Solidarietà

Amref, al via campagna per una corretta narrazione sull’Africa. Le voci dei testimonial

“Non aiutateci per carità”: è la slogan della campagna di comunicazione di Amref Health Africa, l’organizzazione che promuove il diritto alla salute in Africa. L’obiettivo è cambiare la narrazione negativa sull’Africa e gli africani. Proposto anche un decalogo con consigli dedicati al mondo dell’informazione. L’iniziativa è stata lanciata ieri al Maxxi di Roma

“Non aiutateci per carità”: è una frase provocatoria e coraggiosa quella che fa da sfondo alla nuova campagna di comunicazione di Amref Health Africa, l’organizzazione che promuove il diritto alla salute in Africa. Chiede una nuova, corretta narrazione sull’Africa, per smontare una percezione dell’Africa e degli africani che non corrisponde alla realtà. A questo scopo propone anche un decalogo sulla comunicazione dell’Africa in Italia, con consigli dedicati al mondo dell’informazione. L’iniziativa è stata lanciata ieri al Maxxi di Roma, con testimonial famosi che danno il supporto alla campagna, curata da Saatchi & Saatchi.  Amref vuole sostenere la crescita dell’Africa evidenziandone le risorse e le potenzialità, allontanando l’immagine caritatevole e drammatica che di solito se ne dà.

Il lancio della campagna al Maxxi di Roma

Per sostenere il futuro dell’Africa. “Non aiutateci perché i nostri bambini hanno poco da mangiare, aiutateci perché hanno fame di cambiamento”: è uno dei passaggi chiave del manifesto, base della campagna. Le curve dei dati dal 2000 ad oggi parlano di un declino di molti indicatori di malattia e povertà, come la mortalità infantile o la mortalità materna. Un declino che ha però un ritmo troppo lento per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del 2030. “La percezione dell’Africa negli ultimi anni si è trasformata da ‘continente povero ma buono’ a terra di ‘conflitti e invasori – spiega Ilaria Borletti Buitoni, presidente onorario di Amref Italia – nel contempo la popolazione italiana si reputa molto più povera di 20 anni fa. Aiutare la crescita e lo sviluppo del continente africano diventa un argomento meno importante per gli italiani, e quindi sono sempre meno quelli disposti a sostenere il futuro dell’Africa, mentre si insinua addirittura il sentimento opposto, quello di avversione e rifiuto”.

10 consigli per una corretta informazione sull’Africa. Il decalogo rivolto ai giornalisti e agli operatori della comunicazione offre alcune indicazioni interessanti. Sembra scontato, ma c’è chi non non sa (!?) che “l’Africa non è un Paese” ma un continente con 54 Stati di 1,1 miliardi abitanti. Ma soprattutto, ricordare che “l’Africa non è povera” perché il valore monetario della sue ricchezze minerarie è pari a 46.200 miliardi di dollari, e con il 12% di questa somma il continente nero potrebbe finanziare da solo tutte le infrastrutture di cui ha bisogno. Il curatore del decalogo, Fortuna Ekutsu Mambulu, direttore dell’African Summer School, sottolinea due consigli: “Non si può parlare dell’Africa senza una conoscenza della storia millenaria africana. Il colonialismo è stato solo una breve parentesi.

Bisogna evitare l’eurocentrismo, chiedendo opinioni agli esperti che vivono in Africa”.

Tra gli altri suggerimenti, “attenzione alle fake news”, alle “immagini e rappresentazioni dei migranti” (che in italia sono meno del 10% degli immigrati) e chiamare “afro-discendenti” i giovani delle seconde generazioni.

“Sdoganata la vergogna”. “Il problema dell’informazione sull’Africa ha una infinità di sfumature: la veridicità di quello che i media consegnano al pubblico; la percezione di ciò che i nostri dirigenti, di chi parla in televisione, cercano di far passare”, commenta l’attore Giobbe Covatta. A suo avviso oggi prevale “l’istinto antico del branco”, come quando “il capobranco dettava una metodologia e tutti gli stavano appresso”. “Poi è arrivata la democrazia, dove ognuno esprime una opinione. Ma la democrazia è complessa, delicata, bisogna salvaguardarla in maniera consistente – avverte -. E’ facile che si deteriori, perché la democrazia non dovrebbe essere la dittatura di maggioranza ma la salvaguardia delle minoranze. A sbrindellare questo tessuto non ci vuole niente, è molto più facile convincere la gente a sbrindellare il tessuto della democrazia che a non farlo”. A suo avviso il ministro dell’interno Matteo Salvini, con il suo modo di fare, “ha sdoganato la vergogna. Ormai nessuno si vergogna più di dire nulla. Si sentono cose abominevoli senza un filo di pudore. Questo è stato lo sdoganamento. Ma nella storia questa è stata la base del fascismo”.

Come cambiare la narrazione sull’Africa? “Per cambiare la narrazione sull’Africa prima di tutto non dobbiamo fare gli errori fatti fino ad oggi”, è l’avvertimento di Sonny Olumati, inviato di Nemo. “Penso possa essere utile sentir parlare un africano con un linguaggio che conoscete, in italiano, in napoletano – ha detto – . Poi far parlare dell’Africa agli africani, perché hanno tante cose da dirci e da raccontarci”. In Italia le seconde generazioni, i figli degli immigrati, sono intorno ai 2 milioni. Gli afro-italiani sono centinaia di migliaia. “Siamo la nuova generazione degli africani – ricorda Olumati -. Vogliamo dare un bel contributo per parlare dell’Africa in maniera corretta, perché anche noi siamo vittime di quella narrazione. Un po’ perché non è vera, un po’ perché non ci sentiamo africani al 100%”.

No a luoghi comuni e pregiudizi. “In tempi non sospetti quando la politica diceva ‘Aiutiamoli a casa loro’ Amref lo faceva concretamente, la politica no”, osserva l’attore e regista Pif: “Essere schietti nel proporsi è una cosa che mi piace molto. Io ho avuto la fortuna di andare in Africa, vedere cosa fanno, il pozzo, il presidio sanitario. Questo ti cambia molto”. Il vignettista Mauro Biani ricorda che “oggi si racconta l’Africa con luoghi comuni che rafforzano il pregiudizio che ognuno già ha”. La soluzione è smontare questi luoghi comuni “con messaggi più semplici possibili”. Come la satira del sito di “fictional news” Lercio: “Noi spingiamo le notizie al paradosso – spiega Alfonso Biondi – ma spesso la realtà ci insegue e supera. Noi riusciamo a mandare messaggi pedagogici usando la risata come mezzo, per smorzare la narrazione dominante”. Secondo Roberto Natale, del Segretariato Sociale Rai, “l’Italia è il Paese dove c’è il divario più grande tra percezione e realtà. Compito dei giornalisti è raccontare la verità sostanziale dei fatti”. Il giornalista Valerio Cataldi, presidente dell’associazione Carta di Roma, invita a “radiare dall’albo i direttori dei giornali che violano le regole senza nessuna conseguenza”.