Si terranno oggi pomeriggio a Sinagra in provincia di Messina, i funerali, il primo, di Vincenzo Franchina, uno dei tecnici di 36 anni morto con altri colleghi nell’esplosione della centrale idroelettrica di Suviana, una frazione di Castel di Casio in provincia di Bologna nell’Appennino bolognese. Non si rammentano tragedie simili in Italia, sia per la quantità di vite perse (sette vittime) sia per la tipologia di sito interessato. L’incidente alla centrale idroelettrica di Bargi, quasi interamente sotterranea, viene iscritto nelle cronache degli ultimi anni per la drammaticità delle conseguenze che ha generato ma anche per la particolarità dei motivi scatenanti. A causare il crollo e i danni al sito non dovrebbe esser stata un’esplosione secondo Francesco Ballio, professore ordinario di Idraulica al Politecnico di Milano, bensì un difetto meccanico, “probabilmente all’alternatore”. Al Sir, il docente cerca di rimettere in linea gli elementi che finora si conoscono in attesa delle indagini dei tecnici e della magistratura: “è probabile – dice – che l’alternatore abbia iniziato a ruotare in maniera scorretta. Il fatto potrebbe aver generato un cortocircuito e quindi l’esplosione. È una catena di eventi che ha un senso”.
Professore, sappiamo che prima dell’incidente si fosse sentito un cattivo odore nell’area e poi un forte rumore. Cosa fanno dedurre questi due elementi?
Il rumore anomalo fa pensare a un mal funzionamento, probabilmente dell’alternatore. Un superstite ha pensato che fosse un difetto di uno dei cuscinetti che permette di far ruotare in maniera fluida l’alternatore ed ha ipotizzato che si fosse danneggiato. A quel punto, è probabile che l’alternatore abbia iniziato a ruotare in maniera scorretta. Il fatto potrebbe aver generato un cortocircuito e quindi l’esplosione. È una catena di eventi che ha un senso. Sull’odore, è possibile che sia stato causato dall’olio surriscaldato per il mal funzionamento. Non è un sito dove di solito si sentono cattivi odori perché non c’è combustione.
Lei crede sia stato un errore meccanico, perché?
All’inizio sapevamo ci fosse stata un’esplosione e poi un incendio. Quindi si è pensato che ci sia stato un cortocircuito forse all’alternatore. Quale fosse la causa scatenante dell’esplosione non si sapeva, non avevamo elementi, se non il fatto che si sia allagato tutto. La testimonianza del tecnico che è riuscito a scappare racconta di aver sentito un grosso rumore e poi un’esplosione, cosa che ci fa pensare a un malfunzionamento meccanico della turbina o dell’alternatore.
In siti come quello di Bargi non esistono sistemi di sicurezza, come ad esempio, camere di compensazione in caso di danni o incendi?
In una centrale esterna non ci sono camere. Una centrale a pozzo come quella di Bargi è simile a una miniera: ci sono vie di fuga ma non ambienti particolari per allagamento o incendi. Nessuno si ricorda di casi del genere, solo in Europa si rammenta un caso in Russia nel 2009 di cui però sappiamo pochissimo.
Siti come la centrale di Bargi non sono adibiti alle manovre da parte degli operai?
In genere sono telecontrollati. Anche molte dighe sono così.
La “scatola nera” è stata recuperata, cosa ci potrà dire?
Proprio perché non abbiamo una storia di eventi del genere, immagino che nella scatola nera ci siano i principali segnali che controllano il sistema. Dovremmo essere in grado di ricostruire quello che la sala di controllo normalmente vede di questi impianti sia nella parte elettrica sia della parte idraulica.
La sala di controllo lontana dal sito poteva vedere l’impianto?
Non sappiamo se fossero operativi perché c’erano già gli operai della squadra di collaudo in loco. In queste fasi, la sala di controllo non è operativa. Il vero collaudo è quando è tutto montato e sotto carico. Tra le centrali idroelettriche italiane quelle di Bargi è fra le dieci più grandi. Era una centrale importante, ferma da due anni per un riammodernamento, e strategica ma non ci saranno problemi perché la rete è interconnessa. L’elettricità viaggia molto, a differenza dell’acqua per la quale facciamo più fatica.