La chiameremo Jasmine (nome di fantasia), è una bambina di 12 anni proveniente dalla Sierra Leone, unica superstite di un naufragio al largo di Lampedusa di una imbarcazione partita da Sfax, in Tunisia. La barca è affondata per una tempesta e potrebbero essere morte 44 persone. Jasmine è rimasta per lungo tempo in acqua afferrandosi a due salvagenti improvvisati fatti con tubi di pneumatici riempiti d’aria. Aveva indosso un semplice giubbotto di salvataggio. A salvarla è stata la barca a vela Trotamar III dell’Ong tedesca Compass Collective, impegnata dall’agosto del 2023 in missioni a sud di Lampedusa. Appena arrivata al molo commerciale, alle 5 di mattina, è stata portata in ambulatorio per i controlli sanitari. “Siamo andate a trovarla io e una volontaria per assicurarci che avesse vestiti asciutti e avesse mangiato qualcosa. È stato uno scambio molto breve. La bambina era nella stanzetta del pronto soccorso, si era cambiata, aveva una coperta termica addosso ed era abbastanza tranquilla”. Lo racconta al Sir da Lampedusa Francesca Saccomandi, operatrice di Mediterranean Hope, il progetto della Federazione delle Chiese evangeliche che da 10 anni presidia il molo di Lampedusa, accogliendo le persone durante gli sbarchi insieme al Forum Lampedusa Solidale, una rete informale di cittadini e volontari. Nelle stesse ore sono arrivate nell’isola pelagica oltre 500 persone, da diverse imbarcazioni. Ora sono tutti nell’hot spot di Contrata Imbriacola, in attesa di essere trasferiti.
“Siamo state al molo tutta la notte per assistere le persone durante gli sbarchi – prosegue Saccomandi, a Lampedusa da un anno e mezzo –. Quando abbiamo saputo che la bambina era nell’ambulatorio siamo andate subito a trovarla.
Le abbiamo lasciato uno zainetto con un libro da colorare.
Ma non ci ha raccontato niente, non sappiamo se la bambina viaggiava con i genitori. Sappiamo che dice di essere rimasta in acqua un paio di giorni ma è un fatto da verificare. Perché per le sue condizioni di salute si pensa sia stata in acqua qualche ora”.
Il colloquio con la psicologa. Ora iniziano per Jasmine le procedure post naufragio ma non si sa se resterà qualche giorno in hotspot o verrà trasferita subito. “So che stava arrivando una psicologa della Croce rossa per fare un colloquio con lei – dice l’operatrice –. Bisognerà darle il tempo di raccontare quello che è successo e capire se queste persone che viaggiavano con lei sono state prese dalla guardia costiera libica, riportate in Tunisia o se sono disperse in mare, perché non sono stati trovati i corpi. Ci saranno sicuramente ricerche in corso e ricostruzioni da fare”.
L’operatrice ci tiene a far notare che
“questo naufragio si poteva evitare”:
“Da giorni Alarm phone sta segnalando che ci sono barche in pericolo e bisogna intervenire. Considerata tutta l’attenzione e la spesa pubblica di fondi per operazioni totalmente senza senso come la nave Libra che porta i migranti nei centri in Albania, questo e tanti altri naufragi potevano o essere evitati”.
L’ultimo arrivo di imbarcazioni è stato alle 11 del mattino ma il team di Mediterranean hope (in tutto 5 persone) e la società civile di Lampedusa, comprese le tre suore di un progetto intercongregazionale, sono pronti a tornare al molo Favarolo. “Ci sono barche fuori che sono andate a fare ricognizioni – spiega –. Il mare stasera dovrebbe essere brutto ma siamo comunque molto preoccupati perché nonostante simili condizioni le persone affrontano lo stesso il viaggio”. “Queste finestre di maltempo sono molto pericolose – sottolinea – ma ancora più pericolose sono le politiche messe in atto dall’Unione europea che non si assumono la responsabilità nei confronti di queste persone, che chiedono solo un passaggio sicuro e legale per arrivare in Europa e continueranno a partire”.
Saccomandi ricorda che la bambina è stata trovata da una Organizzazione non governative,
le stesse Ong che rischiano di non poter più andare in mare a causa del recente decreto. Questo ci preoccupa moltissimo”.