Non sarà come tutti gli anni. La memoria del rastrellamento degli ebrei dalla città di Roma che quest’anno compie 80 anni, cade in un momento drammatico per Israele e per tutte le comunità ebraiche presenti anche nel nostro Paese. Il clima è di orrore per quanto sta accadendo in Israele e di massima allerta in tutte le zone frequentate dagli ebrei romani con un livello innalzato di sorveglianza e sicurezza. È stata la premier Giorgia Meloni in persona ad assicurarlo recandosi martedì 10 ottobre in visita alla Sinagoga di Roma. “Il senso di questa visita – ha detto uscendo – è chiaramente portare la solidarietà alla comunità ebraica romana e italiana”. “Bisogna intensificare – ha proseguito – la protezione dei cittadini di religione ebraica anche sul nostro territorio perché il rischio di emulazione degli atti criminali da parte di Hamas potrebbe arrivare anche da noi”. Per il 16 ottobre, Roma Capitale, con il contributo del Ministero dell’interno, in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma, la Fondazione Museo della Shoah e l’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), ha messo a punto un programma articolato di eventi e appuntamenti che dureranno una settimana ma avranno come momento culmine la cerimonia nella serata del 16 ottobre, al Portico d’Ottavia, con la deposizione di una corona di alloro lungo il muro della Sinagoga da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Sir ne ha parlato con il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun.
Presidente, in quale clima la comunità ebraica romana si appresta a celebrare quest’anno il 16 ottobre?
Il 16 ottobre rappresenta la pagina più buia della storia contemporanea della mia comunità. Come sappiamo quel giorno furono strappati dalle loro case oltre 1.000 ebrei a Roma. Fu il più grande rastrellamento dei nazisti in Italia. La destinazione finale di queste persone era Auschwitz. Appena arrivati, oltre 800 furono immediatamente assassinati nelle camere a gas. Di tutti loro tornarono solo in 16, 15 uomini e una donna e nessun bambino. Fu un vero grande dramma di cui ci portiamo dentro gli effetti ancora oggi. La mia comunità è composta dai nipoti, dai bisnipoti di quelle persone. Chiaramente non si può paragonare o fare parallelismi rispetto a quello che vediamo oggi. Il contesto è completamente diverso. Oggi abbiamo un nuovo tipo di guerra: miliziani di Hamas che irrompono nelle case di ignari civili e compiono stragi. Le documentano per generare orrore e paura nella collettività. E poi mandano online quanto riprendono. I pochi sopravvissuti li strappano dalle loro case e li portano in grotte dell’orrore, dove poi saranno oggetto di altre violenze e utilizzati come merce di scambio.
Tutto questo è disumano.
Cosa significa, Presidente, che la storia purtroppo non insegna nulla?
Quello che noi stiamo affrontando oggi non è un attacco a Israele o un attacco agli ebrei. Questo è un attacco alla civiltà occidentale, ai valori di inclusione, di rispetto reciproco che abbiamo faticosamente conquistato con i grandi dolori della nostra storia recente. Chi compie questi atti, è pronto a replicarli nel nostro Occidente, in Italia, a Roma, in Francia, in Europa, negli Stati Uniti. Sappiamo che le forze del terrorismo si copiano l’una con l’altra. Israele deve riuscire a vincere questa guerra contro l’orrore, altrimenti questo orrore sarà esportato presto nelle nostre case. Lo vedremo in azione pari pari a casa nostra.
Quale il messaggio che voi il 16 ottobre da Roma volete gridare al mondo?
Non abbandoniamo Israele. Israele è il baluardo della democrazia in Medio Oriente. Israele deve vincere questa battaglia, deve essere sostenuto con la solidarietà e con interventi fattivi di tutto il mondo occidentale, altrimenti non sarà perso Israele, sarà perso il mondo per come lo conosciamo.
Voi come comunità ebraica di Roma, avete paura? Il 16 ci saranno delle misure di sicurezza aggiuntive. Come vive la Comunità questo stato di allerta?
La Comunità vive con senso di gratitudine verso le nostre Istituzioni e verso le forze politiche che, unanimi, condannano questa guerra orribile e nel contempo con il ministro Piantedosi, il capo della polizia, il prefetto Giannini, tutti che si sono messi al lavoro per aumentare sensibilmente i livelli di protezione della nostra Comunità. Ma ripeto, io vedo questa vicenda nei suoi confini internazionali. È stata sferrata una guerra di ideologia contro il mondo per come lo conosciamo. Non illudiamoci che questa storia finisce in Medio Oriente. Questa storia è pronta a essere portata a casa nostra, a meno che tutti insieme non la combattiamo.
Il Sir si rivolge in particolare alle diocesi, alle comunità cattoliche. Che parola vuole rivolgere, in particolare alle comunità di fede cristiana?
Sostenere con amore e con gli ideali di solidarietà e di pietà cristiana un Paese e un popolo che è sottoposto a torture, che è sottoposto a un attacco inaudito.