A un anno dal naufragio di Cutro. La diocesi di Crotone: “Dobbiamo creare percorsi di speranza”

Questa mattina, alle ore 4, proprio l’ora del naufragio, associazioni e cittadini hanno vissuto una fiaccolata proprio sulla spiaggia. Domenica, sotto la pioggia battente e il vento forte che ha sferzato sulla città ionica, si è svolto un corteo, al quale hanno partecipato anche alcuni familiari delle vittime e sopravvissuti

(Foto ANSA/SIR)

Crotone fa memoria dei momenti più brutti della sua storia recente. Giorni di eventi e manifestazioni a un anno dalla tragedia consumatasi a Steccato di Cutro, dove nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 persero la vita 94 migranti partiti dalla Turchia. Questa mattina, alle ore 4, proprio l’ora del naufragio, associazioni e cittadini hanno vissuto una fiaccolata proprio sulla spiaggia. Domenica, sotto la pioggia battente e il vento forte che ha sferzato sulla città ionica, si è svolto un corteo, al quale hanno partecipato anche alcuni familiari delle vittime e sopravvissuti. Luogo di ritrovo piazzale Nettuno, quasi un simbolo in negativo, perché sotto la tettoia precaria lo spettacolo è quello di materassi e coperte e vestiti ammassati buttati lì. Inequivocabile segno di un rifugio di fortuna per i più poveri della società.

Le voci dei familiari. “Oggi sono qui per rendere omaggio alle persone che sono morte o disperse nel Mediterraneo, ricordando mia moglie e mia figlia che hanno perso la vita sulle coste tunisine in un altro naufragio”. Ouafu regge uno striscione fatto di volti di persone che hanno perso la vita in mare. Indica costantemente le foto dei suoi cari e, quando ci dà il suo messaggio, lo fa con grande forza. “Oggi voglio rivendicare i diritti delle persone che emigrano, soprattutto quelli con la pelle nera che non sono accettate. L’Europa dovrebbe soccorrere le vite in pericolo e iniziare ad accogliere quanti lasciano il proprio Paese. Non partono per fare la bella vita ma perché cercano di salvarsi”. “Giustizia e verità”, “basta morti in mare”, “più corridoi umanitari”. Questi gli slogan durante la manifestazione. Ahmed, che il 26 febbraio dell’anno scorso ha perso sua suocera e suo cognato, è in testa allo striscione della rete associativa “26 febbraio”. “Oggi chiediamo giustizia e verità per i tanti bambini e donne che hanno perso la loro vita. Come familiari, vogliamo la giustizia per l’essere umano”. Parla in francese, invece, un altro dei partecipanti. “Sono un afgano che l’anno scorso ha perso la propria figlia. Il dolore è grande, e oggi siamo qui per chiedere la giustizia giusta”. Significativo l’impegno di Ramzi Labidi, responsabile dell’associazione Sabir e mediatore culturale. Tra i temi all’ordine del giorno, quello del ricongiungimento familiare. “I familiari attendevano almeno una risposta. Hanno chiesto il ricongiungimento familiare, ci vuole tempo, ma bisognerà pure dare loro una soluzione”. 

La voce dell’amministrazione comunale. “Abbiamo vissuto un anno difficile, in cui però abbiamo solo visto inasprite le pene nei riguardi degli scafisti”. Lo ha detto al Sir Vincenzo Voce, sindaco di Crotone. “Oggi è il giorno del dolore e resta la rabbia e l’amarezza per quanto è avvenuto, insieme ai dubbi su eventuali responsabilità, che spetta comunque ai tribunali accettare. Riguardo ai sopravvissuti della tragedia, “qualcuno è rimasto sul territorio, un paio si sono integrati benissimo e ora aspettano il ricongiungimento ai familiari che è stato loro promesso”.

La denuncia di Save The Children. “Dal 2014 nel Mediterraneo sono morte almeno 29mila persone”. È la triste constatazione di Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save The Children. “Ogni bambino, ogni uomo, ogni donna morti rappresenta un fallimento dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno investito in politiche di deterrenze alle frontiere chiudendo le rotte in difesa dei confini e della sicurezza in Europa”. Per Di Benedetto “ora è importante ricordare che le persone e i loro diritti devono ritornare al centro delle decisioni politiche”.

Diocesi in formazione. Caritas e Migrantes dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, dal giorno della tragedia, sono stati in prima linea per l’accoglienza e la collaborazione con le Istituzioni. “Non dobbiamo perdere la memoria di eventi che in qualche modo hanno cambiato la storia locale, ma anche quella di ciascuno di noi”, ha detto al Sir suor Loredana Pisani, direttrice Migrantes. Una memoria che la comunità diocesana ha alimentato già lo scorso 18 febbraio con una via Crucis caratterizzata da testimonianze di quanto accaduto a Steccato e del dopo tragedia. “Questo è un dramma che non ha fine. Tutto quello che si è fatto da un punto di vista socio politico non chiude l’emorragia di situazioni di questo tipo. Tutto è ancora abbastanza insufficiente”, la constatazione della religiosa. Non solo memoria, però, nella diocesi crotonese. Perché Migrantes e Consulta delle aggregazioni laicali stanno portando avanti un percorso formativo che ha visto a Crotone tra i maggiori esperti dell’immigrazione (il 29 febbraio all’interno del progetto verrà presentato il report sul diritto d’asilo). “Queste persone ci hanno presentato tante facce del dramma dell’immigrazione, non solo come emergenza ma anche come un fenomeno che non finirà mai finché l’uomo starà sulla terra”. Suor Pisani fa un paragone: “Se magari io stessa per una questione di salute vado via dalla Calabria in cerca di uno specialista che posso trovare in altre Regioni, allora anche io sto vivendo il fenomeno migratorio”. “Ci auguriamo – ha proseguito – che questo percorso studi sia realmente formativo per le nostre comunità parrocchiali, le quali in questo anno si sono sempre impegnate in un processo di accoglienza e di integrazione, come lo hanno manifestato nei giorni della strage. Un crocifisso dalle gambe mozzate fatto coi resti di un barcone è all’interno del Museo pitagorico, dove si tiene il convegno. È lì, solo. Quasi trascurato, mentre i familiari rendono le loro testimonianze. Ma è un segno silenzioso. Anche quello dice l’impegno della Chiesa locale: “Creare percorsi di speranza”.

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