Abusi su minori: la Chiesa conferma di essere dalla parte dei più piccoli

Una botola che immette in uno scenario spaventoso, non solo per la crudeltà dei reati, ma perché a soffrire sono i bambini, a volte, persino i neonati. Il tema degli abusi sui minori necessita di attenzione da parte di ogni attore della società: ciascuno infatti può avere davanti agli occhi i segnali che permettono di salvare le vittime. Sui passi compiuti nella lotta alla piaga, si è parlato a Roma, al convegno “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano (2001-2021)”, promosso dalla Conferenza episcopale italiana e dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

Foto Calvarese/SIR

Una botola che immette in uno scenario spaventoso, non solo per la crudeltà dei reati, ma perché a soffrire sono i bambini, a volte, persino i neonati. Il tema degli abusi sui minori necessita di attenzione da parte di ogni attore della società: ciascuno infatti può avere davanti agli occhi i segnali che permettono di salvare le vittime. Sui passi compiuti nella lotta alla piaga, si è parlato a Roma, al convegno “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano (2001-2021)”, promosso dalla Conferenza episcopale italiana e dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.
I numeri sono impressionanti: nel mondo, secondo l’indagine Childlight, pubblicata dall’Università di Edimburgo a maggio di quest’anno, sono 300 milioni i bambini vittime di abusi sessuali online e di sfruttamento. In particolare, un bambino su otto a livello globale è stato vittima di acquisizione, condivisione di immagini e video di natura sessuale negli ultimi dodici mesi.
Di fronte a questo scenario, la Chiesa non si volta dall’altra parte. Nel 2019 la Cei ha pubblicato delle linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Da allora, sono stati aperti centri di ascolto e attivati i servizi diocesani. “Ci siamo impegnati a cercare il bene dei piccoli, in un clima di dialogo e stima verso tutti i soggetti vivi della società civile”, spiega monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei. “La persona – sottolinea – è libera di rivolgersi alla Chiesa e allo Stato o solo alla Chiesa o allo Stato. Nelle linee guida abbiamo scritto che c’è un impegno nostro a segnalare, una volta fatte le prime indagini, per dialogare con l’autorità giudiziaria. Quando c’è l’evidenza di un pericolo imminente lo facciamo senz’altro”. “Se l’indagine previa – aggiunge – verifica la fondatezza dell’accusa, c’è un dovere morale di riferirci all’autorità giudiziaria, tranne che non ci siano evidenti ragioni per cui una persona adulta si opponga a questo. Se invece, constatiamo che vi è un pericolo imminente o una situazione in corso, nelle linee guida, ci siamo impegnati a ricorrere all’autorità giudiziaria per segnalare il caso”. Il segretario della Cei sottolinea inoltre che lo sforzo della Chiesa è orientato all’emersione degli abusi attraverso “un clima di fiducia”, una fiducia che “dipende dalla diffusione – precisa – di una cultura che ci stiamo impegnando a fare, creando luoghi di emersione tramite incontri e seminari”.
A sottolineare il ruolo della Chiesa nel percorso culturale e sociale del nostro Paese contro il genere di delitti, è Ketty Vaccaro, responsabile del settore salute e welfare del Censis. In base ai dati Istat, in Italia nel 2022, i minori vittime sono stati 5mila, di cui 2500 per reati sessuali, cresciuti del 23% rispetto alla rilevazione del 2007. “Sono comunque numeri piccoli – critica Vaccaro – rispetto all’entità del fenomeno”. C’è poi una specificità di genere che si riscontra nei reati sessuali perché l’83% delle vittime è di sesso femminile. Al contrario, le vittime con meno di 14 anni sono soprattutto i maschi mentre, sopra i 14 anni, la quota femminile è più alta. “Ciò segnala – commenta Vaccaro – che dal punto di vista sociologico l’oggettivazione dei bambini maschi è più forte sotto questa soglia”.
Negli ultimi anni, l’esplosione della diffusione di internet ha prodotto delle conseguenze; nel 2022 secondo l’Istat, la quota degli utenti dai 6 anni in su è del 78,5%. “Questo – suggerisce l’esperta – è un elemento sentinella che deve farci allarmare, è chiaro che sono più esposti a tutti i rischi”.
Anche nello sport, il fenomeno è rilevante e si è iniziato a prendere provvedimenti per permettere alle vittime di denunciare. Ciò che emerge però è solo la punta dell’iceberg. “Nel 2021 – rammenta l’avvocato Fabrizio Cacace – il legislatore ha imposto il certificato penale per coloro che entrano in contatto con i minori nel mondo dello sport. Nel 2018, il fenomeno era in aumento, stessa cosa nel 2019. Nel 2020 e 2021 sono diminuiti i casi grazie alla mancanza di contatti per colpa del Covid-19, ma nel 2022 il numero è salito del 122% e nel 2023 dell’80%. Il primo sport ad avere più segnalazioni, è la scherma, seguito dagli sport equestri. Quando ho cominciato a interessarmi del problema, come procuratore federale, ho cominciato a vedere, ascoltando le vittime. Il problema più serio deriva dalla comunità che non vede o non vuole vedere. La prevalenza degli abusi – rileva – avviene negli sport agonistici perché danno maggiore possibilità di isolamento”.
A descrivere l’azione svolta dalla Chiesa è poi monsignor Luis Manuel Ali Herrera, neo segretario Pontificia Commissione tutela minori. “Voglio sottolineare – afferma – l’importanza di continuare a lavorare insieme. Insieme possiamo promuovere ulteriormente la cultura della tutela in tutto il territorio, in modo che le vittime possano riacquistare la fiducia perduta e sentirsi libere di denunciare quanto loro accaduto senza la paura di non essere ascoltati”.
Un’altra testimonianza è portata da monsignor John Joseph Kennedy, segretario della sezione disciplinare del Dicastero per la dottrina della fede. “I nostri casi – spiega, a proposito dell’attività svolta nella sezione – appartengono alla condizione e alla fragilità umana. Per me, ogni caso è urgente e la nostra sfida è di iniziare bene ogni caso e concluderlo in breve tempo. Ho provato in questi anni a capire che cosa spinge una persona a compiere questi delitti e non sono ancora arrivato ad una risposta adeguata. Il nostro lavoro è di aiutare il Santo Padre nella sua missione universale e di essere uno strumento nelle sue mani”.
Dal punto di vista di chi svolge le indagini sui reati, arriva l’invito a far crescere la consapevolezza nell’opinione pubblica riguardo agli abusi. Solo nel 2023, il Centro nazionale per contrasto alla pedopornografia online della Polizia di Stato ha trattato 2702 casi, indagato 1239 persone, condotto 927 perquisizioni e messo in black list 2739 siti. “I numeri – osserva Barbara Strappato, dirigente della Polizia postale – ci dicono che si denuncia di più rispetto a prima e che l’attività di repressione funziona e che gli autori dei reati sono più giovani (meno di 50 anni) e vittime sempre più giovani”. Ai genitori, in particolare, la dirigente della Polizia postale chiede di non pubblicare filmati e foto dei minori sui social che potrebbero essere modificate dall’intelligenza artificiale per altri scopi illeciti e di evitare l’accesso ai social prima dei 14 anni, così come stabilito dalle norme.
Da pioniere della lotta alla pedopornografia on line, don Fortunato Di Noto, fondatore della associazione Meter nata 33 anni fa, lancia la necessità di rivedere i sistemi di contrasto. “Le società di informatica potrebbero fornire alle forze di polizia l’individuazione dei soggetti che divulgano i contenuti pedopornografici, così come potrebbero individuare i bambini vittime”. La sfida alla pedopornografia “non è un gioco”, sottolinea ancora. “Solo in Europa abbiamo 19 milioni di abusi. Se lo dice un prete, viene criticato, sebbene i numeri siano quelli. C’è una diffusa diffidenza sociale. Per tutta la mia vita ho denunciato anche i preti che si sono macchiati di questi reati. Evidentemente bisogna creare una coscienza collettiva perché, ancora oggi, di fronte a questi numeri, c’è qualcuno che fa negazionismo”.
Al termine del convegno, Chiara Griffini, psicologa forense, neo presidente del Servizio Nazionale per la tutela dei minori della Cei, ha presentato una ricerca, che partirà a breve e terminerà a fine 2015, per conoscere, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, i crimini, le vittime e la reazione della Chiesa ai casi.

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