Cinema. “Io sono ancora qui” con la candidata all’Oscar Fernanda Torres. In sala anche “Itaca. Il ritorno” e “Babygirl”

Donne resilienti e combattenti. È il filo rosso che lega le uscite al cinema dal 30 gennaio. Anzitutto arriva in sala “Io sono ancora qui” del regista Walter Salles, in Concorso a Venezia81 – miglior sceneggiatura e premio Signis – e in gara agli Oscar con tre candidature di peso, tra cui quella per la miglior attrice protagonista Fernanda Torres. In sala c’è anche “Itaca. Il ritorno” firmato Uberto Pasolini. Infine, lo sguardo provocatore e sfidante di “Babygirl” della regista olandese Halina Reijn con Nicole Kidman, incoronata con la Coppa Volpi a Venezia81

Donne resilienti e combattenti. È il filo rosso che lega le uscite al cinema dal 30 gennaio. Anzitutto arriva in sala il vibrante e struggente “Io sono ancora qui” (“Ainda estou aqui”) del regista Walter Salles, in Concorso a Venezia81 – miglior sceneggiatura e premio Signis – e in gara agli Oscar con tre candidature di peso, tra cui quella per la miglior attrice protagonista Fernanda Torres. Dal Brasile una storia vera di impegno civile, il coraggio di una donna, di una madre, di lottare contro le ingiustizie e violenze perpetrate dal regime militare; una battaglia per la verità giocata nel perimetro della legge. Una straordinaria lezione di resilienza e di fiducia nella giustizia. In sala c’è anche “Itaca. Il ritorno” firmato Uberto Pasolini, con la raffinata coppia di interpreti Ralph Fiennes e Juliette Binoche, di nuovo insieme dopo “Il paziente inglese” (1996). Una rilettura dell’opera omerica senza miti e divinità, approfondendo psicologia e gesta umane, in primis di Odisseo e di sua moglie Penelope. Racconto acuto ed elegante, che riafferma un classico senza tempo. Infine, lo sguardo provocatore e sfidante di “Babygirl” della regista olandese Halina Reijn con Nicole Kidman, incoronata con la Coppa Volpi a Venezia81. Un viaggio nelle pulsioni, insoddisfazioni e fragilità di una donna in carriera che si spinge oltre i limiti per cercare se stessa. Un racconto che esplora dinamiche di potere, controllo e desiderio, con riflessioni su femminile e maschile nella società odierna.

“Io sono ancora qui” (Cinema, dal 30 gennaio)
All’81ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia ha commosso tutti, critica e pubblico. È “Io sono ancora qui” (“Ainda estou aqui”) del regista brasiliano Walter Salles, autore di “Central do Brasil” (1998) e “I diari della motocicletta” (2004). Il film prende le mosse da una drammatica storia vera, una pagina familiare divenuta paradigma di una piaga civile nel Brasile degli anni ’70-’80, come il potente “Argentina, 1985” (2022) di Santiago Mitre. “Io sono ancora qui” si ispira al libro-testimonianza di Marcelo Rubens Paiva, che ricostruisce la sparizione del padre Rubens nel 1971 per mano dei militari e la conseguente battaglia della madre Eunice nella ricerca della verità. Protagonista, in una performance straordinaria, è Fernanda Torres, già vincitrice del Golden Globe e in corsa alla 97ª edizione dei Premi Oscar come miglior attrice protagonista. Il film è distribuito da Bim.

La storia. Rio de Janeiro, 1971. Crescono le tensioni nel Paese, sotto le pressioni della dittatura militare. La famiglia Paiva, composta dall’ingegnere Rubens, dalla moglie Eunice e da cinque figli, viene sconvolta quando l’uomo scompare prelevato dai militari. Eunice non si dà pace, determinata a ritrovare il marito; ogni giorno incalza l’avvocato e va a caccia di prove che dimostrino l’arresto, negato dalle autorità. Uno corpo a corpo contro il muro di gomma delle istituzioni, che si protrarrà per oltre trent’anni…

(Actress_Fernanda_Torres__Credits_Alile_Onawale)

“Quando ho letto per la prima volta ‘Ainda estou aqui’ mi sono commosso profondamente. La storia dei desaparecidos, le persone strappate alle loro vite dalla dittatura brasiliana, veniva raccontata per la prima volta dal punto di vista di coloro che erano rimasti. L’esperienza di una donna, Eunice Paiva, madre di cinque figli, conteneva sia una storia di sopravvivenza al lutto sia lo specchio di una nazione ferita”. Le parole del regista Walter Salles chiariscono il tracciato del film “Io sono ancora qui”, un racconto potente di matrice civile; a firmare la sceneggiatura Murilo Hauser e Heitor Lorega.

Salles dirige un’opera solida per dinamica di racconto: un film che si fa custode della memoria comune, quella delle vittime della violenza militare, delle sofferenze dei desaparecidos e dei loro familiari lasciati a tormentarsi in cerca di risposte. Il racconto poggia interamente sulla figura di Eunice Paiva, resa magistralmente da Torres, che la abita con grande fierezza, intensità e profondità, una donna simbolo di madri, mariti, figli, genitori che hanno condotto una battaglia legale contro le istituzioni per conoscere la verità, per avere un corpo cui dare degna sepoltura. “Io sono ancora qui” colpisce per qualità narrativa, struttura del racconto e interpretazioni; un’opera che conquista e coinvolge, per non dimenticare. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

“Itaca. Il ritorno” (Cinema, dal 30 gennaio)
Uberto Pasolini è un poeta delle emozioni, un regista che ama raccontare le storie di ultimi con luminosità e grazia. Ci ha commosso con i dolenti e raffinati “Still Life” (2013) e “Nowhere Special” (2020). Ora torna dietro alla macchina da presa con un progetto acuto e ambizioso, ovvero ridare freschezza e attualità al poema omerico “Odissea”. È “Itaca. Il ritorno”, passato in anteprima alla 19ª Festa del Cinema di Roma. Protagonista un cast di alto livello a partire da Ralph Fiennes e Juliette Binoche, come pure Ángela Molina, Charlie Plummer e Claudio Santamaria. È nei cinema con 01 Distribution.

La storia. Itaca, Odisseo arriva stremato sulle sponde dell’isola. Nessuno lo riconosce dopo la lunga assenza dovuta alla guerra di Troia. Salvato dallo schiavo Eumeo, si prepara a ritornare a palazzo dove lo attende la moglie Penelope. La sua dimora è occupata però dai Proci, che fanno razzia di beni e persone, ma soprattutto puntano a prendere il controllo dell’isola convincendo Penelope a nuove nozze.

The Return, directed by Uberto Pasolini, with Ralph Fiennes (Odysseus), Juliette Binoche (Penelope). Credits @Maila Iacovelli-Fabio Zayed

Pasolini fa rivivere l’opera letteraria di Omero richiamandone la complessità della storia, il dissidio interiore dei personaggi e l’avvincente parabola di rivalsa, escludendo dalla scena la dimensione mitica e divina. Un film che si concentra sulle gesta degli uomini, sulla figura di Odisseo, ma anche di Penelope e Telemaco. Un lavoro di respiro classico nell’ossatura del copione – firmato da John Collee, Edward Bond e dallo stesso Pasolini – che trova guadagni di freschezza narrativa nei dialoghi e nell’approfondimento psicologico dei personaggi. A imprimere pathos e fascino la coppia Fiennes e Binoche, con una recitazione in sottrazione, giocata sugli sguardi. Nell’insieme, un’opera acuta e interessante, governata con controllo e accortezza. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

“Babygirl” (Cinema, dal 30 gennaio)
Da Venezia81 arriva in sala con Eagle Pictures “Babygirl”, scritto e diretto da Halina Reijn, dramma esistenziale e insieme thriller erotico che deve molto della sua forza all’interpretazione intensa e sfaccettata di Nicole Kidman. Nel cast anche Antonio Banderas, Harris Dickinson e Sophie Wilde.

La storia. Stati Uniti oggi, Romy è l’amministratrice delegata di un importante gruppo di e-commerce e innovazione. La sua vita brilla non solo nel lavoro, ma anche nella dimensione familiare: è sposata da 17 anni con Jacob e insieme hanno due figlie adolescenti. La donna però si sente insoddisfatta, con fantasie e pulsioni sessuali che non riesce a controllare. In azienda si imbatte nel tirocinante Samuel, che da subito le dimostra un chiaro interesse…

(Nicole_Kidman_and_Nicholas_Hoult__Credits_Niko_Tavernise)

“Babygirl” esplora le zone d’ombra di una cinquantenne che non manca di nulla, tra realizzazione familiare e professionale, ma che la condizione di potere e l’adrenalina costante la spingono a cercare sempre di più. L’opera scandaglia le stanze dell’animo della protagonista che sfida se stessa e le proprie insoddisfazioni, mettendo a repentaglio ogni certezza. L’interpretazione di Kidman è di certo coraggiosa, però il film nel suo complesso un po’ meno, perché nell’affrontare il desiderio e la libertà femminile utilizza canoni narrativi già visti e poco incisivi. I dialoghi inciampano spesso in battute banali, che disinnescano il pathos del racconto. La regista percorre la materia con fin troppa furbizia, intenta più a “sedurre” lo spettatore piuttosto che affrontare seriamente la materia. Complesso, problematico.

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