Dalla creazione di una piattaforma nazionale di monitoraggio delle prestazioni in capo ad Agenas (Agenzia nazionale per servizi sanitari regionali) per avere la fotografia delle liste d’attesa regione per regione, all’introduzione di un ispettorato di controllo e verifica presso il ministero della Salute; dal Cup unico regionale o interregionale con tutte le prestazioni offerte da pubblico e privato convenzionato, all’estensione dell’orario di visite ed esami anche alla sera e al fine settimana. Aumentato il tetto di spesa dal 10% al 15% per il personale sanitario, con la prospettiva di abolirlo dal 1° gennaio 2025. Prevista una riduzione del prelievo fiscale al 15% per gli straordinari degli operatori sanitari. Queste le principali misure per abbattere le liste d’attesa contenute nel decreto-legge con “misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie” varato il 4 giugno dal Consiglio dei ministri al quale si affiancherà un disegno di legge con “misure di garanzia sulle prestazioni sanitarie”.
“Anche se le misure sono contenute in due provvedimenti distinti, con modalità e tempi di approvazione diversi,
è stato finalmente riconosciuto il carattere d’urgenza della questione.
Un’attenzione che nessun governo precedente, di qualsiasi colore, ha mai avuto”. Non usa giri di parole Giovanni Leoni, chirurgo generale presso l’Ospedale Civile di Venezia e vicepresidente nazionale Fnomceo (Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri), al quale abbiamo chiesto di commentare “a caldo” le misure anti-liste d’attesa.
Positivo il giudizio sulla creazione della piattaforma nazionale di monitoraggio: “Finalmente si potrà avere un’analisi a livello nazionale delle prestazioni richieste e di quelle effettivamente eseguite. Ad oggi manca una fotografia complessiva della situazione. Del resto, i monitoraggi sono sempre stati un pallino di Domenico Mantoan (già direttore generale della sanità veneta, oggi direttore generale di Agenas, ndr) quando era in Veneto; oggi sta semplicemente trasferendo la sua organizzazione e il suo stile di lavoro a livello nazionale”. Bene anche “l’integrazione nei Cup delle prestazioni offerte dalle strutture pubbliche e private convenzionate”.
Ad allungare le liste d’attesa, spiega il vicepresidente della Fnomceo, sono soprattutto, nell’ordine, le richieste di visite oculistiche (in funzione dell’intervento di cataratta), cardiologiche, neurologiche, ortopediche dermatologiche, seguite dagli esami, per lo più radiologici o endoscopici, prescritti dagli specialisti. “Ormai siamo arrivati ad un out of pocket di 40 miliardi, ma la maggior parte delle persone – e tra questi gli esenti ticket per reddito o per patologia neoplastica, e gli invalidi civili – ha bisogno del Sistema sanitario nazionale.
Oggi 4 milioni e mezzo di italiani non si curano più: è urgente mettere mano alla situazione”.
Nello specifico, osserva Leoni, “sono state previste misure già in atto in alcune regioni: ad esempio in Veneto abbiamo da tempo sperimentato l’apertura degli ambulatori e delle radiologie il sabato o in orari fino alle 22; mi sembra che questo decreto-legge tenda a sistematizzare prassi già operative su alcuni territori, così come l’allargamento ai privati di una quota parte delle visite specialistiche di cui abbiamo parlato”. Il decreto-legge prevede anche l’apertura domenicale degli ambulatori: “Bisognerà leggere le relative linee applicative. Sarà su base volontaria? Oltre ai medici serviranno anche infermieri e tecnici radiologi, ma l’organico sarà sempre lo stesso. Vedremo se e in quale misura gli operatori intenderanno aderire”.
Il vicepresidente della Fnomceo promuove anche la riduzione del prelievo fiscale al 15% sugli straordinari legati alle liste d’attesa: “una leva per migliorare le retribuzioni dei medici”, così come “la possibilità di avere prestazioni gestite anche da liberi professionisti e da figure che hanno pacchetti di prestazioni aggiuntivi all’interno degli ospedali”.
Rimane, tuttavia, l’annoso problema della carenza di medici
il cui numero “è stato tagliato negli anni, insieme a quello dei posti letto negli ospedali. Rispetto a 5 anni fa, oggi mancano 10mila medici ospedalieri, e quelli rimasti – spiega -, prima di dedicare parte del proprio tempo alle visite per gli esterni, devono dividersi fra turni di servizio in reparto, ambulatori per gli interni, pronto soccorso, sale operatorie e attività di corsia”. “Per quanto poi riguarda gli specialisti ambulatoriali – circa 5mila – nonostante il loro contratto preveda la possibilità di lavorare in convenzione fino a 38 ore settimanali, affermano di vedersene riconosciute non più di 20”. Insomma, avverte Leoni,
“bisogna avere il coraggio di un maggiore impegno finanziario”.
Va in questa direzione il superamento del tetto di spesa per il personale promesso da Schillaci per il 1° gennaio 2025, insieme all’aumento del 15% contenuto nel decreto. “Mi sembra un fatto epocale perché finalmente si infrange un muro eretto nel 2004 e mantenuto fino ad oggi da tutti i governi, indipendentemente dal loro colore politico.
Finalmente si capisce che senza puntare sulla valorizzazione dei professionisti della salute il problema delle liste d’attesa non si risolve”.
Leoni intravede nel decreto “l’impegno del ministro Schillaci anche nei confronti del ministro dell’Economia Giorgetti. Come ministro della Salute, e come rettore di Tor Vergata fino a poco fa, Schillaci conosce perfettamente la situazione; bisognerà vedere in quale misura il ministero dell’Economia accoglierà le sue richieste, con il placet del presidente del Consiglio. In ogni caso, la sanità è finalmente diventata oggetto di discussione a livello governativo”.
Sull’istituzione di un ispettorato di controllo e verifica presso il ministero della Salute, Leoni afferma: “In questo momento storico una regia centrale più forte può certamente essere utile per diminuire le disuguaglianze di salute tra le regioni d’Italia. Ci sono troppe differenze tra regione e regione; conosco bene la mia ma in questo periodo ho toccato con mano anche la sanità di altre. Il diritto alla tutela della salute deve invece essere garantito a tutti i cittadini – compresi quelli del sud e delle isole – nello stesso modo e negli stessi termini.
Il vicepresidente della Fnomceo manifesta infine preoccupazione per l’autonomia differenziata che
“rischierebbe di penalizzare ulteriormente regioni che già lo sono, e di far venire meno il senso di solidarietà naturale tra chi ha avuto di più e chi ha avuto di meno.
Non dimentichiamo – conclude – che la sanità di eccellenza nel nord si regge anche su molti medici e infermieri ‘emigrati’ dal sud perché al nord hanno trovato una migliore organizzazione per esprimere le proprie potenzialità”.