Caro affitti: picchi di 700 euro mensili con contratti in nero e stanze che sembrano sgabuzzini. Continua la protesta degli studenti fuori sede

Picchi di 700 euro mensili, contratti in nero e stanze che sembrano sgabuzzini. È questo il quadro che si prospetta agli studenti che cercano casa in una città diversa da quella natale. In Italia sono 1.650.000 gli studenti universitari, di cui il 40% sono studenti fuori sede (circa 660 mila). La media italiana per una stanza singola è di 437 euro al mese: le città più care sono Milano, che offre agli studenti stanze singole in media a 628 euro mensili, Bologna, 468 euro mensili, e Roma, 452 euro mensili.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Picchi di 700 euro mensili, contratti in nero e a volte stanze che sembrano sgabuzzini. È questo il profilo di accoglienza che si prospetta agli studenti universitari alla ricerca di una casa in una città diversa da quella natale. In Italia sono 1.650.000 gli studenti universitari, di cui il 40% (circa 660 mila) sono “fuori sede”. L’affitto medio, in Italia, per una stanza singola, è di 437 euro al mese. Le città più care sono Milano, con circa 628 euro mensili, Bologna con  468 euro e Roma con 452. Una situazione divenuta insostenibile, che ha spinto gli studenti di alcune città con sedi universitarie a protestare contro il cosiddetto “caro affitti”. E così, dal maggio dello scorso anno, sono centinaia i ragazzi che hanno scelto e deciso di dormire in tenda di fronte ai loro atenei. Oltre al “caro affitti” le ragioni della protesta riguardano anche l’insufficienza dei fondi per le borse di studio e la mancanza, soprattutto in alcune città, la mancanza di un sistema di trasporti adeguato.

“È partito tutto da maggio scorso– racconta Michelangelo, studente fuori sede al terzo anno di Scienze politiche della Sapienza di Roma – quando una studentessa del Politecnico di Milano, per protestare contro il caro affitti, ha deciso di piantare una tenda davanti la sede della sua università. Da lì è cominciato tutto”. Dopo Milano infatti gli studenti hanno iniziato a allestire mini accampamenti anche a Bologna, Firenze, Roma e Cagliari. La tenda è diventato il simbolo della protesta.

“Io – prosegue Michelangelo – per fortuna sono riuscito a prendere al secondo anno di università la borsa di studio e a trasferirmi a Roma, ma per mantenermi devo lavorare come cameriere. La borsa di studio infatti mi aiuta a coprire quasi tutte le mensilità dell’affitto ma non basta. Ci sono infatti le spese per lo stretto necessario, come gli alimenti, igiene etc… Il primo anno l’ho dovuto fare da pendolare partendo da Latina. Mi  svegliavo alle 5:30 per prendere il pullman fino alla stazione e da lì il treno fino a Termini. In tutto impiegavo 2 ore per arrivare a lezione, senza contare i ritardi eventuali dei vari mezzi”. E come se non bastasse risultare idonei alla borsa di studio non garantisce la sicurezza di esserne beneficiari. “Conosco ragazzi – aggiunge – che nonostante fossero in possesso di tutti i requisiti per accedere alla borsa di studio, primo fra tutti l’Isee, non hanno avuto la possibilità di poterne usufruire per mancanza di fondi”.

Nonostante le manifestazioni, il caro affitti non si è abbassato, anzi: secondo un’analisi di “Immobiliare.it”, dopo la prima ondata di manifestazioni degli studenti a maggio, sono aumentati raggiungendo il prezzo medio più alto degli ultimi 2 anni a giugno 2023.

Michelangelo era presente anche alle nuove proteste organizzate nel settembre del 2023. “Studiare all’università – ribadisce – non può essere un privilegio. In gioco c’è il diritto allo studio, peraltro garantito dalla Costituzione (articoli 33 e 34)”.
Ma non solo. Federico Vivaldelli, presidente diocesano della Fuci di Milano (Federazione universitaria cattolica italiana), in riferimento alla situazione degli affitti parla di un danno vero e proprio all’intera esperienza universitaria, di cui “fa parte non solo lo studio e il seguire le lezioni ma anche la voglia di fare un’esperienza fuori casa, conoscere una nuova città, rendersi indipendenti. A causa del caro affitti, della poca disponibilità di posti offerti agli studenti e di un sistema meritocratico che non aiuta, questa esperienza viene lesionata.
Del sistema meritocratico – ricorda Federico – ha parlato anche Papa Francesco. Nell’Esortazione Apostolica “Laudate Deum”  il Papa affronta la questione meritocratica sottolineando che “un conto è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa che però, se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità rischia di trasformare la meritocrazia in un paravento che consolida ulteriormente solo i privilegi di pochi con maggior potere”.
Secondo Federico, le basi per un reale cambiamento non stanno solo all’interno delle istituzioni comunali e nazionali. “Bisogna partire dalla comunità in cui ognuno fa il suo piccolo – dice Federico – a cominciare dalle parrocchie per arrivare ai privati e fino ad altri enti regionali più grandi. Solo in questo modo è possibile fare veramente la differenza. Ci sono molti edifici che potrebbero essere riconvertiti in studentati e questo permetterebbe di fissare gli affitti agli studenti a prezzi accessibili e la situazione migliorerebbe per tutti”.

(*) in collaborazione con Martina Anile

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