Fatti di cronaca che inquietano e interrogano

Quello che mi colpisce, come uomo e credente, come pastore è la reazione davanti a fatti così tragici: a parte la curiosità morbosa di chi cerca particolari e ama inseguire chiacchiere e ricostruzioni, a parte qualche intervista a psicologi o pedagogisti, domina un silenzio che sembra mutismo, la voglia di passare velocemente sopra, senza raccogliere le domande più profonde che esplodono nel cuore. Perché, oltre ogni possibile spiegazione psicologica – anche la psicologia è una scienza fallibile e limitata! – ciò che viene a galla è il mistero del male che in modo anche irrazionale può farsi strada nel cuore di un giovane uomo e portarlo a compiere gesti d’inaudita e gratuita violenza.

In queste ultime settimane della calda estate 2024, diversi fatti hanno colpito l’attenzione della gente, anche se si avverte la tendenza a passarci sopra velocemente, forse perché provocano inquietudine e aprono interrogativi più grandi di noi. Prima l’uccisione della giovane Sharon Verzeni, a fine luglio a Terno d’Isola, un paesotto in provincia di Bergamo, accoltellata, senza ragioni, da un giovane che vagava per le strade, alla ricerca di una persona a caso, da eliminare. Ha dichiarato: “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, dicendosi “dispiaciuto”. Poi, nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre, la tragedia di Paderno Dugnano in una tranquilla e serena famiglia, nella cornice di una bella casa, dove improvvisamente, senza aver dato prima visibili segni di disagio, un adolescente ha ucciso in modo violento ed efferato il fratellino di dodici anni e i genitori, accorsi alle grida del loro piccolo. Riguardo alla sua situazione, il ragazzo ha affermato di “sentirsi un estraneo”, non solo in famiglia ma nel mondo. Per il “malessere” che sentiva, voleva “proprio cancellare tutta la sua vita di prima”. Infine, l’ennesimo assurdo omicidio tra giovani: il sedicenne Serin Fallou Sal ucciso a coltellate a Bologna la sera del 4 settembre 2024 da un coetaneo, reo confesso. Nei giorni precedenti il delitto, l’aggressore aveva già avuto screzi con il gruppo di amici per un suo post su Instagram. Ma da mesi, anzi anni, un malessere profondo covava nel giovanissimo assassino: “Volevo che sapessero che non avevo paura di loro” ha detto ai poliziotti delle volanti che sono andati ad arrestarlo nella sua cameretta.

Spiragli di luce. Non voglio entrare nell’analisi di questi casi, certamente occorreranno tempo e adeguati percorsi di ascolto e di psicoterapia per penetrare nella psicologia di questi giovani che si sono fatti assassini in modo così umanamente imprevedibile, cancellando la vita di altri come se fosse un niente. C’è da sperare che in carcere e nelle comunità dove saranno collocati possano incontrare adulti che permettano il risveglio del loro cuore confuso e ottenebrato. Nel buio che avvolge questi delitti, spiragli di luce s’intravedono intorno al ragazzo di Paderno: il cappellano del carcere minorile “Cesare Beccaria”, Don Claudio Burgio, ha incontrato il diciasettenne, l’ha ascoltato, l’ha confessato, mentre i nonni del giovane hanno assicurato che comunque non l’abbandoneranno, gli saranno vicini nel lungo cammino che dovrà fare per ricostruire la sua vita, prendendo coscienza del male compiuto, senza rimanerne schiacciato.

La voglia di passare velocemente sopra. Quello che mi colpisce, come uomo e credente, come pastore è la reazione davanti a fatti così tragici: a parte la curiosità morbosa di chi cerca particolari e ama inseguire chiacchiere e ricostruzioni, a parte qualche intervista a psicologi o pedagogisti, domina un silenzio che sembra mutismo, la voglia di passare velocemente sopra, senza raccogliere le domande più profonde che esplodono nel cuore. Perché, oltre ogni possibile spiegazione psicologica – anche la psicologia è una scienza fallibile e limitata! – ciò che viene a galla è il mistero del male che in modo anche irrazionale può farsi strada nel cuore di un giovane uomo e portarlo a compiere gesti d’inaudita e gratuita violenza. Davanti alle cronache di questi omicidi, come davanti alle guerre che continuano a insanguinare la terra e a mietere vittime innocenti o a certe esplosioni di male che sembrano impossibili e inconcepibili – la storia umana ne è piena, anche in tempi recenti, come lo sterminio del popolo ebraico nei lager nazisti, i massacri dei khmer rossi in Cambogia, le stragi tribali in Ruanda e Burundi trent’anni fa, la terribile guerra in Bosnia – s’impone l’interrogativo sull’origine di tanto male: da dove nasce questa strana e irragionevole connivenza con il male, la violenza, il gusto di dare la morte? E soprattutto: chi ci può liberare dal male? Da dove può venire la salvezza che fa rinascere anche esistenze sfigurate e segnate dal male commesso?

Noi cristiani testimoni di una Presenza che di permette di risorgere. Noi cristiani, proprio per il dono della misericordia che Cristo rende presente nella vita, possiamo stare di fronte al mistero del male, senza diluirlo in mille giustificazioni e attenuanti, e siamo chiamati a dare testimonianza di una Presenza che, mentre svela la radice del male e la nostra condizione di peccato e di menzogna, ci abbraccia e ci permette di rialzarci, di risorgere, di iniziare sempre di nuovo il cammino drammatico e affascinante della vita. Così ha fatto Don Claudio Burgio, ascoltando il giovane assassino di Paderno Dugnano, fino a donargli il perdono di Cristo nella confessione. Allo stesso tempo, insieme ai nostri fratelli uomini, non vogliamo e non dobbiamo sottrarci alla realtà del male e avere l’umiltà di riconoscere che la liberazione non può venire da noi, che il cuore dell’uomo, lo voglia o no, grida e chiede Qualcuno che sia davvero in grado di salvarci.

Liberaci dal male”. Come ricordava in suo articolo su questi troppo frequenti episodi di cronaca, Marina Corradi su “Avvenire” dello scorso 2 settembre: “Ce n’è troppe di simili eruzioni di male, da anni. Fanno quasi più paura delle bombe in Ucraina: perché là c’è una guerra, ma qui non c’è traccia alcuna di un motivo. Si percepisce fra noi un’indicibile paura. Come se un’epidemia maligna e non conosciuta ogni tanto si aggrumasse su una singola casa, e la annichilisse. Qualcosa di totalmente inaspettato, come certe trombe d’aria estive che arrivano in un istante, rovinose. Tempeste di male, non annunciate, nemmeno intraviste. Di male, anzi di Male, quello di cui non si parla volentieri. Quello del Padre Nostro: ‘Liberaci dal male’. Era una preghiera condivisa, quotidiana, ora per molti è una cosa desueta. La coscienza che il Male c’è, che un nemico c’è, che occorre difendersene, che occorre chiedere aiuto a Dio: se si dicessero queste cose in un’aula di scuola superiore, che direbbero i ragazzi? Sorriderebbero magari: via, vecchie storie, nel tempo dell’AI”. E concludeva con parole che faccio totalmente mie: “Si resta smarriti, si preferirebbe tacere. […] Come davanti a un muro cieco. E forse non più umili abbastanza per accettare che un certo tipo di Male è più grande di noi, e della nostra intelligenza. Non più umili abbastanza per dire ancora, con sofferenza, sapendole vere, poche parole: ‘Liberaci dal male’ ”.

 

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