Giubileo del volontariato. Fertonani: “Essere accanto a chi è nel bisogno fa diventare la speranza carità vissuta”

Il presidente del Consiglio Centrale di Cremona della Società San Vincenzo De Paoli ricorda al Sir la sua partecipazione al Giubileo del 2000 e l’impegno, oggi, sul territorio accanto ai poveri

(Foto Massimo Fertonani)

Vivere esperienze forti di fede da giovani può confermare la bellezza di una vita spesa tendendo una mano agli altri. Mentre si avvicina la celebrazione del Giubileo del volontariato, l’8 e il 9 marzo, Massimo Fertonani, presidente del Consiglio Centrale di Cremona della Società San Vincenzo De Paoli, ci racconta la sua esperienza nel Giubileo del 2000, quando partecipò alla Gmg a Tor Vergata, e l’impegno attuale nel Consiglio Centrale di Cremona.

Che ricordi ha del Giubileo del 2000?

All’epoca avevo 27 anni ed ero il responsabile nazionale giovanile della Società di San Vincenzo De Paoli. Avevamo organizzato la partecipazione al Giubileo come giovani vincenziani italiani durante la Giornata mondiale della gioventù. A Roma è stata la mia quinta e ultima partecipazione a una Gmg, quindi per me è stata anche la conclusione di un percorso formativo e di partecipazione alla vita ecclesiale universale che ho iniziato un po’ di anni prima. L’esperienza a Roma, insieme ai vincenziani italiani e provenienti da varie nazioni del mondo, è stata davvero entusiasmante, un’occasione di crescita, di arricchimento, di momenti formativi unici, di vita ecclesiale irripetibile: trovarsi fisicamente insieme a centinaia di migliaia di persone, in certi giorni due milioni insieme al Papa nei momenti conclusivi della Gmg, ci ha allargato il cuore e permesso di capire davvero cosa significa Chiesa cattolica universale.

Lei era già un giovane vincenziano, quindi già orientato verso il volontariato. Ma un’esperienza così forte l’ha ancora di più rafforzata nei suoi intenti?

Da un lato mi ha confermato nelle mie idee, ma anche nelle mie convinzioni di fede, dall’altro partecipare a un Giubileo è anche sempre un pellegrinaggio, quindi sono tornato a casa carico di energia, di una consapevolezza diversa, di un entusiasmo nuovo, in vista della vita ordinaria che riprendeva e di un percorso di fede che è continuato in maniera più rafforzata ed è diventato più solido, più radicale.

C’è qualche momento in particolare che ricorda?

Sì, la veglia del sabato sera vissuta al buio, di notte, che ha toccato le corde dell’emotività in modo molto più forte che di giorno. E il primo incontro con il Papa, quando ha salutato tutti i pellegrini arrivati a Roma, nazione per nazione, e abbiamo risposto al saluto. Grazie alle forti emozioni positive vissute insieme ai propri amici e a tanti giovani del mondo, l’entusiasmo ha aiutato a prendere più consapevolezza delle proprie idee e a radicarle di più nel proprio intimo.

(Foto Massimo Fertonani)

Da allora sono passati 25 anni e oggi lei è presidente del Consiglio Centrale di Cremona. Quali sono le difficoltà nel territorio di Cremona e l’impegno come volontari?

La difficoltà sostanziale è rispondere in modo adeguato ai bisogni dei cittadini cremonesi o comunque presenti sul territorio.

I bisogni materiali – e non solo – sono superiori alle nostre possibilità e in continuo aumento. Noi a Cremona gestiamo, con i nostri volontari e soci, una mensa per poveri: siamo aperti tutti i giorni dell’anno, 7 giorni su 7, festivi compresi. Fino a un anno fa le persone che si rivolgevano a noi erano in media 45, adesso sono 60-65, con un incremento di oltre il 30%. Ci sono, poi, bisogni più importanti e di difficile soluzione, come il bisogno di una casa o di un aiuto economico costante. Con le persone che si rivolgono a noi creiamo, per quanto possibile, una relazione personale che diventa anche poi un accompagnamento alla condizione di bisogno. Ma la difficoltà è quella di riuscire a dare una risposta adeguata alle esigenze. A volte non ci riusciamo.

Quanti siete?

Un Consiglio centrale, più altri 24 gruppi territoriali distribuiti per la diocesi di Cremona; siamo circa 220 soci, decisamente di più sono i volontari.

Quali progetti portate avanti?

Ci sono i centri d’ascolto: tutti i gruppi territoriali, normalmente inseriti nelle parrocchie, basano la loro attività di assistenza e di accompagnamento a partire dal centro d’ascolto: c’è l’aiuto materiale, ma anzitutto la conoscenza. Dopo essere entrati in contatto con le persone bisognose, approfondiamo la conoscenza e la relazione di aiuto. Questo è il nostro specifico e, nei limiti del possibile, proviamo a mettere queste persone a loro agio incontrandole a casa loro e non in un posto asettico o comunque terzo, come la sede delle nostre associazioni territoriali.

Cos’è il progetto “Pasto sospeso”?

Ispirandoci al caffè sospeso napoletano,

da un anno circa a Cremona abbiamo avviato l’iniziativa del pasto sospeso.

Attraverso il Rotary che è nostro partner in questo progetto, abbiamo coinvolto al momento 70 esercizi commerciali di Cremona, ristoranti e non solo, per dare la possibilità ai loro clienti di fare un’offerta di 2 o 5 euro che permette di dare una mano alla nostra mensa e quindi di offrire economicamente un pasto: infatti, l’offerta di 5 euro è il corrispettivo del costo di un pasto alla nostra mensa. Nei giorni scorsi, nella sala consiliare del comune, abbiamo dato i cosiddetti attestati di merito agli esercenti più meritevoli che hanno raccolto più offerte. In un anno abbiamo raccolto circa 40.000 euro. Quindi il coinvolgimento della popolazione cremonese è stato significativo, perché se un’offerta è al massimo di 5 euro e abbiamo raccolto 40.000 euro, vuol dire che 8.000 volte un cremonese ha fatto un’offerta di 5 euro e questa è una cosa bella. Poi ci sono i nostri volontari che coinvolgono i negozi. Abbiamo un conto corrente dedicato all’iniziativa, tutto è trasparente e dimostrabile.

Avete progetti a favore dei detenuti?

Abbiamo una collaborazione in corso da anni con il carcere di Cremona che prevede la gestione da parte nostra dell’orto del carcere di circa 600 metri quadrati, quindi non è un appezzamento insignificante. Con i nostri soci e volontari accompagniamo i detenuti nelle attività agricole. I prodotti dell’orto vengono dati alla cucina del carcere.

(Foto Massimo Fertonani)

Prima mi parlava del problema abitativo, come cercate di risolverlo?

Abbiamo due edifici di proprietà, usiamo gli appartamenti per persone bisognose.

Abbiamo dato cinque appartamenti in comodato gratuito alla Caritas, che li usa per immigrati; due appartamenti in comodato gratuito a un’associazione che assiste mamme con bambini in difficoltà e quindi nel percorso di semi autonomia; due appartamenti a migranti; due appartamenti ad anziani di Cremona in condizioni economiche non favorevoli. Inoltre, in uno di questi due edifici abbiamo allestito negli anni scorsi un magazzino di generi alimentari e una volta a settimana distribuiamo i pacchi alimentari mediamente a 100 famiglie, metà cremonesi, metà straniere. Da qualche tempo sia alla mensa sia al magazzino dei generi alimentari diamo la possibilità a persone condannate di scontare la loro pena con lavori socialmente utili, di intesa con il Tribunale.

Le vostre iniziative solidali superano i confini territoriali di Cremona?

Sì, ci stanno a cuore i poveri vicini ma anche quelli lontani. Abbiamo deciso di utilizzare alcune risorse economiche, accantonate nel corso di qualche anno e non spese, per un centro scolastico in Madagascar. È un’iniziativa specifica del nostro Consiglio centrale di Cremona, che è in corso di realizzazione.

Quale frutto le piacerebbe restasse del Giubileo 2025?

Mi piacerebbe che le situazioni di povertà e di bisogno venissero prese in carico dalla società tutta in maniera più consistente, che ci fossero più persone disponibili ad aiutare le persone bisognose attraverso la nostra o anche altre associazioni che si occupano di assistenza e di aiuto alle persone fragili. Se i volontari con costanza, in base alle loro possibilità, riuscissero a dare un aiuto in più alle persone bisognose, la speranza diventerebbe davvero carità vissuta e concreta. La Provvidenza si farebbe carne.

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