Bullismo e cyberbullismo. Tonioni: “Intensificati dall’estrema visibilità dei media digitali”

Approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati la proposta di legge per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo. Il testo modifica significativamente alcuni articoli delle Legge 71 del 2017. Al suo interno una più specifica definizione del reato di bullismo. Prevista l'adozione da parte di ogni scuola di un codice di prevenzione e di un servizio psicologico. Ne abbiamo parlato con il prof. Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta

Foto Siciliani-Gennari/SIR

Lo scorso 15 maggio la Camera dei deputati all’unanimità ha approvato alla proposta di legge per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo. Il testo, che modifica significativamente alcuni articoli delle Legge 71 del 2017, sarà presto legge. Al suo interno, una più specifica definizione del reato di bullismo ma anche l’adozione, da parte di ogni scuola, di un codice di prevenzione e di un servizio psicologico. In sostanza, si attribuisce all’istituzione scolastica un ruolo più significativo nella gestione di questo fenomeno. Si punta di più alle misure preventive e di recupero. Il disegno di legge istituisce anche la “Giornata del rispetto” il 20 gennaio, giorno della nascita di Willy Monteiro Duarte, giovane ucciso a calci e pugni a Colleferro nel 2020. Ne parliamo con il prof. Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, nonché ricercatore dell’Istituto di psichiatria e psicologia nella facoltà di medicina dell’Università cattolica del sacro cuore.

Il Parlamento cerca di rendere più efficace la legge sulla prevenzione e contrasto al bullismo e cyberbullismo a cominciare dalla definizione stessa del fenomeno. Cosa ne pensa?
Negli ultimi anni il concetto di “bullismo” ha subito una profonda evoluzione, attribuibile soprattutto alla pervasività della comunicazione digitale, che ha trasformato le relazioni tra i ragazzi e anche tra gli adulti. Il modo di pensare e di comunicare sono cambiati e stanno cambiando, condizionando fortemente soprattutto le menti più plasmabili. Nelle relazioni odierne il corpo è spesso assente e si crea un vuoto dove impulsi e aggressività non trovano un limite. Oggi è difficile persino tracciare il confine tra bullismo e cyberbullismo, le azioni interessano entrambe le sfere contemporaneamente. Questa permeabilità ha amplificato l’esperienza della “vergogna”. Una brutta figura in rete può diventare virale, è purtroppo intensificata dalla estrema visibilità che i media digitali consentono. Si squarcia così il velo dell’identità dell’individuo, che può arrivare persino a meditare il suicidio.

Qual è, secondo lei, la misura di prevenzione più efficace per il bullismo?
Bisogna investire sull’autostima dei giovani. In questo i genitori hanno una grande responsabilità. L’autostima non nasce dai bei voti a scuola o dalle perfomance sportive, ma dall’accoglienza e dall’affetto vissuto in famiglia. I casi più gravi di bullismo sono quelli in cui i ragazzi non riescono a comunicare con i genitori, perché rappresentano l’interlocutore più severo e giudicante. Un buon genitore deve essere presente e aperto al dialogo e all’accoglienza, il “primo bullo” è proprio il genitore assente. Si può essere presenti fisicamente e al contempo “assentarsi” dal bisogno di tenerezza dei propri figli. Anche caricare i bambini di troppe aspettative, o proiettare su di essi ambizioni personali, è “bullizzante”. Si svaluta il diritto a non riuscire.

Cosa pensa delle responsabilità che la legge attribuisce alla scuola?
Incrementare l’attenzione a scuola su bulli e vittime è una iniziativa positiva, come pure pensare a misure di recupero e di “cura” del disagio, ma queste misure non avranno efficacia senza una trasformazione radicale del sistema scolastico che in Italia resta ancorato a modelli obsoleti. Di digitale le nostre scuole hanno ben poco, basti pensare ai pesantissimi zaini degli alunni che pian piano diventano trolley. Il sistema trasmissivo del sapere non è adeguato alla forma mentis dei nostri giovani, che hanno una capacità di pensare diversa dalla nostra, in un certo senso potenziata, e molto critica. Il nozionismo è ancora e inutilmente diffuso. In terapia la scuola è descritta dagli adolescenti come la prova più temibile, raccontano di essere oberati di compiti e di non venire ascoltati, soffrono d’ansia. Anche noi adulti “bullizziamo” i nostri ragazzi quando chiediamo loro la perfomance a tutti i costi, o non percepiamo la responsabilità del tipo di mondo che lasciamo in eredità. Molto spesso alla base dei disturbi dell’attenzione c’è una profonda angoscia. La scuola deve essere coinvolgente e diffondere crescita e benessere per disinnescare qualsiasi forma di aggressività.

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