È agli arresti domiciliari Chiara Petrolini, 22 anni, accusata dell’omicidio dei suoi due figli neonati, trovati sepolti nel giardino della villetta dove la ragazza vive con la famiglia a Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma. Il primo infanticidio risalirebbe al 12 maggio 2023, quando Chiara avrebbe partorito e seppellito in giardino il primo neonato, ha spiegato il procuratore di Parma Alfonso D’Avino. Il secondo bambino, partorito lo scorso 7 agosto, è nato vivo perché ha respirato. A provocarne la morte uno shock emorragico da recisione del cordone ombelicale. Chiara avrebbe spiegato agli inquirenti di averli seppelliti in giardino perché li voleva tenere accanto a sé. Tante le domande senza risposta; certamente quella che appare, al di là della gravità degli atti compiuti, è una ragazza con molte fragilità, da soccorre e aiutare. Ne parliamo con Noemi Grappone, psicologa psicoterapeuta Emdr practitioner, e membro di Emdr Italia.
Che cosa può avere determinato in Chiara questo duplice comportamento? Perché far crescere per nove mesi una vita dentro di sé per poi sopprimerla?
Ritengo si tratti di una forma di dissociazione dalla realtà: fino alla fine Chiara ha voluto negare a sé stessa con il nascondimento l’esistenza del bambino che cresceva in lei, ma il momento del parto ha infranto la finzione e ha rappresentato la resa dei conti.
Quando il figlio ha preso forma reale davanti ai suoi occhi ha dovuto “eliminarlo”.
Il lutto legato ad un aborto o ad un figlio che nasce e muore dopo poche ore è molto difficile da elaborare per una madre, questo fa pensare che la maternità predisponga la donna in un certo modo. Questa vicenda mi fa invece pensare alla sindrome di Medea: il non avere mai fatto controlli medici durante la gravidanza ci dice il distacco, la negazione e la mancanza di cure caratteristici di questa sindrome.
Ma non sono sicuramente mancati dei campanelli d’allarme; spesso molti segnali vengono purtroppo ignorati.
Non conosciamo la condizione psichica di Chiara precedente alla gravidanza, e neppure il reale contesto familiare.
Sì, bisognerebbe valutare la sua condizione psichica pregressa. La mente non procede per percorsi lineari, fa molti giri contorti e a livello psichico sono più le cose che ci appaiono inspiegabili rispetto a quelle che riusciamo a spiegarci. Lo scombussolamento biologico della gravidanza, inoltre, non aiuta in una situazione psicologica compromessa. Chiara, faccio delle ipotesi, potrebbe avere una bassa autostima, un attaccamento di tipo disorganizzato nei confronti della madre. E per quanto riguarda il contesto familiare, la strage di Paderno Dugnano, ma non solo, ci dimostra che talvolta l’apparenza inganna: non sempre la famiglia è funzionale come sembra. C’è qualcosa che non torna in una duplice gravidanza tenuta nascosta e anche nell’affermazione della madre di Chiara di non essersi accorta – come gli altri familiari – della gestazione della figlia. E poi, che cosa sappiamo realmente del padre? Spesso le madri che uccidono hanno un profilo passivo, di immaturità e dipendenza; bisognerebbe capire che tipo di relazione aveva con il partner.
Quando avrà piena consapevolezza della gravità dei suoi gesti, come potrebbe reagire? Quale percorso di recupero, se possibile?
La presa di coscienza non è un processo lineare; in ogni caso occorre delineare le condizioni che hanno portato all’infanticidio, tenendo conto che spesso chi commette questo reato ha un assetto diverso e un basso grado cognitivo rispetto a chi commette omicidi su adulti. Occorre avere un quadro ben definito e certo per elaborare un progetto riabilitativo che possa essere realistico. Tuttavia, il ravvedimento e la riabilitazione non sono processi scontati. Quello che vorrei sottolineare, più in generale, è la necessità di sostenere i percorsi di gravidanza e la maternità. Si parla troppo poco della fatica e della solitudine delle madri; in una situazione di fragilità lo scombussolamento biologico della gravidanza non aiuta e quello che può fare la differenza è un valido supporto.