“Non abbiamo mai preteso di essere i padroni della vita né pensato di averne il monopolio. Il Movimento per la vita è paragonabile a un motorino di avviamento. Fin dagli inizi abbiamo scelto di essere il lievito nella pasta e provato a tenere sempre accesi i riflettori sul fondamentale tema della vita assumendoci la responsabilità di difenderla e accoglierla, sempre, dal concepimento alla morte naturale”. È la memoria grata di Marina Casini, Presidente del Movimento per la Vita che da ieri e fino a domenica sarà a Mogliano Veneto (Tv) per vivere il 44° Convegno nazionale dei Movimenti per la Vita, Centri di Aiuto alla Vita e delle Case di Accoglienza. Un appuntamento annuale ricco di interessanti spunti di riflessione e momenti pratici, per incontrarsi e fare formazione con esperti in vari campi. “Parole di speranza – Il servizio alla vita tra cultura e volontariato”, questo il tema appositamente scelto dagli organizzatori per sottolineare la il legame col grande Giubileo della speranza ormai alle porte.
Come arriva il Movimento all’appuntamento di quest’anno cade alla vigilia del Giubileo?
Con gioia e tanto entusiasmo e con la consapevolezza vivremo una tappa importante in preparazione del Giubileo. Tutelare la vita è aprirsi alla speranza. Con soddisfazione e gratitudine abbiamo constatato il gran numero di iscrizioni. Il popolo della vita continua a crescere in questo Paese. Voglio sottolineare poi che questo meeting coinvolge tutti i centri di aiuto alla vita (CAV) d’Italia, i movimenti locali, le case di accoglienza e i servizi SOS vita e la realtà del Progetto Gemma. Tutto questo a testimonianza di una realtà (il Movimento per la Vita) complessa, articolata e capillarmente diffusa su tutto il territorio nazionale.
Due numeri…
Dal 1975 ad oggi, i bambini nati grazie ai centri di aiuto alla vita sfiorano complessivamente i 280mila di cui 5940 nel 2023. Sempre nel 2023 le gestanti aiutate sono state 8234 mentre le donne assistite 14.216. Numeri frutto di un volontariato appassionato e non appariscente.
All’indomani dell’approvazione della legge sull’aborto, la Conferenza episcopale italiana indicava “i compiti nuovi” da eseguire con “ogni risorsa di pensiero e di azione”. Oggi, a distanza di tanti anni, come agire
Dobbiamo tornare all’essenziale e cioè guardare al bambino concepito e non ancora nato come “uno di noi”. È questo il punto da cui partire per affrontare e fare luce su tutte le questioni che si aggirano intorno alla pratica dell’aborto. Partire dal concepito considerandolo come “uno di noi” ci consente di tutelare e sostenere la maternità quando questa è inattesa o problematica. Non voglio entrare nei rivoli e nei risvolti della legge ma solo andare all’essenziale e ribadire che l’embrione è uno di noi, lo dice la ragione, lo dice la scienza. Si tratta di un concetto basilare. Riconoscere al bambino non nato tutta la pienezza della dignità umana consente di arrivare a toccare tutti i terminali della vita anche quelli più periferici.
Spesso, per tutelare il bambino non nato venite accusati di sopraffare violare la libertà di scelta della donna
Posso affermare con assoluta certezza che, proprio in seguito all’esperienza vissuta in questi 50 anni di servizio nei centri di aiuto alla vita, abbiamo sperimentato che stare dalla parte del bambino è stare dalla parte della mamma e viceversa. Il conflitto tra i due è puramente ideologico. Ogni donna che si è lasciata accompagnare ha ritrovato la libertà di accogliere e di gioire per la vita che portava nel grembo. Ogni mamma. Mettere una contro l’altro è falso e ideologico. Per non parlare delle ferite che l’interruzione di gravidanza genera nel cuore e nell’animo della donna. Il solo domandare: “ma che fai lo tieni?” dà l’idea della logica abortista in cui viviamo. Quando le donne, spesso costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza per mancanza di un lavoro o perché sole e indecise, trovano un aiuto, si sentono accompagnate e riacquistano la libertà di dire sì alla vita e di accogliere i loro figli.
E come rispondete a chi invece vi imputa di fare differenza tra i bambini nati da un rapporto naturale e quelli concepiti in provetta o con maternità surrogata
Rispondo riaffermando che qualsiasi figlio o bambino nato con le tecniche di fecondazione artificiale compresa la maternità surrogata, è figlio a tutti gli effetti e anche lui è da considerare “uno di noi”. Sono Vita anche loro senza se e senza ma! Detto questo, ciò che noi condanniamo non è il frutto ma la pratica che, in riferimento alla maternità surrogata, resta aberrante e disumana. Oggi assistiamo alla rivendicazione del diritto ad avere un figlio, a tutti costi e costi quello che costi. Una ricerca spasmodica che travolge tutto e tutti, che utilizza le donne mezzi utili per giungere al fine, che sfrutta la loro povertà e indigenza. Per non parlare delle condizioni capestro contenute a volte in questi contratti: se il figlio non è sano deve essere abortito; o se si è in presenza di una gravidanza gemellare si può tranquillamente far fuori uno dei due o dei tre. E poi, non dimentichiamo il mai sopito commercio di embrioni. Dietro il desiderio di diventare padre o madre, lecito sì ma non sempre realizzabile almeno in maniera naturale, prospera uno squallido commercio della vita e della vita non si può fare un mercato.
Il convegno si chiude nella giornata in cui la chiesa celebra i poveri. Che significa
È un momento simbolico tanto bello quanto inatteso. Chiudiamo il nostro convegno nel giorno in cui la Chiesa si ferma per celebrare e ricordare i poveri e chi è più povero di un embrione? Madre Teresa diceva che il bambino non nato è il più povero tra i poveri. E povere sono anche le donne che spesso sono sole e abbandonate di fronte a decisioni difficili e dolorose come quella di accogliere o di rifiutare la vita nel loro grembo. Insomma, per noi è una singolare coincidenza o forse, per essere più precisi, una bellissima Dio-incidenza.