Un progetto nelle scuole di Dakar, in Senegal, per permettere a migliaia di giovani studenti di essere consapevoli dei rischi legati all’emigrazione e comprenderne le motivazioni. È l’esperienza raccontata nel documentario “Scegliere di emigrare”, con la regia di Davide Tittarelli, il primo documentario realizzato dalla Cooperativa Sophia, presentato la scorsa settimana al Teatro Garbatella di Roma. Il progetto, in collaborazione con l’Università Tor Vergata di Roma e la Fondazione Migrantes, è iniziato nel 2020 e si è svolto in diverse scuole di quartieri periferici della capitale senegalese. Ne hanno beneficiato oltre 6.000 studenti. Quest’anno si è concluso con un evento finale nel Collége Sacre-Coeur di Dakar, alla presenza di 200 studenti. Attraverso lezioni in classe, testimonianze, indagini sociologiche e laboratori artistici, i ragazzi hanno avuto la possibilità di esprimersi e approfondire le ragioni che li spingono a sognare un futuro all’estero, specialmente in Europa. È emersa tanta inconsapevolezza sui documenti e le pratiche burocratiche necessarie, come pure sui pericoli che li aspetterebbero viaggiando in maniera irregolare. Tra i dati più significativi registrati dalla ricerca “Information campaigns and migration perceptions” che la Cooperativa Sophia ha realizzato su un campione di 4.000 studenti, uno per tutti parla da sé: all’inizio del progetto il 90% dei giovani esprimeva il desiderio di partire. Alla fine delle attività il 46% si è detto consapevole dei rischi. Ma tutti vorrebbero ancora emigrare, vista la mancanza di lavoro e opportunità in Senegal.
Una domanda fa da sfondo al documentario: “È meglio partire o restare?”. Rispondono i ragazzi, ma anche gli insegnanti, i presidi delle scuole, gli educatori della Cooperativa Sophia che sono andati in Senegal e oggi raccontano la loro ricca esperienza. “Siamo arrivati senza sapere niente del contesto, pensando che sicuramente avremmo cambiato le cose – dice dal palco del Teatro Garbatella Erik Conte, responsabile del team impegnato nel progetto in Senegal -. Le cose non sono andate così, sono andate meglio. La fonte vera sono le relazioni. Lavorando lì ho ritrovato le possibilità e il dono di poter attingere alle relazioni, conoscersi e farsi conoscere, condividere difficoltà, limiti e risorse. Nonostante la distanza e il colore della pelle siamo molto più vicini di quanto pensavamo”. Il prossimo anno hanno intenzione di collaborare con Caritas Senegal, coinvolgendo anche i senegalesi rientrati dall’Europa.
Accanto ad Erik, una delle voci narranti nel documentario, c’è Erminia Florio, giovane ricercatrice specializzata in Economia delle migrazioni, che ha svolto la ricerca a campione. “Dopo questo progetto ho dato un volto a dei numeri – spiega -. La ricerca è diventata una storia che mi ha permesso di mettermi in ascolto. Mi sono resa conto che molti ragazzi non concepiscono l’importanza dei passaporti, dei visti e di tutti gli altri documenti necessari per vivere in Europa. In Senegal il 97% del lavoro è informale, c’è tutta una economia sommersa e una altissima corruzione, necessaria per trovare una occupazione.
Noi volevamo fornire informazioni complete agli studenti per dare libertà di scelta alle persone e decidere se partire o restare.
L’autore del documentario Davide Tittarelli si è reso conto di aver trovato in Senegal qualcosa di diverso dai suoi schemi e categorie mentali: “Ho visto le riprese di una studentessa che cantava all’evento finale, una canzone che parlava del desiderio di partire. Mi sono chiesto chi ero io per giudicare questa ragazza. L’aula magna era piena di ragazzi. Se fossi stato tra loro, anche io sarei voluto partire”. Il documentario ha proprio lo scopo di permettere agli spettatori di provare la stessa empatia nei confronti di chi emigra e superare generalizzazioni o idealizzazioni che banalizzano il fenomeno migratorio.
Marco Ruopoli, presidente della Cooperativa Sophia, descrive i processi di inclusione dei migranti e attività educative nelle scuole realizzati in questi 10 anni di attività. Oggi la cooperativa impiega 20 persone, in progetti diversi, con una attenzione speciale alle fragilità. “Abbiamo lavorato finora con 15.000 studenti in Italia e aiutato tanti migranti ad inserirsi in Italia. Molti non si aspettavano di incontrare condizioni di vita così difficili, perciò abbiamo deciso di avviare progetti di educazione in Africa”. Mor Amar, co-fondatore della Cooperativa Sophia e rifugiato originario del Mali, è uno dei principali testimoni nelle scuole italiane. Racconta la sua esperienza di fuga dal suo Paese per motivi politici, prima attraverso il Senegal e poi in Italia. È qui da 12 anni. Ora ha una moglie e quattro figli ed è parte del team progettuale in Senegal. “Dopo otto anni di attività nelle scuole italiane ho sentito la necessità di spostare l’attenzione sui lunghi di partenza”. Nei prossimi tempi trascorrerà parte della sua vita in Senegal.