“La continua diminuzione del tasso di natalità, come certificato dall’Istat a fine ottobre, conferma che, senza un obiettivo chiaro, non riusciremo a vincere la battaglia della denatalità”. Non ha dubbi Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità, della necessità di correre presto ai ripari di fronte a un inverno demografico che non sembra avere fine in Italia, ma fissando, innanzitutto, l’obiettivo che si vuole raggiungere. “Non lo abbiamo stabilito noi – dice al Sir -, ma è quello che ci suggerisce l’Istat: 500mila nuovi nati entro il 2033”. Secondo il rapporto “Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2022” dell’Istat, l’anno scorso le nascite sono scese a 393mila, registrando un calo dell’1,7% sul 2021, ma non solo: secondo i primi dati provvisori riferiti a gennaio-giugno 2023 le nascite sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Di fronte a questo panorama poco confortante De Palo annuncia “un tour della natalità che ci vedrà protagonisti di 5 eventi sul territorio, proprio per sensibilizzare anche a livello locale rispetto a questa sfida epocale che ci attende. La prima tappa sarà Venezia, poi Bologna, Milano, Palermo e Napoli”.
I dati diffusi a fine ottobre preoccupano?
Purtroppo, sono semplicemente i dati attesi: fino a quando non ci sarà in Italia una politica impattante sulle nascite non possiamo aspettarci il miracolo, la demografia è matematica. Il grosso problema è che i dati definitivi del 2023 saranno ancora peggiori. Fino a quando non ci daremo un obiettivo numerico raggiungibile e verificabile sul tema della natalità, navigheremo a vista. Se non ci diamo un obiettivo perderemo sempre la partita, se invece ci diamo un target lavoreremo per raggiungerlo. L’obiettivo di 500mila nuovi nati entro il 2033 lo ha dato l’Istat per evitare che crolli tutto il sistema-Paese (Pil, pensioni, sanità, welfare). L’Istat reputa ancora sostenibile, anche se per poco, questo obiettivo, a patto che si creino le premesse politiche affinché si raggiunga questo obiettivo. In Italia, invece, non ci diamo un obiettivo nella lotta alla denatalità, ne parliamo in modo astratto, si adottano anche misure buone, ma se non sono finalizzate al raggiungimento di un obiettivo risultano utili nel breve periodo ma non impattanti nel lungo periodo. E a noi servono proprio politiche impattanti nel lungo periodo.
Dobbiamo trasformare il tema natalità nella partita più importante dell’Italia, è come una finale al mondiale, in cui tutti tifiamo per l’Italia.
Invece non mi sembra che siamo concentrati sulla finale, ma pur avendo già la data certa in cui giocheremo, ci perdiamo in amichevoli o in partite di piccolo cabotaggio. Si fanno tante proposte, ma – ribadisco – solo se ci poniamo un obiettivo si faranno politiche per arrivare a quell’obiettivo. Quindi la Fondazione per la natalità insiste affinché ci sia un obiettivo. Questo è il punto fondamentale”.
Nel nostro Paese la lotta alla denatalità è resa più difficile dall’instabilità politica?
In Italia i governi non durano molto, c’è indubbiamente questa criticità, mentre la questione della natalità sarà una sfida molto più lunga, è una partita che ci giocheremo nei prossimi 20/30 anni. In un periodo così lungo si alterneranno tanti governi.
Io propongo di fare squadra tutti insieme già adesso: l’obiettivo sia di Paese, che coinvolga i partiti di destra, di sinistra, di centro. La natalità, infatti, deve essere una priorità per tutti.
La fatica che stiamo facendo in questi anni, ed è un processo lungo, è far passare il concetto che la natalità non ha un colore politico, riguarda tutti, Governo e opposizione. La natalità è la finale mondiale che ci dobbiamo giocare nei prossimi anni, usando l’esempio di prima, e la fatica sarà mettere tutti insieme. Oggi governa il Centrodestra, domani ci sarà un altro governo, il problema resta, per questo è importante che politiche di lungo periodo vengano prese a cuore da tutti i partiti, siano la priorità di tutti i partiti, siano nei programmi di tutti i partiti.
Dunque, tutti sono chiamati a fare la loro parte?
Esatto e non è una questione solo a livello centrale, ma una partita che si gioca anche nelle regioni e nei comuni ed è per questo che noi lanciamo il tour, che toccherà Venezia, Bologna, Milano, Palermo, Napoli. Le Regioni dove si trovano queste città alcune sono di Centrodestra e altre di Centrosinistra, magari i sindaci appartengono ad altri partiti. Cerchiamo di creare alleanze a livello territoriale. Il primo appuntamento sarà il 18 gennaio a Venezia, a febbraio Bologna; poi ci sarà la tappa nazionale a Roma con gli Stati generali, dall’8 al 10 maggio; a Milano dovrebbe essere prima dell’estate, a ottobre Palermo, a fine dell’anno a Napoli. Negli eventi coinvolgeremo le istituzioni, presidente della Regione e sindaco, leggeremo i dati del territorio con il demografo Alessandro Rosina e cercheremo di ascoltare gli stakeholder sul territorio che possono offrire delle chiavi di lettura: sindacati, rappresentanti di Confindustria, cantanti, attori, saranno degli Stati generali a livello locale, anche se in piccolo, non dimentichiamo, infatti, che la Fondazione per la natalità si basa sul volontariato. Anche sul territorio occorre creare una rete di sindaci e amministratori locali per la natalità, che poi arrivino a maggio sul palco dell’Auditorium della Conciliazione, a Roma, a firmare un documento per un impegno sempre maggiore a favore della natalità. Gli Stati generali a livello nazionale servono per far diventare popolare il tema della natalità, con gli appuntamenti in giro per l’Italia vogliano creare a livello comunale e locale un’attenzione grande su questi temi, bisogna essere capillari e arrivare a tutti.
È necessario uno sforzo corale per arrivare all’obiettivo “500mila nati entro il 2033”: ma come si raggiunge?
Attraverso un cambio di mentalità e con politiche impattanti. Uno dei problemi è la precarietà.
Non viene spontaneo oggi fare figli perché è la seconda causa di povertà in Italia.
Bisogna creare condizioni che diano certezze ai giovani, solo così potranno pensare di costruire una famiglia. Occorre agevolare l’accesso alla prima casa, cambiare il sistema fiscale italiano, valorizzando il numero dei figli e non solo il reddito, rafforzare l’assegno unico aggiungendo ogni anno risorse, per evitare che resti solo una misura di contrasto alla povertà delle famiglie e trasformandolo in un investimento per il futuro in termini di rilancio della natalità. Queste sono le fondamenta determinanti. Poi si può pensare ai servizi, agli asili nido, ai congedi. Serve anche equiparare le tutele delle donne in gravidanza con partita Iva a quelle che hanno le donne incinte con contratti a tempo indeterminato. È importante anche uscire dalle dinamiche ideologiche. Le Regioni e i comuni devono lavorare sull’implementazione dei servizi locali e sulle loro tariffe, creando città a misura di famiglia; le aziende devono aiutare l’armonizzazione tra lavoro e famiglia valorizzando il lavoro femminile; i media e il mondo dello spettacolo devono fare una narrazione nuova, mostrando come la nascita di un figlio non è un problema, ma una risorsa. Iniziamo a fare questo per due o tre anni e i risultati si vedranno. Se pensiamo di ottenere risultati in un anno falliremo miseramente. Sono politiche che hanno bisogno di tempo, per questo è necessario un patto tra destra e sinistra, partiti di maggioranza e opposizione, cambiano i nomi, i governi, ma il tema della natalità resta centrale per il futuro. Altrimenti, non perdiamo solo la finale del mondiale, ma tutto il Paese.