Giustizia e pace si baceranno è il tema dell’Arena 2024 che si svolgerà a Verona il 18 maggio prossimo. Cosa vuol dire per il sindaco Damiano Tommasi questo tema e come si può declinare nell’amministrare una città? “L’obiettivo dell’Arena di Pace – risponde Tommasi, intervistato nel nuovo numero di Popoli e Missione – è di mettere sullo stesso piano e in dialogo giustizia e pace. Il tema della pace è sentito e non può prescindere da quello della giustizia. Dal punto di vista di una città deve essere l’obiettivo dell’amministrazione: chi ne ha il governo deve lavorare per ridurre le distanze, le differenze, e dare a tutti le stesse opportunità. Solo una giustizia sociale può portare pace in una comunità e credo che debba essere una costruzione dal basso. La pace si può reggere in maniera stabile solo se poggia su fondamenta di giustizia. Purtroppo non tutti abbiamo la stessa visione di giustizia e spesso è questo che genera il conflitto, che non fa arrivare alla convivenza pacifica”.
Cosa significa questo appuntamento per Verona? Quali frutti vi aspettate da questo evento?
Arena di Pace è indubbiamente una grande opportunità che ci dà il Santo Padre con la sua visita. È anche una responsabilità che il Papa sembra quasi affidarci, una responsabilità di dialogo per questa città “crocevia di culture e di popoli” come lui stesso l’ha definita. Credo che Verona abbia l’occasione di prendersi questo compito per la sua storia e per la sua esperienza: pensiamo alle tante persone che da Verona sono partite per costruire la pace e il dialogo. Credo che Arena 2024 rappresenti un momento particolarmente significativo proprio per questo, e mi auguro lo sia davvero: una conferma, un sigillo sulla nostra città come luogo di dialogo e di incontro. Verona è all’incrocio di vie di comunicazione frequentate non solo da persone ma anche da merci, da interessi, da culture e proprio per questo possiamo e dobbiamo prenderci questa responsabilità di mettere attorno ad un tavolo le varie culture, i vari punti di vista e farci carico di questo ruolo.
Lei è esperto nel “fare squadra” e non perde occasione di citare don Milani: cosa vuol dire “fare squadra” attorno al tema della pace e come costruiva pace il priore di Barbiana?
Fare squadra vuol dire avere la consapevolezza dell’unico pallone – se vogliamo proseguire con la metafora –, perché se il pallone è condiviso, ed è uno solo, è più facile per tutti mettersi a disposizione dell’obiettivo che deve essere comune e prioritario rispetto agli interessi individuali. Credo che l’esperienza di Barbiana abbia avuto proprio questo significato: l’obiettivo principale era rendere i ragazzi consapevoli della loro unicità, sviluppare in loro un pensiero critico e dare a loro strumenti per essere parte di una comunità che deve trovare degli obiettivi comuni. Credo che questo sia l’auspicio che ogni sindaco, amministratore o amministratrice, vorrebbe per la propria città o per la propria comunità: condividere con gioia la responsabilità con chi abita la città stessa. Questo renderebbe meno complicato portarne il peso, meno difficoltoso raggiungere l’obiettivo.
Le “Arene” sono da sempre un evento promosso dal mondo missionario italiano che, vivendo nei vari Sud del mondo tra e con la gente sfruttata, spesso per primi colgono la necessità di riportare nella società civile italiana il bisogno di riflettere su alcune tematiche. Lei che rapporto ha con il mondo missionario, come lo vede?
È una delle grandi eccellenze di Verona! Abbiamo avuto la fortuna di aver visto nascere nella nostra città esperienze straordinarie di missione che hanno portato, in passato, e portano ancora oggi in giro per il mondo messaggi di pace e di condivisione. Anche questa ricchezza ci consente di poter essere voci pensanti e credibili su questo tema. Questa apertura al mondo cozza contro una narrazione della città che purtroppo non ci ha visto raccontati nel modo corretto: la sostanza è quella delle Arene, dei tanti movimenti, dei tantissimi volontari e volontarie che costruiscono giorno dopo giorno credibilità nell’essere messaggeri di pace. E questo credo che ci debba riempire di orgoglio e, da amministratore pro tempore, anche di responsabilità perché dobbiamo mantenere alta questa attenzione. Dobbiamo valorizzare queste nostre peculiarità, perché ci sono. Probabilmente sono poco raccontate, ma credo che invece siano la concretezza della nostra città. Per questo penso che Arena di Pace, e lo dico con soddisfazione, sia un evento nel posto giusto e nella città giusta.
Quale augurio fa alla città e a Papa Francesco in vista di Arena di pace?
Mi auguro che la sua presenza sia per noi uno spunto ad essere ancora di più città del dialogo e della riflessione, dove costruire giorno dopo giorno un pensiero di pace, un pensiero internazionale, un pensiero europeo di accoglienza. Mi auguro che noi come città possiamo accoglierlo con tutte le energie che abbiamo e, soprattutto, con l’esperienza che abbiamo di secoli di apertura verso il mondo. Mi auguro, poi, come ho detto, che possiamo farci carico del dialogo: mettere attorno al tavolo tutte le diversità è importante, perché solo così si può costruire la pace e, in questo momento storico, ne abbiamo molto bisogno.
*redazione Popoli e Missione