Chiesa Valdese. Il desiderio di unità e la memoria della propria storia

Una bella e concreta promessa di unità tra e dei cristiani! Così si potrebbe definire il progetto che dal 2015 unisce, in nome del soccorso e dell’accoglienza dei profughi, la Chiesa Valdese e Metodista, la Federazione Chiese evangeliche, Sant’Egidio e Caritas italiana. Un segno di speranza in una fase in cui sempre più muri vengono eretti dalle istituzioni – e talvolta anche da frange religiose –, che rende viva e reale la testimonianza di collaborazione tra protestanti e cattolici

Una bella e concreta promessa di unità tra e dei cristiani! Così si potrebbe definire il progetto che dal 2015 unisce, in nome del soccorso e dell’accoglienza dei profughi, la Chiesa Valdese e Metodista, la Federazione Chiese evangeliche, Sant’Egidio e Caritas italiana. Un segno di speranza in una fase in cui sempre più muri vengono eretti dalle istituzioni – e talvolta anche da frange religiose –, che rende viva e reale la testimonianza di collaborazione tra protestanti e cattolici. “Un modo per fare un ecumenismo che parta da un’idea di coerenza evangelica – dice Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese dall’agosto del 2019 –, in cui l’azione è conseguenza di ciò che si professa e soprattutto di qualcosa che, prima di tutto, si pensa insieme”. E aggiunge: “Credo che sia sì una bella dimostrazione di ecumenismo e di come potrebbe funzionare davvero l’unità delle Chiese”. Una collaborazione importante che si inserisce tra i momenti importanti del movimento valdese che proprio quest’anno celebra gli 850 anni di vita.

La piccola chiesa riformata fa risalire infatti la propria origine alla predicazione di Valdo di Lione nel 1174. “Siamo una Chiesa da quando ci fu la formale adesione alla riforma protestante nel 1532” spiega al Sir Alessandra Trotta, “Valdo di Lione non pensava di fondare una nuova chiesa ma solo di vivere in coerenza i valori evangelici, la vita del credente e la libertà di predicazione”. Una storia quella valdese che ha dovuto sopportare la clandestinità, persecuzioni e discriminazioni, sia prima dell’approdo nella Riforma, sia successivamente almeno fino al 17 Febbraio 1848, quando Re Carlo Alberto, con le “Lettere patenti”, concesse i diritti civili e politici ai sudditi valdesi. Ogni anno, in quella data, le comunità della Chiesa valdese si ritrovano per momenti di culto e di celebrazione, tra i quali l’accensione dei falò della libertà “Noi – spiega ancora la Moderatora Trotta – consideriamo questo momento come una festa civile, tanto è vero che la inseriamo in una ‘settimana della libertà’. Quei falò rappresentano una tappa importante di una storia di libertà per tutti, non solo per i valdesi. A quel tempo infatti anche agli ebrei, dopo pochi giorni, furono concessi gli stessi diritti, almeno fino all’avvento del Fascismo”. Tra l’altro nelle chiese delle Valli valdesi del Piemonte – la zona dove risiede ancora oggi la larga parte della comunità valdese italiana – la ricorrenza è molto sentita e coinvolge generazioni differenti. Quest’anno più che mai.
“Noi riteniamo che in questa storia rinveniamo anche i segni dell’opera di liberazione del Signore – prosegue la Trotta –, sono cose di cui è importante fare memoria e soprattutto trasmettere alle nuove generazioni provando, per quanto possibile, a capire come oggi si possa mantenere quel filo di continuità con i principali ideali delle origini, naturalmente calati nel contesto attuale delle sfide che non sono soltanto quelle delle nostre chiese ma forse di tutto il cristianesimo e del cristianesimo europeo in maniera particolare. Da questo punto di vista – prosegue – ci sono alcuni elementi di continuità che ci piacerebbe non perdere e che riteniamo abbiano la loro attualità. Elementi che rappresentano ancora oggi il fondamento di una vocazione anche molto particolare che, seppur da piccolissima minoranza, può e deve essere da noi assunta con responsabilità. Siamo consci di rappresentare una realtà molto minoritaria, non per questo vissuta con un complesso di inferiorità, anzi, con il senso di avere, umilmente, una vocazione da svolgere”. Proprio per capire la propria storia la Società di studi Valdesi ha voluto impegnarsi nella pubblicazione – tramite la casa editrice Claudiana – della “Nuova ‘Storia dei valdesi’. Un’opera in quattro volumi che, come spiega il presidente della Società stessa, Gian Paolo Romagnani rappresenta “un’impresa concepita allo scopo di aggiornare la narrazione, sostanzialmente ferma alla vecchia Storia dei valdesi, pubblicata fra il 1974 e il 1980. Un’occasione per rileggere 850 anni di storia valdese e le vicende che l’hanno segnata e caratterizzata, alla luce della storiografia internazionale più aggiornata e fuori da ogni approccio confessionale o identitario, grazie alla collaborazione di quasi cento autori, per lo più esterni al mondo valdese”.

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