“Quando sono uscita dalla prigione libica stavo male. Sono finita in strada, sola con quattro figli. Non avevo nulla da mangiare. Ho incontrato operatori umanitari che mi hanno aiutata, sono stata operata al ventre. Ora sono in Italia e mi rendo conto che ho avuto veramente fortuna, perché laggiù non è facile”. Aisha ha 30 anni e quattro figli, ed è fuggita da sola dal conflitto nella Repubblica Centrafricana. Due sono gemelli di 2 anni, gli altri hanno rispettivamente 3 anni e 6 mesi. E’ stata per 4 anni in Libia, ha tentato 6 volte di fare la traversata del Mediterraneo ma è stata sempre intercettata dalla guardia costiera libica. E’ stata portata nei famigerati centri di detenzione, dove nessuno riesce a schivare gli abusi, soprattutto le donne. Il conto su chi è o chi sono i padri è presto fatto. Ma oggi è un giorno di gioia e i suoi occhi splendono di luce e speranza, dopo tanta violenza e sofferenza. Ha lunghi capelli intrecciati con fettucce bianche e il fisico di chi ancora allatta. Parla bene francese e racconta di essere arrivata in Libia a piedi attraverso il deserto. “C’è talmente tanta che soffre gente laggiù, che ha bisogno di aiuto. Ho visto cose terribile. Ma oggi sono felice, spero di riuscire a far avere ai miei figli una buona vita”, dice.
Aisha è una dei 97 rifugiati, tra cui 55 donne e 27 bambini, arrivati oggi pomeriggio in Italia grazie ai corridoi umanitari nell’ambito del protocollo firmato lo scorso dicembre da Ministero dell’Interno, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Unhcr (Agenzia Onu per i rifugiati), Arci, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche e Inmp. Il primo protocollo firmato dal governo in carica, che permetterà a 1500 persone che hanno bisogno di protezione internazionale, di essere evacuati dalla Libia all’Italia nell’arco di tre anni.
La maggior parte è stata nei campi di detenzione in Libia, dove sono stati vittime di torture e altri gravi maltrattamenti. Sono stati intercettati dall’Unhcr e dalla piccola diocesi di Tripoli. Molti hanno gravi problemi di tipo sanitario, disabilità. Gli uomini sono molto magri, deperiti, indossano abiti poveri. C’è anche una donna molto anziana. Non parla una sola parola di italiano e si guarda intorno attonita, anche se ha gli occhi radiosi e ha tanta voglia di comunicare. Per farci capire chi è e da dove viene mostra il suo badge: è la capostipite di una famiglia e viene dall’Etiopia.
Gli altri sono fuggiti da Etiopia, Repubblica Centrafricana, Somalia, Sudan e Sud Sudan, dalla Palestina e dalla Siria, tutti Paesi con situazioni di conflitto e violazione dei diritti umani. Nella nuova vita in Italia saranno ospitati presso famiglie e strutture della Comunità di Sant’Egidio in diverse regioni italiane. Il percorso di accoglienza e inserimento sociale dei corridoi umanitari prevede, tra l’altro, accompagnamento per le pratiche burocratiche, corsi di lingua italiana, scuola per i bambini e inserimento nel mondo lavorativo.
“Con questo nuovo protocollo si apre una via per le persone più in difficoltà – spiega Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio -. Tra loro ci sono persone con malattie importanti, molte donne hanno subito abusi. Purtroppo non ci è consentito lavorare in Libia ma ci sono state segnalate situazioni particolarmente gravi”. Impagliazzo accoglie i rifugiati ricordando che “oggi è solo l’inizio di un domani bello in Italia. Non sarete mai abbandonati, nessuno vi farà del male. Siamo felici che possiate avere un futuro”.
Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, ringrazia il governo italiano per la possibilità di attuare questi “meccanismi di evacuazione salva-vita”. “Anche i rapporti con le autorità libiche stanno migliorando e il dialogo è importante – precisa -. Questi voli sono un messaggio importante per il governo libico, per far capire che le soluzioni ci sono”. L’Unhcr non ha ha accesso a tutti i centri: “Riusciamo a raggiungere solo le persone che hanno bisogno di protezione internazionale “ma in Libia ce ne sono migliaia che dovrebbero essere evacuate, mentre i voli sono ancora pochi. Purtroppo l’Italia è l’unico Paese europeo che sta offrendo opportunità sicure e legali dalla Libia”.
“Il protocollo è uno strumento indispensabile perché dimostra che c’è una alternativa alle morti in mare e alle violenze in Libia”, sottolinea Filippo Miraglia, responsabile nazionale Immigrazione di Arci. Valentina Setta, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, punta l’attenzione sull’importanza del lavoro di squadra mentre Laura Lega, capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, evidenzia l’importanza di tutelare “la dignità umana e consentire di entrare nel nostro Paese in maniera migliore”.
Il protocollo segue il primo accordo firmato nel 2021 e rinnova l’impegno già avviato dall’Italia nel 2017 che ha permesso l’arrivo dalla Libia di circa 1.400 persone nel nostro Paese, grazie a meccanismi di evacuazione o tramite i corridoi umanitari. Secondo la Comunità di Sant’Egidio dal 29 febbraio 2016 ad oggi sono entrate in Italia, Francia, Belgio e Andorra 7.000 persone grazie ai corridoi umanitari.