Blasfema? Anche! Ma più di ogni cosa, banale e scontata, brutta sul piano comunicativo e perdente! Ma si sa che oggi a far da padrone sono proprio le cose brutte!
Oggi, la bellezza ha perso la sua rilevanza, sostituita dalla ricerca della novità, dell’originalità spasmodica. Non abbiamo più il tempo di contemplare la bellezza ideale e armoniosa degli antichi, né desideriamo più la serena armonia. Ciò che cerchiamo è il pastiche, l’intenso, in una parola, lo shock. Il concetto di brutto, tuttavia, non è sinonimo né di modernità né di progresso. Il brutto è piuttosto sinonimo di crudeltà.
Quando parliamo del brutto, non ci riferiamo solo ad aspetti estetici, ma anche a comportamenti, azioni o situazioni che suscitano disgusto, sofferenza o violenza. La crudeltà, intesa come mancanza di compassione o rispetto per gli altri, può manifestarsi in molte forme, dalle azioni violente alle parole o alle immagini offensive. In questo senso, il brutto diventa un simbolo di tutto ciò che è distorto e disumano nell’essere umano e nel mondo che ci circonda. Attraverso questa prospettiva, il concetto di brutto va oltre l’aspetto esteriore e riflette la profondità della nostra natura e delle nostre interazioni con il mondo.
Il suono stesso, il “crunch”, sciorinato come ironia british, a noi rimbomba come una ferita. Il “crunch” della comunione, che è il suono del pane dell’Eucaristia spezzato, è un momento di profonda sacralità e significato spirituale per i credenti. Il “crunch” in questo contesto non è affatto ironico, ma piuttosto carico di senso spirituale, evocando un senso di sacralità che non può essere banalmente mortificato, né si può derubricare a semplice sarcasmo l’impatto delle parole e delle azioni sulla sensibilità e sul rispetto delle credenze religiose degli altri.
Ci verrebbe da dire: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!”. E, invece no! Perché sanno bene ciò che è stato fatto: la riduzione dell’arte e dell’ironia a un uso profano, impoverimento della loro essenza e del loro potenziale significativo. Il risultato? L’opposto dell’obiettivo: arte e ironia private della loro forza innovativa e provocatoria. Ovvero, negazione della publicitas! Mi verrebbe da dire: “Scherza coi fanti ma lascia stare i santi”!
Cercare di ottenere “like” o apprezzamenti a tutti i costi può portare a strategie pubblicitarie o comportamenti poco etici o ingannevoli. È importante mantenere l’integrità e la trasparenza nelle interazioni e nelle campagne pubblicitarie, anziché cercare di manipolare o ingannare il pubblico per ottenere un risultato desiderato. Costruire un’autentica connessione con il pubblico e fornire contenuti di valore è molto più importante che cercare di ottenere “like” in modo disonesto o coercitivo.
È importante concentrarsi sulla creazione di contenuti autentici, utili e stimolanti che rispecchino i valori e l’identità del marchio o della persona, piuttosto che cercare scorciatoie per ottenere apprezzamenti superficiali. In ultima analisi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di costruire una relazione genuina con il pubblico, basata sulla fiducia e sull’apprezzamento reciproco. In un mondo già abbrutito, tutti meritiamo di più! Meritiamo di vivere in un mondo in cui l’arte è valorizzata come un mezzo potente per stimolare il pensiero critico, promuovere il dialogo e arricchire le nostre vite.
“Non hai vinto! Ritenta, sarai più fortunato!” – la scritta che trovavo spesso da bambini nei chewing gum, nella speranza di poter ritornare dal venditore e averne un altro gratuitamente – è ciò che vorrei dire, con vera e nobile ironia, a chi ha pensato a tutto questo!