La festa dell’Assunta in carcere. Don Grimaldi: “Maria accompagna la nostra umanità sofferente”

Il giorno di Ferragosto, ci racconta l’ispettore generale dei cappellani, “purtroppo le celebrazioni sono ridotte proprio per mancanza di personale, senza il quale non può essere garantita la sicurezza e di conseguenza le attività sono bloccate. Abbiamo comunque la possibilità di incontrare qualche detenuto”

(Foto: ANSA/SIR)

Il 15 agosto per i credenti si celebra la solennità dell’Assunzione, ma per tutti è Ferragosto, momento di festa e di sosta dal lavoro, un momento che si trascorre in vacanza, al mare o in montagna, per chi può o almeno in compagnia della famiglia e di amici. Non per tutti è così, a partire dagli ammalati o dagli anziani soli, ma anche per chi sta scontando una pena in carcere. Così un giorno di festa può diventare più triste degli altri. Ne parliamo con don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, che riflette anche sulle difficoltà degli istituti penitenziari nelle feste e in estate, in particolare.

(Foto: don Raffaele Grimaldi)

Don Raffaele, come si vivrà il giorno dell’Assunta e di Ferragosto in carcere?

Devo fare una premessa. I mesi estivi sono mesi critici, per la mancanza di personale e di operatori e per la riduzione di attività. Tutto ciò porta il rischio di nuovi suicidi. Finora abbiamo registrato 65 suicidi nel 2024, molti soffrivano anche di patologie psichiatriche. Ogni direzione dovrebbe prevenire la criticità di questi mesi con una programmazione anticipata, coinvolgendo la comunità esterna e le associazioni di volontariato, come si fa, devo dire per onestà, in molti istituti. Sarebbe importante permettere anche ai detenuti di svolgere delle attività di volontariato e di servizio. Molte volte ci sono detenuti che vorrebbero lavorare, anche senza ricevere lo stipendio, facendo come volontariato lavoretti utili: pitturare, aggiustare cose rotte, ma spesso tutto ciò non è permesso per motivi di sicurezza. Ma permettere di svolgere questi lavoretti come volontariato potrebbe essere anche un modo per far uscire i detenuti dalle celle, evitando che trascorrano un’intera giornata sul loro letto. Questo è deleterio per loro. Le direzioni dovrebbero anche ridurre i tempi per ottenere i permessi per gli accessi in carcere degli operatori che organizzano attività ricreative all’interno del carcere. Molte volte aspettano fino a un mese.

Questa situazione difficile che si vive in estate è ancora più drammatica in giorni di festa come il 15 agosto?

Sì, come a Natale, a Pasqua, quelle feste nelle quali normalmente le famiglie si radunano, i detenuti si sentono ancora più isolati. Nelle festività, quindi anche il 15 agosto, i detenuti sentono la mancanza della famiglia in modo forte.

Voi cappellani in queste occasioni riuscite a portare una parola di speranza? Il 15 agosto, in particolare, nel segno di Maria Assunta?

Certamente, all’interno dei nostri istituti penitenziari dove è possibile. In realtà, in questo giorno purtroppo le celebrazioni sono ridotte proprio per mancanza di personale: anche se noi vogliamo organizzare dei momenti liturgici molto forti per la mancanza di personale anche noi siamo costretti a non poter operare pastoralmente. Abbiamo comunque la possibilità di incontrare qualche detenuto, nelle varie sezioni o nei reparti, ma non è facile organizzare celebrazioni e altre attività il 15 agosto proprio per la mancanza di personale, senza il quale non può essere garantita la sicurezza e di conseguenza le attività sono bloccate.

In questi momenti forti e, in generale, in questi periodi più difficili come l’estate, c’è una maggiore richiesta di momenti di spiritualità da parte dei detenuti?

Il detenuto, nel vivere il suo dramma ha un risveglio spirituale, perché nel suo cammino si rende conto che l’unica certezza è Dio, il Vangelo che dona speranza e una parola che non giudica, che fascia le ferite, che educa.

E Maria, che festeggiamo il 15 agosto come Assunta in Cielo, è vista come la mamma che dona speranza perché ci indica la strada verso Gesù?

In tutti i nostri penitenziari, nelle nostre cappelle, c’è un’immagine o una statua della Madonna, che si venera in particolare nel paese dove è situato il carcere.

Nel carcere c’è uno sguardo particolare verso Maria che accompagna la nostra umanità sofferente, i detenuti sentono la maternità di Maria come una presenza viva accanto a loro ed è fonte di consolazione nei momenti di disperazione.

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