Da una a tre ore al giorno, ma per uno su cinque oltre quattro ore. E’ il tempo trascorso online dai nostri ragazzi. Quattro le modalità che esprimono quando sono in rete: irrequieti, esploratori, performativi e ripiegati. Questa la fotografia dei minori tra gli 8 e i 16 anni scattata dalla ricerca Alfabetizzazione mediatica e digitale a tutela dei minori: comportamenti, opportunità e paure dei navigatori under 16, promossa dal ministero delle Imprese e del Made in Italy con la collaborazione scientifica dell’Alta Scuola in media, comunicazione e spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica, e presentata il 15 febbraio a Milano, presso l’Ateneo. All’incontro hanno portato il loro saluto Fausto Colombo, direttore Dipartimento Scienze della comunicazione e dello spettacolo e prorettore alle Attività di comunicazione e promozione dell’immagine della Cattolica, e Donatella Proto, dirigente del suddetto Ministero.
Diverse le finalità del progetto Piantaforme – Studiare e coltivare relazioni tra minori e media nell’ambito del quale si inserisce l’indagine, ha spiegato Ruggero Eugeni, professore della Cattolica. Tra queste “identificare strumenti, utilizzi e contenuti che orientano i processi di consumo mediale digitale dei minori; identificare funzioni e bisogni che device e canali sono chiamati a soddisfare, e in parallelo criticità (disagio, percezione di inadeguatezza, paura); fornire linee guida e buone pratiche per tutelare i minori riguardo a rischi ed esperienze negative; delineare possibili nuovi strumenti di misurazione e impatto” per “monitorare nel tempo i processi e fornire dati comparabili a livello internazionale”.
Il campione della ricerca è costituito da 1.677 tra bambini di 8-10 anni e adolescenti dai 14 ai 16 anni, rappresentativi per genere, età, zona e ampiezza del comune di residenza; 1.000 sono stati intervistati online, 57 hanno compilato un diario giornaliero di consumo e 20 hanno partecipato a focus group collaborativi. Inoltre 1.000 sono stati i contenuti mediali indicati dai minori e analizzati dai ricercatori. La maggior parte degli intervistati rimane online da una a tre ore al giorno, uno su cinque oltre le quattro ore utilizzando social network, messaggistica e piattaforme streaming.
I profili dei ragazzi. Gli irrequieti (31% del campione) “presentano un tono emotivo negativo e velato di tristezza; online cercano stimoli forti ed emotivamente coinvolgenti” ma “incorrono con frequenza in esperienze negative”, si legge nell’indagine. Gli esploratori (25% del campione), più piccoli rispetto agli altri cluster, “vanno online mossi dalla voglia di divertirsi e di apprendere, tenendosi alla larga da eventuali problematiche. Seguono le indicazioni degli adulti e vedono nella famiglia un saldo punto di riferimento”. I performativi (24% del campione) è “un cluster con maggiore incidenza tra teens e maschi. Partono avvantaggiati in famiglie istruite e benestanti che li seguono anche online”. Infine i ripiegati (20% del campione), cluster con maggiore incidenza tra teens e componente femminile. Si descrivono “arrabbiati, impauriti e insoddisfatti di sé” e tendenti “a rifugiarsi online”.
I dati. Il 94% dei minori tra gli 8 e 16 anni utilizza uno smartphone (tra gli intervistati il 68% ne possiede uno personale, il 28% l’ha ricevuto prima dei 10 anni e il 25% dopo gli 11). Sette ragazzi su dieci (la metà tra gli 8 e i 10 anni) usano regolarmente i social e le piattaforme streaming. L’utenza aumenta poi nel passaggio a tweens (preadolescenti, ndr) e teens. Per i ragazzi Instagram serve a curiosare e interagire, Tik Tok a lasciarsi andare al flusso, Facebook a leggere i commenti più che a guardare.
Esperienze negative. Lo studio conferma le evidenze sui rischi della rete per i minori.
Quattro intervistati su 10 raccontano esperienze negative
– nell’ordine: morti violente, disastri ambientali, torture agli animali, presa in giro di amici, scene di sesso – più della metà tra i teens con particolare incidenza tra i più fragili e gli “iperconnessi”. La maggioranza degli intervistati ha visto contenuti inadatti almeno una volta di recente su uno dei social citati; in particolare i più piccoli sono incappati in eventi critici su Youtube.
Parental control. Circa 8 genitori su 10 utilizzano i limitatori offerti da piattaforme e dispositivi. Più di un terzo dei ragazzi viene controllato: dal 49% dei bambini 8-10enni, al 20% dei 14-15enni. Circa un quarto del campione (che scende al 17% dei teens) afferma di non essere mai incorso in esperienze negative sui social, mentre il 42% (53% tra i teens) ne riporta di gravi e ripetute. Più esposti coloro che tendono a condividere contenuti e informazioni personali con sconosciuti, i soggetti più fragili come portatori di disabilità, coloro che esprimono minor benessere su tutte le dimensioni indagate.
“Gli ambienti digitali sono una risorsa fondamentale per le generazioni più giovani,
una palestra dove imparare le regole della socialità e della dialettica costruttiva”,
ha affermato Mariagrazia Fanchi, direttrice Almed. “Mondi complessi, rispetto ai quali i nativo-digitali, non meno delle generazioni che li hanno preceduti, si trovano a dover maturare competenze d’uso” che “si apprendono dai genitori, dal gruppo di pari, a scuola, e che richiedono anche lo sviluppo di politiche capaci di promuovere contenuti ed esperienze arricchenti, che mettano al riparo dai rischi e sollecitino curiosità, creatività, condivisione e partecipazione”.
Per Donatella Proto, dirigente ministero delle Imprese e del Made in Italy, i dati “confermano la necessità di sostenere e promuovere
progetti di alfabetizzazione mediatica e digitale, e progetti educativi a tutela dei minori”,
basati “sull’uso delle nuove tecnologie, lavorando in sinergia con le altre istituzioni coinvolte nel tavolo interistituzionale e coinvolgendo i fornitori di servizi di media e le piattaforme di condivisione video”.