Sta per compiere due anni di vita l’Assegno unico e universale (Auu), introdotto nel marzo del 2022. Un passo importante a sostegno delle famiglie, eppure non mancano problemi, come sottolinea al Sir Alfredo Caltabiano, presidente nazionale dell’Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn): “Nei primi due anni di applicazione l’Assegno unico universale ha aiutato e sta aiutando molte famiglie fragili ad arrivare a fine mese. Ma se il governo non mette mano ai meccanismi di calcolo dell’Isee cui l’Auu è agganciato adesso rischia di mettere in difficoltà quelle stesse famiglie, che non potranno più godere di altre provvidenze”.
Ci spieghi, presidente…
È necessaria una premessa. Nell’Assegno unico e universale il legislatore ha accorpato una serie di benefici fino ad allora destinati alle famiglie: il premio alla nascita (il cosiddetto bonus mamma), l’assegno di natalità (il cosiddetto bonus bebè), l’assegno per il nucleo familiare di natura previdenziale (Anf) dove sono presenti figli minori, l’assegno comunale per tre figli minori, infine le detrazioni per i figli a carico al di sotto dei 21 anni. Detrazioni che invece permangono per gli over 21. Questi elementi, già in passato, entravano nel calcolo della componente reddituale dell’Isee, in ragione del regolamento adottato con il Dpcm 159/2013. Un caso anomalo, invece, è quello delle detrazioni per figli a carico, che il lavoratore riceveva in busta paga. Prima dell’ingresso dell’Auu le detrazioni non incidevano nel calcolo della componente reddituale dell’Isee: ora che sono state assorbite nell’Auu – o, se vogliamo, hanno contribuito a finanziare la prestazione dell’Auu – possiamo dire che, nei fatti, entrano per intero. Si spiega anche così, a nostro giudizio, il sensibile aumento del valore Isee registrato dalle famiglie italiane (e in particolare dalle famiglie che, più di altre, hanno usufruito dell’Auu) la cui valutazione economica tiene conto degli introiti del 2022, anno di introduzione, appunto, dell’Assegno unico e universale.
Che riscontri avete di quanto mi ha illustrato?
Da un questionario somministrato a un campione di 1.042 famiglie, rappresentative dell’intero Paese, emerge come l’89,54% delle famiglie che hanno partecipato al sondaggio parlano di un valore Isee 2024 cresciuto rispetto al 2023, mentre per il 10,46% delle famiglie il “valore” Isee è rimasto invariato. In particolare, tra quanti osservano un aumento del valore Isee, il 9,3% parla di un aumento tra 0-999 euro; il 18,4% di un aumento tra 1.000-1.999 euro; il 22,6% di un aumento tra 2.000-2.999 euro; il 21,3% di un aumento tra 3.000-3.999 euro; il 10,1% di un aumento tra 4.000-4.999 euro; il 18,3% di un aumento di oltre 5.000 euro. Anche un recente studio del Caf Acli conferma questa nostra percezione, parlando di un aumento medio del valore Isee del 12%.
Cosa comporta concretamente l’aumento dell’Isee?
L’aumento del valore Isee in molti casi finirà con l’escludere i nuclei familiari dall’accesso a misure diverse.
È quanto emerge dallo stesso sondaggio realizzato dal nostro Osservatorio politico: l’83,06% delle persone intervistate ritiene che, in virtù dell’incremento del valore Isee, le agevolazioni di cui fino ad oggi usufruivano si ridurranno, il 16,94% ritiene, invece, che resteranno invariate. Nel dettaglio, tra coloro che ritengono che l’Isee 2024 farà loro perdere agevolazioni, il 35,6% prevede una perdita tra 0-999 euro; il 33,9% una perdita tra 1.000-1.999 euro; il 19,4% una perdita tra 2.000-2.999 euro; il 3,8% una perdita tra 3.000-3.999 euro; il 1,7% una perdita tra 4.000-4.999 euro; il 5,6% una perdita oltre i 5.000 euro. Si arriva, dunque, ad un “corto-circuito”, per il quale una famiglia, che riceve aiuti dallo Stato in virtù della sua fragilità, finisce poi per perderne altri in virtù dell’incremento Isee determinato dall’Assegno unico.
Quindi, il problema sta nel meccanismo per calcolare l’Isee?
Dopo dieci anni di sperimentazione è ormai chiaro anche agli addetti ai lavori come l’Isee non sia specchio fedele delle disponibilità economiche del nucleo familiare.
Ormai da tempo l’associazionismo familiare denuncia le criticità dell’Isee.
Quali sono le principali?
Intanto, l’eccessivo peso dato al valore dell’immobile di un’abitazione. Osserviamo come ci siano single o famiglie che, ereditato un immobile o completata la sua acquisizione, abbiano un valore Isee così alto da non poter accedere a nessun altra agevolazione, pur disponendo, ad esempio, di una pensione relativamente bassa. Inoltre, nel calcolo dell’Isee si fa riferimento sempre al reddito lordo anziché al reddito netto. Ora che le detrazioni sono state assorbite dall’Auu, potrebbe essere una parziale soluzione considerare i redditi netti. In ogni caso è una assurdità considerare “ricchezza” le imposte pagate! E poi le scale di equivalenza non tengono sufficientemente conto delle spese di accrescimento di un figlio. I report annuali dell’Istat ci dicono che la nascita di un figlio è una delle cause più frequenti di povertà in Italia. E che la possibilità che una famiglia cada sotto la soglia di povertà relativa aumenta esponenzialmente al crescere del numero dei figli. Infine, l’inserimento dei trattamenti all’interno della componente reddituale Isee.
Gli stessi trattamenti che, adesso, stanno incidendo sull’aumento del valore Isee, che rischia di far perdere a molte famiglie altre agevolazioni…
È così. La questione è stata affrontata anche di recente in un convegno organizzato dal Forum nazionale delle associazioni familiari (di cui Anfn fa parte). Insieme al presidente del Forum Adriano Bordignon i viceministri del Lavoro Maria Teresa Bellucci ed Economia Maurizio Leo hanno concordato l’avvio di un tavolo politico-tecnico per valutare lo strumento dell’Isee e le sue criticità. Il tavolo si riunito nei giorni scorsi ed è stato definito un percorso di lavoro per individuare i punti critici e l’impatto economico dei possibili correttivi.
Cosa servirebbe?
Il Governo deve avere il coraggio di affrontare contemporaneamente le riforme del fisco, dell’Isee e dell’Auu.
Si tratta di tre strumenti che devono essere rivisti insieme, perché sono strettamente legati l’uno con l’altro. Non solo.
Ci dica…
Una cosa è certa: se, ad oggi, l’Isee è strumento di misurazione delle condizioni delle famiglie, la determinazione delle soglie di accesso alle prestazioni o la compartecipazione ai costi resta di competenza dell’ente erogatore. E gli enti erogatori possono individuare ulteriori criteri di selezione da affiancare all’Isee per definire le politiche sociali. Ad esempio, la Provincia autonoma di Trento ha elaborato un criterio di calcolo, l’Icef, fondamentale per l’accesso all’Assegno unico provinciale, che ha assorbito una serie di contributi diversi (assegno regionale al nucleo familiare, reddito di garanzia, contributo famiglie numerose, assegno integrativo invalidi e detrazione dell’addizionale regionale all’Irpef per famiglie con figli). In questo caso, rilevata l’anomalia per la quale l’Assegno unico universale concorreva in modo determinante all’aumento dell’Icef, l’Auu è stato stralciato dal calcolo.
Secondo lei quali sono i nodi irrisolti per l’Assegno unico, a due anni dalla sua introduzione?
La prima criticità è in fase di start up: l’Assegno unico non viene erogato automaticamente dal mese successivo alla nascita del figlio, ma dal mese successivo alla domanda. Questo rappresenta un passo indietro rispetto ai “vecchi” Anf (Assegni al nucleo familiare) che potevano essere richiesti anche dopo cinque anni: tutt’oggi Inps sta erogando “arretrati” dal 2019. Risolto, ma solo dopo numerose sollecitazioni, il “caso” dei figli over 21 che, pur non rendendosi autonomi e rimanendo in casa, non entravano nel sistema di Inps. Per le nostre famiglie questo rappresentava un problema perché in molti casi i figli maggiori ancora non autonomi concorrevano allo status di famiglia numerosa per il quale l’Assegno unico e universale è più generoso. C’è poi il caso delle famiglie affidatarie: una parte di esse – pur in presenza di decreto del tribunale – non stanno ricevendo l’Assegno unico e universale, del quale usufruiscono, evidentemente, ancora le famiglie di origine che quel figlio non lo stanno più accompagnando. Anche in questo caso, l’Inps ha dato garanzia al Forum delle associazioni familiari (cui va il nostro grazie per essersi fatto carico del problema) che la questione si sarebbe risolta. Ma, ancora oggi, abbiamo segnalazione di famiglie per le quali la soluzione non è ancora arrivata.