Madri per sempre

La figura materna - e mariana - ha affascinato poeti, artisti e persone comuni di tutti i secoli

(Foto Siciliani - Cristian Gennari/SIR)

Un sentimento apparentemente scontato. E in realtà talmente profondo da emergere nei millenni sempre con nuove parole. A riprova che le parole non hanno una sequenza stabilita, finita e matematizzabile. Le nostre, ad esempio. I ricordi struggenti di tempi che non torneranno. Anche se qualcuno ci ha rassicurato con una poesia che viene dai sotterranei più riposti della coscienza e dal cielo dell’amore materno: E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
La madre di Giuseppe Ungaretti, in “Sentimento del tempo”, è tutta in questi iniziali quattro versi: alla scomparsa della mamma, quella figura diviene qualcosa che ha molto a che fare con uno dei “nuovi” modelli del poeta, la Beatrice che prende Dante alla fine del suo cammino nei regni dell’oltre e lo accompagna al cospetto del Signore. Una madre che prende per mano, come un tempo, il figlio per presentarlo al Creatore. Come la ricordiamo tutti noi, anche quelli che hanno avuto una mamma non biologica che si è presa amorevole cura di chi non aveva nulla di fronte a sé.
La madre come guida, dunque, nel verde paradiso dei giardini d’infanzia, come aveva già anticipato Baudelaire, e poi volata in cielo in attesa dell’anima del figliolo, per presentarla e intercedere per lui a un Dio che ha scelto una madre terrena, come lo stesso Dante nel Paradiso aveva ricordato.

Una guida che non se ne è andata per sempre.

Ci capita spesso di sentirla viva non solo guardando vecchie foto e pregando. Avevano ragione Bergson e Proust: gli affetti continuano a vivere dentro, sono parte di noi.
Ed è un perpetuo giro di affetti e arrivederci, come nel caso dell’“animula” della Vergine di alcuni testi apocrifi, che ha dato alla luce il Figlio, ma che, al momento del suo transito terreno, viene presa a sua volta nella mano da Gesù, che la consegna come una bimba all’angelo perché la rechi con sé nella casa del Padre. Una circolarità affascinante, che nel giorno della festa della mamma ci dice quanto sia profonda l’attenzione della fede, della letteratura e dell’arte per la figura materna.La figura della madre diviene immagine di qualcosa che va oltre la quotidianità e la prevedibilità, affondando le sue radici nel sacrificio estremo. Una figura ancora una volta mariana: colei che accompagna il Figlio in ogni luogo, compreso quello del sacrificio.
Un personaggio de “I Miserabili” di Victor Hugo che rimane nella coscienza profonda del lettore è Fantine, madre giovanissima e abbandonata dal padre della bimba, costretta ad ogni umiliazione, dal sacrificio dei capelli e perfino dei denti fino al commercio del proprio corpo, pur di mantenere Cosette, che non può tenere con sé e deve affidare ad una famiglia di approfittatori.
Fantine è davvero una sorta di laica, terrena madre che accetta di attraversare ogni terra pur di salvare la propria creatura, a costo della sua vita stessa. È l’incarnazione dello spirito della madre non in una realtà comoda e rassicurante, ma nei bassifondi della Parigi ottocentesca: uno spirito che oggi festeggiamo, a patto di ricordarci però di quante mamme sono oggi tra le macerie a cercare i propri figli o esse stesse sotto quelle macerie nel disperato tentativo di fare da scudo a giovani e innocenti vite. Quando festeggiamo la festa delle mamme ricordiamoci di loro.

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