![](https://www.agensir.it/wp-content/uploads/2025/01/violino-755x427.jpg)
La storia di un violino sopravvissuto alla Shoah, custode di un messaggio di speranza, di libertà e di amore per la musica. È questo prezioso strumento il protagonista de “Il violino della Shoah: l’ultimo testimone”, lo spettacolo con parole e musica che andrà in scena venerdì 31 gennaio, alle 21, al Teatro di Carpi, nell’ambito degli appuntamenti promossi dalla Fondazione Fossoli di Carpi per il Giorno della Memoria in cui vengono commemorate le vittime dell’Olocausto. Al Comunale, le note risuoneranno proprio dal violino Collin-Mézin recuperato dal Campo di Auschwitz, appartenuto alla deportata Eva Maria Levy, e saranno eseguite dalla violinista Alessandra Sonia Romano, accompagnata dalla fisarmonica di Nadio Marenco e dalle letture di Elda Olivieri. Alle musiche si alterneranno brevi letture dal libro di Carlo Alberto Carutti, collezionista di strumenti musicali d’epoca, che ricostruisce la vicenda, e la storia dalla violinista cui è stato affidato il violino nel 2016, con le foto e il materiale raccolto durante la ricerca per la ricostruzione storica dei fatti.
Eva Mary Levy e il suo violino. “Ogni volta che Alessandra ed io portiamo in scena questo spettacolo avvertiamo una emozione pura mista alla commozione – spiega il fisarmonicista Marenco, che oltre ad accompagnare la violinista, ha arrangiato la maggior parte dei brani che verranno eseguiti -. Sul palco emerge
la verità di un violino che ha vissuto una dura realtà
e che ora rivive grazie ad Alessandra, che con le sue note, ridà voce sia allo strumento che alla giovane di 22 anni che tanto lo amava”. Eva Maria Levy, figlia di Edgardo Levy e Egle Segré era nata Verona nel 1921, ed è morta nel campo di Auschwitz il 6 giugno del 1944. Quando, il 6 dicembre 1943, dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, è stata caricata, con la madre e il fratello Enzo, sul primo convoglio di ebrei destinato al campo di Birkenau, la giovane ha portato con sé il suo inseparabile violino. Una volta giunti in Polonia, i tre componenti della famiglia hanno affrontato destini diversi: Enzo è stato trasferito al sottocampo di lavoro di Monowitz, la madre è stata ‘gassata’ all’arrivo, mentre Eva Maria è stata messa a suonare con altri detenuti nell’orchestra del campo di Auschwitz-Birkenau. Il fratello Enzo riuscì a farle arrivare su un pezzo di carta il disegno di un rigo musicale con una breve melodia a matita, che riportava una frase musicale di sei battute, ogni battuta contrassegnata da un numero, 168007, e una scritta “Der Musik Macht Frei”, ossia “la musica rende liberi”: Eva Maria ha incollato il pezzo di carta all’interno della cassa armonica del suo strumento con sopra incisa una stella di Davide, “una sorta di messaggio che è riuscito ad arrivare fino a noi – commenta Marenco -. All’apertura del campo, il fratello Enzo (liberato da Monowitz nel 1944) ha recuperato il violino, miracolosamente ancora conservato in un magazzino sebbene inutilizzabile perché rotto e lo ha portato con sé a Torino dove lo ha consegnato a un restauratore, senza però mai tornare a riprenderlo”.
La passione di Carlo Alberto Carutti.
“La voce di quel violino non poteva soccombere, aveva ancora un compito da assolvere: perpetuare nel tempo il ricordo di una tragedia che non dovrà più ripetersi”.
La storia del violino è stata scoperta grazie a Carlo Alberto Carutti che nel 2014 lo ha scovato da un antiquario di Torino: colpito dal numero, che ha immaginato essere quello di un deportato (Enzo Levy), memore di quello, poco più alto, di Primo Levi, ha acquistato lo strumento e ne ha ricostruito la storia poi pubblicata nel libro ‘L’ultimo testimone. Il violino della Shoah e la sua storia’. Nel 2016 Carutti ha sentito suonare Alessandra a Cremona e le ha affidato la ‘responsabilità’ del violino, che poi le ha donato nel 2022”.
Le musiche scelte. Lo spettacolo prevede l’alternarsi di musica e parole. “Ho riarrangiato brani, di compositori famosi e di musica tradizionale, che reputiamo siano inerenti al testo di Carutti. Si parte con Schindler’s List e suoneremo anche la musica scritta sul cartiglio ritrovato nel violino, come ‘canone inverso’, da sinistra a destra e viceversa, ripetendola quattro volte, ogni volta con un arrangiamento più ricco, per cercare di creare una specie di infinito. È sicuramente il brano più emozionante”.