Quei venti che soffiano

In Italia, per la prima volta ci siamo inabissati sotto il 50%: l'astensionismo l'ha fatta da padrone più che in altre nazioni, senza dimenticare che poteva essere ancora maggiore se non fossero state abbinate alle europee alcune consistenti fette di elezioni amministrative - da quella di un'importante regione come il Piemonte ai 3700 comuni - che hanno convogliato cittadini per cause ritenute più vicine. Ed è questo un problema: sentire l'Ue ancora lontana

L’orientamento degli elettori europei, peraltro già annunciato dai sondaggi, si è colto subito dai primi exit poll e poi dalle proiezioni con “forbici” molto affidabili. Non si può negare che soffiava e soffia un vento di destra un po’ in tutta l’Unione Europea; ma rimane un 50% di non votanti di cui non si può conoscere il pensiero, se non intuirlo o supporlo approssimativamente, assumendo che comunque non indica certo entusiasmo per la causa complessiva dell’Unione!
In Italia, per la prima volta ci siamo inabissati sotto il 50%: l’astensionismo l’ha fatta da padrone più che in altre nazioni, senza dimenticare che poteva essere ancora maggiore se non fossero state abbinate alle europee alcune consistenti fette di elezioni amministrative – da quella di un’importante regione come il Piemonte ai 3700 comuni – che hanno convogliato cittadini per cause ritenute più vicine. Ed è questo un problema: sentire l’UE ancora lontana, troppo lontana per interessarsene direttamente; mentre constatiamo tutti quanto essa tocchi la nostra vita quotidiana. Ma l’astensione, purtroppo, intacca da tempo significativamente anche altri livelli elettorali: anche quello delle amministrative, sì, e persino quello delle politiche. Il tarlo, infatti, sembra essere endemico alle nostre democrazie occidentali dove l’assuefazione alla libertà di scelta e a tutte le altre libertà fa dimenticare il compito di contribuirvi da parte di tutti, fino al rischio di perderle progressivamente. Ed ecco il vento di destra, che, almeno nella sua versione più estrema, purtroppo ringalluzzita in alcune frange d’Europa, sembra portare addirittura aria nuova (per quanto vecchia e stantia) in democrazie ormai stanche di democrazia, sventolando i segni di un potere che mira, in ultima analisi, a soffocarle. Singolare l’esultanza di alcune autocrazie, come quella russa che pure si propone da tempo di sradicare un ipotetico nazismo da Ucraina e dintorni, per il successo di fronde neonaziste (clamoroso quello registrato in Germania), convinte di poter speculare su una crisi democratica che farebbe sempre più il loro gioco. E’ pur vero che il Partito Popolare Europeo, baluardo di un sano europeismo, ha tenuto, anzi si ricandida alla guida del Parlamento di Strasburgo e di vari organismi comunitari. Ma le dimissioni del premier belga De Croo, la débacle di Scholz in Germania e soprattutto il crollo di Macron in Francia, costretto a tentare il rilancio con nuove elezioni, ci offrono un quadro di grande turbamento rispetto alle politiche europee fin qui portate avanti. Il governo più stabile risulta così quello italiano, con una Giorgia Meloni che guadagna punti e che può continuare a imporsi con sempre maggiore autorevolezza. In Italia prende punti anche il Pd di Schlein che diventa il più consistente gruppo parlamentare dei socialisti a Strasburgo. Non sfigura FI di Tajani che sfiora il 10% ed è l’unico in Italia a condividere la grande responsabilità e il peso del PPE di cui fa parte da sempre. Magra figura per la Lega di Salvini che ha dovuto ricorrere ad una stampella estranea (il generale Vannacci) per evitare una batosta clamorosa, sconfessato ormai perfino dal fondatore Bossi (e i governatori e il popolo del Nordest o del Nord quando si sveglieranno?). Evidente fallimento per il M5S di Conte che deve scordarsi la guida del campo largo di fronte a chi ha ormai preso …il largo rispetto al suo misero 10%. Verdi e Sinistra esultano per un risultato discreto dovuto alla scelta di una candidata di bandiera; ma la sinistra non sembra ancora capace di solida opposizione in Italia. Ben poco da dire su Renzi e Calenda che hanno deliberatamente sciupato il 7% dei voti andando avanti divisi. Tornando al vento di destra, fortuna vuole – è necessario rilevarlo – che ci sono quadranti diversi da cui può soffiare. Una destra “moderata”, come intendono essere i Conservatori di Meloni potrà dare una mano a costruire un’UE più prudente senza rinunciare ai suoi ideali, mentre sarà da stare in guardia da quella destra il cui scopo sembra sia solo svuotare l’UE dall’interno.

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