“Sulla salute nessun azzardo”. È il titolo dell’incontro, organizzato, mercoledì 5 giugno, dalla campagna “Mettiamoci in gioco” e dalla Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, per “fare il punto sull’evoluzione del gioco d’azzardo in Italia e avanzare una serie di proposte di gestione del settore, rivolte prima di tutto alla politica, che intendono garantire la dignità e la tutela della salute delle persone, in particolare di quelle più fragili, dinanzi alla pervasività e nocività dell’offerta di azzardo nel nostro Paese”. Sono intervenuti Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, Fabio Vando, segretario generale della Fondazione Salus Populi Romani, Filippo Torrigiani, consulente della Commissione parlamentare antimafia, don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, Marzio Govoni, presidente di Federconsumatori Modena, don Armando Zappolini, portavoce della campagna “Mettiamoci in gioco”. Conclusioni e prospettive sono state offerte dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana. A don Armando Zappolini, che è anche direttore della Caritas diocesana di San Miniato, chiediamo quali sono le proposte di “Mettiamoci in gioco” e Consulta nazionale antiusura per una riforma dell’azzardo in Italia.
Don Armando, qual è la situazione oggi in Italia?
Siamo fortemente preoccupati perché stiamo assistendo all’esplosione della raccolta di azzardo: si arrivano a sfiorare i 150 miliardi di raccolta, un dato fuori ogni misura, più di tutta la spesa sanitaria, che ci dice quanto il fenomeno sia pesante e presente nella vita delle persone. Sia la campagna “Mettiamoci in gioco” sia la Consulta nazionale antiusura si avvicinano a questo problema confrontandosi con il dramma delle persone che incontrano con dipendenza patologica, che finiscono nel vortice dei debiti e dell’usura.
C’è ormai la colpevole ignoranza di questo fenomeno,
non si può pensare che non ci si renda conto della gravità davanti a questi numeri. Io sono parroco in un comune di 16mila abitanti, Ponsacco (in provincia di Pisa e diocesi di San Miniato), nel quale l’anno scorso sono stato raccolti più di 35 milioni di euro, 2.400 euro a persona, neonati compresi, eppure si tratta di un luogo di artigiani, famiglie, non ci sono occasioni di casinò, è un fenomeno che non si può più sottovalutare, anzi è colpevole sottovalutare. Ecco perché abbiamo messo in campo questo percorso che coinvolge la Conferenza episcopale, il cardinale presidente è vicino a questi temi in modo attento da sempre, ma anche tutta la realtà laica, dai sindacati alle grandi reti associative, perché bisogna alzare il livello di attenzione su questo tema.
Il fenomeno è esteso in tutta Italia?
Sto girando tanto in Italia, non ho trovato un comune dove il bilancio corrente sia superiore a quanto in quel territorio si raccoglie con l’azzardo, ci sono punte di eccesso in alcune regioni d’Italia, nel Sud ad esempio: dove c’è più precarietà è più facile essere attratti da questa sirena con l’illusione di mettersi a posto la vita con un po’ di fortuna. È stato presentato anche il Libro nero dell’azzardo di Federconsumatori dove si parla di eccessi in alcuni territori davvero sconvolgenti. Inoltre c’è la piaga delle giocate on line, un mercato in espansione.
Cosa si sta facendo per mettere un freno al fenomeno?
Purtroppo, con quel che si sta facendo si favorisce soprattutto la raccolta di denaro, i guadagni che questo comporta, non c’è nessun interesse per la salute delle persone, eppure sono in ballo valori costituzionali.
Mi domando come la politica può concepire qualcosa che produce ricchezza anche privata sulla pelle gente in una democrazia.
Quali sono le vostre proposte per una riforma del settore?
La nostra richiesta madre è una legge quadro del settore che abbia come priorità la salute dei cittadini, che non può essere mai sacrificata al profitto dei privati o all’esigenza di far cassa da parte dello Stato,
oggi c’è un sistema non regolamentato se non per le esigenze di quantità di denaro da raccogliere.
Quali altre richieste?
La seconda richiesta è difendere il divieto di pubblicità del gioco d’azzardo,
un divieto che è stato inserito nel decreto Dignità, ma che in parte è scavalcato perché molte delle grandi società private che fanno business sull’azzardo hanno creato news di informazione dove – con la scusa di dare informazioni sportive di vari eventi – in realtà rendono note le percentuali di scommesse e di vincite per invogliare a giocare, è una pubblicità mascherata. Noi vogliamo che questo aggiramento del divieto sia bloccato e si torni al divieto com’è previsto dal decreto Dignità. La pubblicità è lo strumento con il quale specialmente le persone con condizioni più precarie economicamente sono attratte dall’idea che con pochi soldi si risolvono i problemi. Nel gioco on line soprattutto la vincita, il ritorno di denaro supera anche il 90% e quindi c’è la sensazione di perdere poco, ma se si perde poco moltissime volte poi si perde molto.
Spesso, anche il modo di riferirsi al fenomeno può essere ingannevole…
Esattamente. Come realtà che si spendono a livello sociale sul territorio, vogliamo denunciare l’uso di espressioni che nascondono la realtà dell’azzardo: l’azzardo non si deve chiamare gioco o ludopatia, anche parlare di gioco con vincita di denaro e di gioco responsabile è un addolcimento di un messaggio che non fa capire la gravità che l’azzardo comporta e che i numeri ci hanno espresso.
Preoccupa anche la proposta di compartecipazione delle Regioni e degli Enti locali al gettito fiscale in ragione del volume dei giochi d’azzardo praticati sui rispettivi territori…
La quarta richiesta riguarda proprio il fatto che siamo fortemente critici della scelta delle Regioni e degli Enti locali di compartecipare al gettito di macchinette e slot perché in questo modo si rischia di togliere parola a quelle realtà istituzionali più vicine alla gente che sempre hanno difeso la salute dei propri cittadini. Dare ai Comuni e alle Regioni una fetta dei soldi è un modo per chiudere loro la bocca e indebolire la loro azione.
Quali sono i motivi per cui si fa fatica a comprendere il fenomeno?
I dati sulla diffusione del gioco d’azzardo sono secretati: se si sapessero facilmente, subito tutti avrebbero idea della gravità del fenomeno e del problema conseguente, quindi il ministero delle Finanze ha tutto l’interesse che questi dati non siano trasparenti né usabili. Quindi, un’altra nostra richiesta importantissima è
garantire l’accesso ai dati sulla diffusione del gioco d’azzardo,
da parte di Comuni, associazioni, realtà territoriali.
Nella riforma è a rischio anche l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave…
Infatti, l’ultima nostra richiesta è
salvare l’Osservatorio sul gioco d’azzardo.
Il fatto che la riforma abbia come finalità solo il guadagno dei soldi si rappresenta bene nel fatto che si voglia abolire l’Osservatorio presso il ministero della Salute, una conquista ottenuta da tutte le nostre reti, perché potessimo monitorare gli effetti di salute sul gioco d’azzardo. Al posto dell’Osservatorio si vuole dar vita a una fantomatica Consulta presso il ministero dell’Economia della quale farebbero parte anche tutte le società che fanno guadagno sull’azzardo. Quel presidio al ministero della Salute è importante perché c’è una sorveglianza almeno sugli aspetti più gravi. Noi chiediamo di restituire all’Osservatorio la sua centralità e di non portare avanti la Consulta che tiene dentro solo le realtà che hanno interesse a fare i soldi con l’azzardo.
Chi sono i maggiori giocatori d’azzardo?
Dai dati dell’Istituto superiore di sanità e dal Cnr viene fuori che la maggior parte dei soldi raccolti – i 150 miliardi di euro – non vengono dai giocatori sociali, che sono la maggior parte, ma dai 5 milioni di persone che hanno problemi, che sono abitudinari e compulsivi, sono loro che spendono tanto. Quei soldi raccolti hanno il sangue sopra della gente, non si può far finta di niente, non sono soldi raccolti dalla tassa sull’ombrellone al mare o dal pedaggio dell’autostrada, questi sono soldi che parlano di gente rovinata, gente che poi viene alla Caritas, ai Sert, alle comunità terapeutiche, ai servizi sociali dei Comuni, schiacciata da debiti, anche con casi purtroppo di suicidio, famiglie che vanno a pezzi. Non si può essere indifferenti davanti a una realtà così, il silenzio davvero diventa colpevole. In questa battaglia per la vita sentiamo la vicinanza del card. Zuppi, sentiamo l’impegno di tante forze sociali del Paese, delle grandi associazioni, dei sindacati, perché se non si apre dal basso una mobilitazione l’azzardo produrrà solo guai e sofferenze, i numeri stanno esplodendo in modo impensabile.
Pensa sia possibile un’interlocuzione con il governo per un ripensamento sulla riforma?
Abbiamo chiesto finora attraverso vari canali e non abbiamo ancora avuto risposta. Un segnale positivo è che in Parlamento sta ripartendo un intergruppo di parlamentari di appartenenze diverse che hanno a cuore il problema. Quindi ricominceremo con un’interlocuzione che parte da loro. Poi speriamo che la pressione che stiamo facendo con il convegno e tante altre iniziative in tutto il Paese ci porti a essere considerati degni di ascolto. Noi siamo molto “ostinati” a combattere il fenomeno, c’è un mondo molto attivo sui territori che dà risposte concrete, come le parrocchie, le Caritas e le Fondazioni antiusura. Ci sono molti sportelli di ascolto per intercettare persone che hanno problemi ma non ancora la consapevolezza di chiedere aiuto ai servizi sanitari. Ci sono tante realtà che si danno da fare ma non possiamo essere soli ad affrontare le conseguenze del fenomeno senza denunciare le cause, altrimenti siamo dei don Chisciotte.