prevenzione e quarantena che invece sta attuando, e non solo a Wuhan, ma ora anche a Shanghai e Pechino. E di fronte alla scarsa comunicazione, “la gente ha paura, siamo al limite del panico”. È la testimonianza da Hong Kong del missionario Pime padre Renzo Milanese. Anche il South China Morning Post rilancia questa mattina i dati aggiornati della Commissione sanitaria nazionale cinese che circolano ufficialmente anche in Italia. Al momento, le vittime salgono a 106 mentre sono 4.535 i casi di contagio. A Hong Kong i casi di contagio dichiarato sono 8, a Macao 7 e Taiwan 5. “Sono numeri – dice il missionario – che di fronte agli 11 milioni di abitanti di Wuhan appaiono ridicoli. La gente teme che il virus sia molto più diffuso di quanto si dica pubblicamente e abbia fatto più vittime. Altrimenti non si spiegherebbero le misure preventive decise in maniera così drastica dal governo cinese e la messa in quarantena di una intera città come Wuhan”.
Anche a Hong Kong il governo locale della città ha avviato misure di prevenzione: dopo le vacanze del capodanno cinese, tutte le scuole (dagli asili alle università) rimarranno chiuse fino al 16 febbraio. Chiusi anche i luoghi di divertimento e obbligo di mascherina per chi prende metro, treno e autobus o entra in luoghi pubblici chiusi. Per gli ospedali è pronto un piano di emergenza. Chi presenta sintomi, viene ovviamente messo in isolamento. Il governo sta cercando posti in cui mettere in quarantena le persone che sono state in contatto con i malati e sta pensando di utilizzare a questo scopo case popolari sfitte provocando però le proteste dalla popolazione. “Il problema – aggiunge il missionario – è che non si sa esattamente con che cosa si ha a che fare. Non si è neanche capito da cosa sia stato generato il virus, che oltre tutto può presentarsi anche senza sintomi”.
Stessa situazione di incertezza anche a Macao. “Il nuovo virus ha creato allarme in tutta la Cina e all’estero”, racconta da Macao il focolarino Kin Sheung Chiaretto Yan, “perché ci sono ancora molte incognite che lo circondano: non si capisce come e quanto sia pericoloso e quanto facilmente si diffonda tra le persone, se possa causare polmonite, che in alcuni casi è stata mortale”. “Durante il periodo di capodanno cinese, di solito, la maggior parte delle persone in Cina torna a casa, in genere nelle campagne, per riunirsi alla famiglia. Ieri avevo programma di andare a trovare alcune comunità cattoliche e vescovi in 4 diversi luoghi della Cina continentale approfittando di questo periodo di vacanza. Le cose però si sono velocemente evolute e questa epidemia si è sviluppata più velocemente di quanto si pensasse e la situazione si aggravata rapidamente. Ho dovuto annullare questi viaggi”. Secondo le statistiche, l’anno scorso ci sono stati 3 miliardi di persone che si sono messe in viaggio durante il periodo dell’anno nuovo lunare. “In questi giorni – racconta ancora Kin Sheung Yan – il governo ha adottato misure drastiche per scoraggiare le attività pubbliche e ridurre i viaggi. Tutti i biglietti di aerei e treni sono completamente rimborsabili”. La maggior parte delle attività pubbliche, tutti i luoghi turistici, strutture di divertimento, musei, cinema, funzioni e attività religiose e culturali pubbliche sono stati sospesi in tutta la Cina. “Le persone prendono le precauzioni sanitarie necessarie, cercano di procurarsi delle maschere sanitari e di condividerle con chi non è riuscito ancora a comprarli”. “Il governo sta mobilizzando risorse per dare aiuti concreti”, racconta il focolarino: “I medici e gli infermieri sono in prima linea e hanno bisogno del sostegno di tutti”.
Con l’aggravarsi della situazione, aumenta anche la solidarietà tra le persone. Per evitare di andare troppo in giro, “si stanno usando di più mezzi di comunicazioni come social media, WeChat, Whastapp, messaggini per mandare saluti, assicurare preghiere”. Anche la diocesi di Macao – come aveva fatto la scorsa settimana la diocesi di Hong Kong – ha inviato a sacerdoti e parrocchie una serie di linee guida per la pulizia delle chiese, la Santa Messa e la distribuzione dell’Eucarestia. “Qui a Macao, andiamo a messa ogni giorno”, racconta il focolarino. “Alcune diocesi si stanno organizzando per mandare soldi o aiuti materiali soprattutto di protezione sanitaria a Wuhan. In qualche gruppo di social media c’è chi suggerisce di pregare San Rocco, o fare novena”. Non è un caso: San Rocco è il santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dal terribile flagello della peste, e la sua popolarità è tuttora ampiamente diffusa. La sua protezione si è progressivamente estesa al mondo contadino, agli animali, alle grandi catastrofi come i terremoti, alle epidemie e malattie gravissime; in senso più moderno, è anche esempio di solidarietà umana e carità cristiana, nel segno del volontariato. “Crisi di questo genere – conclude Kin Sheung – ci fanno pregare di più, ci spingono in qualche modo ad affidarci a Dio e sostenerci gli uni e gli atri concretamente e spiritualmente”.