Si pensava ad un picco momentaneo legato alla pandemia, ma anche nel 2023 i numeri confermano 3 milioni di casi di depressione, e di questi, 2 milioni riguardano donne, adolescenti e adulte. Depressione spesso accompagnata da ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno, e per la quale solitudine e isolamento sociale sono un chiaro fattore di rischio. Infine il problema della comorbilità con malattie metaboliche e cardiovascolari. Se ne è parlato oggi, Giornata internazionale della donna, a Milano nel corso del convegno “Donne e salute mentale, i disturbi più comuni nell’era dell’imprevedibilità” promosso dalla Società italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf) e da Fondazione Onda (Osservatorio nazionale salute donna). Ancora troppi i tabù e i pregiudizi che non consentono di parlare liberamente di ansia, depressione e insonnia, soprattutto tra i più giovani. Di qui la campagna Non sono solo che offre contenuti informativi, educativi e di supporto per fornire a tutti, ma soprattutto ai giovanissimi, strumenti di base per riconoscerne i sintomi e confrontarsi con il proprio medico.
“Le origini della depressione femminile sono complesse e multifattoriali – spiega Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda -: aldilà di una componente genetica, rivestono un ruolo importante gli ormoni femminili. Le donne, inoltre, tendono a vivere con maggior coinvolgimento e più alta risonanza emotiva le relazioni sociali e affettive, e ciò le rende più vulnerabili. A questo si aggiunga il ruolo multitasking della donna, oltre a fattori di rischio quali la violenza fisica e psicologica”. L’aumento dei casi di malattie psichiche, soprattutto depressione, registrato nel post Covid si è arrestato, ma “non accenna a diminuire”, così come “l’isolamento sociale e la solitudine”, fattori “di alto rischio depressivo (1 caso su 5, secondo uno studio su Lancet) e di aumentata mortalità cardiovascolare (del 32% secondo una recentissima metanalisi pubblicata su Jama), in particolare nelle donne”, osserva Claudio Mencacci, co-presidente Sinfp e direttore emerito di psichiatria all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano.
Un aumento di stress cui corrisponde il venir meno del “fattore protettivo più importante: la solidarietà”.
Secondo un recente studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders, che ha indagato l’andamento dello stress psicologico nel post-Covid-19, “la maggior parte della popolazione italiana ha sviluppato buone capacità di resilienza”, spiega Camilla Gesi, dirigente medico Dipartimento salute mentale, Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano. Tuttavia, “parte del campione ha mostrato sintomi ansiosi e depressivi persistenti, con un effetto predisponente del sesso femminile, della giovane età, del basso livello culturale, dello status di lavoratore autonomo e della collocazione in regioni del centro-sud d’Italia”. Una vulnerabilità, quella femminile, “legata sicuramente a fattori biologici, ma anche a fattori sociali, connessi allo stress legato al
sovraccarico lavorativo ed emotivo cui spesso sono chiamate le donne, nel ruolo di lavoratrici e contemporaneamente di madri e caregiver dei familiari”,
sottolinea Emi Bondi, presidente Società italiana di psichiatria (Sip) e direttore Dipartimento di salute mentale all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Fondamentale
“programmare attività di prevenzione nelle scuole, migliorare capacità di diagnosi precoce, di intervento e cura prima che la malattia diventi troppo grave o si sviluppino casi di comorbilità”.
Sì, perché molte malattie fisiche sono più frequenti nei pazienti con depressione, rispetto alla popolazione generale, e possono influenzarsi reciprocamente. A precisarlo è Andrea Fagiolini, ordinario di psichiatria al Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Siena: “Nei pazienti con depressione, il diabete è 5 volte più frequente, la coronaropatia ischemica e le malattie articolari sono circa il doppio, le malattie respiratorie sono 4 volte più frequenti e, dopo i 55 anni, la mortalità è circa 4 volte superiore a quella della popolazione generale”. Di qui l’importanza di “un approccio integrato che affronti entrambe le condizioni”.
Oltre alle malattie fisiche, vi sono numerose condizioni psichiatriche spesso associate alla depressione. Come il disturbo bipolare, spiega Bernardo Dell’Osso, ordinario di psichiatria e direttore Psichiatria-2 all’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano, diagnosticato sempre più spesso (dal 2 al 5% della popolazione generale) nel genere femminile grazie ad “una maggior attenzione da parte dei professionisti della salute mentale nel riconoscere più precocemente i disturbi dell’umore”, un tempo spesso “misdiagnosticati” per “semplici” depressioni. Tra i fattori responsabili dell’esordio precoce di disturbo bipolare già in età pediatrica e adolescenziale, soprattutto nel genere femminile, “sovrappeso e obesità”, e “uso di sostanze”.
Depressione e temi legati alla salute mentale si trasformano in soggetti per il grande schermo, con risultati spesso straordinari. Allo strettissimo rapporto cinema-salute mentale è dedicata la sessione finale dell’incontro. “ll cinema, con la sua capacità unica di catturare e trasmettere storie umane, gioca un ruolo cruciale nel rappresentare le esperienze di donne afflitte da sofferenze mentali”, spiega Matteo Balestrieri, co-presidente Sinpf e direttore Clinica psichiatrica Asu Udine. Il grande schermo diventa infatti “una voce potente, rendendo visibili le sfide invisibili che affrontano quotidianamente” queste donne, e può contribuire a sfatare stereotipi e pregiudizi “offrendo un’esplorazione intima di motivazioni, sogni infranti e speranze”. Infine, le storie cinematografiche offrono agli spettatori
“uno sguardo comprensivo sulla lotta per la guarigione e l’autorealizzazione”.